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TEATRI DEL TEMPO PRESENTE DIECI PROGETTI PER LA NUOVA CREATIVITà

Il fantoccio Il palcosce…

Il fantoccio


Il palcosce…
Il fantoccio
Il palcoscenico, scarno, privo di scene e quinte, è mostrato nella sua nuda totalità. Poi tre quinte sembrano muoversi da sole, venire verso lo spettatore, e mostrare i sei attori che le muovono. Ognuno dei sei giovani prende una posa da manichino mentre il servo di scena Sebastian chiama il suo servo pronti a lasciare il teatro Melchiorri i cui attori, sono diventati fantocci disidratati, perché non hanno mai potuto portare in scena il loro repertorio per la mancanza di un protagonista e si sono ridotti a un’unica bizzarra opera, “Il fantoccio”. Giunge il messo comunale Gaspare Melchiorri al suo ultimo incarico prima della pensione, per consegnare l’ennesima lettera di sfratto. I fantocci trovano in lui il protagonista tanto atteso: un uomo lontano dal teatro per le drammatiche vicissitudini della sua vita, che racchiudono le tragedie di Amleto, Otello, Re Lear, Macbeth. Per i suoi trascorsi Gaspare accusa gli attori di estraneità nei confronti della vita reale, ma saranno proprio gli attori a costringerlo ad affrontare i nodi irrisolti della sua esistenza presentandosi a lui sotto le spoglie dei suoi familiari. Segue una serie interminabile di citazioni e imprestiti shakespeariani (e non solo) in una sorta di teatro psicanalitico a uso e consumo del messo comunale che, nel finale, decide di rimanere nel teatro, nonostante le ruspe si avvicinino per demolirlo. Un intreccio farraginoso che parte da una lettura del mito della caverna di Platone (come al solito frainteso e piegato alle più diverse estetiche artistiche) per dipingere il Teatro come un antro nel quale il mondo reale arriva solamente come ombra. Lo spettacolo è una sentita e appassionata difesa del teatro (anche se il finale lascia perplessi sui suoi esiti...) e una metafora dei rapporti tra realtà e finzione un po' confusa a dire il vero. L'accusa e la difesa del teatro provengono però dallo stesso versante, dalla stessa istanza narrativa, per cui, alla fine del lungo e impervio racconto, ci si chiede cui prodest? Il fantoccio fa parte del progetto di Massimiliano Civica “Facciamo insieme teatro”, vincitore del bando "Nuove creatività 2008" dell’Ente Teatrale Italiano e, per questo figura tra gli spettacoli della rassegna Teatri del tempo presente. Facciamo insieme teatro è un progetto che prevede che sei nuovi giovani attori siano "tenuti a bottega" per la Compagnia della Tosse, da un capocomico, nel corso di tre anni – uno per ogni anno - che con loro realizzi uno spettacolo. Dopo la messa in scena di Woyzeck con la regia di Claudio Morganti per il primo anno del progetto, ora è la volta di Marco Manchisi con il quale i sei giovani attori si misurano in uno spettacolo da lui scritto e diretto. Più ancora del testo che non brilla certo per chiarezza di intenti e scorrevolezza narrativa, lascia più che perplessi l'operazione che vi sta dietro, rivelando un'idea vetusta e antidemocratica del teatro e del suo insegnamento. Che senso ha far "fare bottega" (già il termine la dice lunga...) a sei giovani attori, cioè formarli come attori, se poi li si fa misurare con uno spettacolo che vede come protagonista assoluto Alberto Bergamini ( storico volto del teatro della Tosse) relegando i sei giovani a ruoli secondari e, peggio, subalterni a quelli interpretati dal Bergamini? A chi serve lo spettacolo ? Non certo a Bergamini per provare quant'è bravo, tanto meno ai giovani così mal considerati da rivestire ruoli secondari, corali, mai individuali o importanti. Dei ruoli il cui unico scopo è quello di incoronare il prim'attore come unica stella dello spettacolo. Un'insegnante, non decide, si mette a disposizione, lascia spazio, non relega in ruoli secondari, guida non impartisce, cura, non irregimenta. IL fantoccio è figlio di un modo di fare e di pensare la pedagogia teatrale che è fermo come concezione e teoria ai tempi della marcia su Roma, quando nelle compagnie figurava il prim'attore e i giovani facevano la gavetta. L'operazione ricorda troppo da vicino gli allestimenti dei laboratori teatrali dei nostri Licei viatico delle velleità registiche e autoriali di qualche insegnante frustrato. Non ci fraintenda il lettore, i sei attori sono bravi, dei professionisti, a essere dilettante è il loro insegnante che firma uno spettacolo che prevede per i suoi studenti dei ruoli davvero miseri. Un insegnate vero chiede aiuta i suoi attori a scriversi il testo da sé. Oppure li fa confrontare con la letteratura teatrale, quella vera, non la sua reductio. Irrita oltremodo che in una rassegna dedicata ai giovani under 30, vetrina di un progetto di finanziamento dei teatri che aiutino i giovani a crescere professionalmente, rassegna nella quale i giovani dimostrano di essere davvero bravi, pieni di idee, prolifici, in una parola vivi e promettenti, si dia spazio a una compagnia i cui insegnanti pensano che i giovani vadano patronized (termine inglese che indica un modo di insegnare che sottintende la netta superiorità di chi insegna rispetto chi sta insegnando). Per tacere della pessima regia che li fa recitare con delle voci ridicole pescate da chissà quale doppiaggio da disegno animato per una tv locale. Nel 1941 Visconti scrive un articolo dal titolo Cadaveri augurandosi che tornino al cimitero, per denunciare la vetustà dei registi di allora. Sembra che oggi lo stesso augurio vada fatto per certo teatro che pensavamo morto e sepolto e che invece si muove ancora come uno zombie in mezzo a noi.

Teatro Della Tosse - Genova

Il fantoccio

ispirato a Francisco Goya e William Shakesperare

testo regia e spazio scenico Marco Manchisi

costumi Bruno Cereseto

con

Alberto Bergamini Gaspare Melchiorri dipendente comunale e Re Lear, Amleto, Macbeth, Otello

Silvia Bottini Desdemona e Moglie di Gaspare

Carla Buttarazzi Cordelia e Figlia di Gaspare

Alessandro Damerini Corocchiello, Servo del Servo di scena

Luca Ferri Spettro del padre di Amleto e Spettro del padre di Gaspare

Marco Manchisi Sebastian, Servo di scena

Lupo Misrachi Kent e promesso Sposo della Figlia di Gaspare

Sara Nomellini Lady Macbeth e Amante di Gaspare

Valeria Pilia Gertrude e Madre di Gaspare

coordinamento Sonia Cappellini

assistente alla regia Yuri D’Agostino

direttore di scena e attrezzeria Renza Tarantino

elettricista e fonico Massimo Calcagno

sarta Umberta Burroni

foto di scena Alberto Rizzerio, Chiara Rosignoli

Roma, teatro Valle visto il 26 maggio 2009
Visto il
al Valle Occupato di Roma (RM)