Prosa
TARTUFO

Recanati (MC), teatro Persian…

Recanati (MC), teatro Persian…
Recanati (MC), teatro Persiani, “Tartufo” di Molière L'EROE DI UNA PARTITA PERDUTA Alla prima apparizione Tartufo destò scandalo: presentata nel 1664 in occasione dei festeggiamenti per l'inaugurazione di Versailles, la commedia fu poi proibita e rappresentata solo cinque anni dopo. L'aspra critica dell'autore si appuntava contro la falsa devozione e l'ipocrisia e, in una società piena di falsi devoti e di ipocriti, non poteva essere accettata. Tartufo fa dell'impostura un'arte (“se peccate in segreto, la colpa nasce morta”). Quel Tartufo che Molière rende al tempo stesso eroe ed impostore, vittorioso e vittima: l'eroe di una partita perduta. L'attualità della commedia è nell'avere svelato caratteri e meccanismi mentali e familiari ancora efficaci, forse oggi ancor più che qualche decennio fa, con la pubblicità e la televisione che creano ipocrite forme di adulazione e la stessa politica che vive di apparenza e non di sostanza, come per certi versi la società. La traduzione è quella ormai storica di Cesare Garboli, messa in scena da Luigi Squarzina nel 1970 e da Giorgio Pressburger nel 1973, che rispetta il gioco di rime e rimandi ma non trascura agganci con l'attualità, sempre nel rispetto di un tono “classico” e di un linguaggio non colloquiale come nell'originale francese; a tratti innerva il dialogo, in altri la ricerca del tono aulico suona come artificiosa, quasi un limite alla proferibilità degli attori. Che invece sono a loro agio nei ruoli. Carlo Cecchi propone una regia lineare, muove bene gli attori sul palco in una sorta di girandola che è tutta in quell'eccessivo scalpiticcio sulle tavole, sostanzialmente inconcludente. Cecchi regista è accorto e misurato, concreto e fedele al testo; nel cast riserva a sé (come già ha fatto di recente Toni Servillo) il ruolo di Orgone, che affronta in modo ottimo, nella recitazione e nella gestualità, anche con quel ciuffo di capelli che gli spiove sopra gli occhi e che è parte non secondaria nella riuscita del personaggio, tutto preso da Tartufo (“Voi sareste folgorato a conoscerlo”, dice al cognato). Accanto a lui Licia Maglietta affronta per la seconda volta Elmira ed è bella e credibile, innamorata del marito e per questo inviperita per la sua cecità affettiva, saggia senza essere pedante, fedele custode della sacralità della famiglia e della casa, virtuosa in modo non esibito, decisa a combattere la sua battaglia senza servirsi di uno scandalo. Debole Valerio Binasco nel ruolo eponimo (Tartufo per l'ennesima volta anziché Tartuffo) che non rende la gamma di colori dell'animo del viscido e ipocrita personaggio. Antonia Truppo è la serva Dorina, colei che in casa “conduce le danze”, una serva saggia dotata di dialettica logica e ineccepibile, il suo ragionamento è profondo e ben argomentato, a metà tra un avvocato e un filosofo, pratica e conoscitrice dei fatti del mondo e dei caratteri degli umani. Convincente il Cleante di Elia Schilton; impetuosa la Madama Pernella di Angelica Ippolito, entrambi reduci da splendide performances nell'ottimo spettacolo tratto da Bernardt e De Filippo (“Sik Sik”) sempre diretto da Cecchi e sempre prodotto dallo Stabile delle Marche. Vito Di Bella è un impetuoso Damide, Francesco Ferrieri un impacciato Valerio, Viola Graziosi una timida Marianna (“la forza dell'amore è il non aver cervello”); con loro Francesca Leone, Rino Marino e Diego Sepe. La scena di Francesco Calcagnini è essenziale, alte pareti grigie con una quinta appoggiata in proscenio, una scena vuota su cui pende un lampadario in legno con le candele spente, una scena asfittica dove gli unici elementi sono un tavolo e poche sedie foderate con una stoffa damascata rossa. I costumi di Sandra Cardini sono rigorosamente settecenteschi, curati, colorati, pur sobri. Gli interventi musicali di Michele dall'Ongaro creano senso di sospensione e attesa. Una considerazione sul bel manifesto, elegante, asciutto, essenziale, scritte blu su fondo bianco, solo comunicazione. Pubblico divertito e partecipe, a sentire i commenti in sala apprezzati in particolare scena e costumi. Visto a Recanati (MC), teatro Persiani, il 9 gennaio 2008 Francesco Rapaccioni
Visto il
al Fraschini di Pavia (PV)