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TEATRI DEL TEMPO PRESENTE DIECI PROGETTI PER LA NUOVA CREATIVITà

Egli. Non si tratta, ripeto, …

Egli. Non si tratta, ripeto, …
Egli. Non si tratta, ripeto, di dio. Mente il pubblico si accomoda in sala un uomo, un giovane, posto dentro una struttura cubica, un telaio di acciaio che delimita pareti soffitto e pavimento, sta seduto accanto a un tavolo e mangia. Finito il pasto comincia a sussurrare alcune parole a un registratore che poi mette in play e da quello sentiamo le sue parole appena incise: ordini, cose da fare. Intanto un rumore ripetitivo, martellante, permea con la sua fastidiosità il palcoscenico. Gli ordini diventano via via più complessi, il cubo si apre, le due parti vengo portate ai lati della scena. La scena mostra due lati e l'angolo di una stanza, in stile rococò, bianca, con quadri alle pareti. Continuando imperterrito ad autodettarsi gli ordini (e a trascriverli quando li riascolta su un quaderno) il giovane rivela dietro l'angolo in cui confluiscono le due pareti una porta e una scala. Ne emerge una donna e poi un secondo uomo, che il ragazzo deve sorreggere. Mentre la donna assiste imperterrita, il ragazzo continua coi suoi ordini, ora seguiti anche dall'altro performer. Entrambi rimangono a dorso nudo, si coprano con una benda insanguinata, si infilano un finto coltello nel costato e si distendono su una sorta di letto, uno per ogni lato del palco. La donna guarda a metà della scalinata. Chissà chi ha stabilito che la lentezza, o la ripetitività, siano i segni della qualità artistica, o dell'intelligenza, o di un discorso profondo, comunque sia non capiamo la necessità di certe istallazioni d'arte che pretendono di essere chiamate teatro ma che col teatro poco hanno a che fare. Giovanni Scardamaglia, formazione artistica, ha la convinzione, come molti suoi colleghi, che oggi l'artista costituisca di per sé opera d'arte e si sostituisce ad essa o, meglio, entra a far parte della sua costruzione, un mostrarsi all'opera criptico, in una azione scenica, una progressione drammaturgica velleitaria di chi crede di stare compiendo qualcosa di profondo, stimolante e importante che invece lascia il tempo che trova. Manca a Scardamaglia il senso della misura. Se dal versante scenografico l'allestimento è stimolante l'eccessiva durata della performance 50 minuti per un'idea che poteva essere sviluppata con maggior efficacia nella metà del tempo si fa precisa misura della vastità dell'ego di chi ha allestito un tale spettacolo. Infastidisce la mancanza assoluta di una preoccupazione comunicativa, di un discorso verso il pubblico, che gli permetta di capire oltre che di vedere. Il pubblico in sala sospira come uno studente il cui professore invece di spiegare il latino gli mostra quant'è bravo a parlarlo. EGLI. NON SI TRATTA, RIPETO, DI DIO regia, drammaturgia, scenografia, luci e costumi Giovanni Scardamaglia cura Nicole Arbelli con Nicole Arbelli, Stefano Bartolini, Giovanni Scardamaglia realizzazione strutture metalliche Promec srl realizzazione costumi Daniela Fabbri realizzato con il sostegno della Socìetas Raffaello Sanzio/Teatro Comandini di Cesena Roma, teatro Valle visto il 29 maggio 2009
Visto il
al Valle Occupato di Roma (RM)