Undo
Intanto la sorpresa di salire sul palco, dove è stata costruita la scena, platea compresa, che ospita al massimo 60 spettatori . Il boccascena per gli spettatori la parte più remota del palco per gli attori. Una schiera di pannelli di plexiglas posti in tre file parallele separano la "platea" dalla zona per gli attori.
In scena un uomo e una donna. Ne scorgiamo solo le sagome, una luce puntiforme, freddissima, posta in fondo al palco, di fronte al pubblico, si accende e si spegne permettendo ai due attori di dislocarsi e cambiare repentinamente posizione. Espletano entrambi un rito nel quale, a turno, uno dei due agisce come padrone e l'altro(a) come cane. Un gioco non violento né umiliante. Anzi quasi una relazione giocosa e affettiva. Poi una voce fuoricampo recita alcuni versi della Genesi quelli riguardanti l'uomo e la donna. In fondo la palco, ai due lati, i classici simboli sessuati della toilette "per lui" e "per lei". I due attori vi prendono posto. Da queste stazioni partono per un impervio percorso, simboleggiato dalla deposizione di tante saponette, una per ogni passo, rigorosamente celesti quelle di lui, rosa quelle di lei. Ad ogni passo un cambiamento, un dettaglio del vestito/costume, modificato con aggiunte di oggetti che vengono estratti fisicamente dal corpo con uno sforzo a metà tra il dolore e il piacere. Vengono estratti così occhiali da sole, un filo di perle e un ombrello per lei, un coltello, una cravatta e un fazzoletto per lui. Ogni estrazione è anticipata dai gesti mimati che quell'oggetto prevede nel suo uso. Dopo ogni estrazione sembrano entrambi soddisfatti e appagati, fino al prossimo gesto e alla prossima estrazione.
Il percorso avviene a luci piene. Poi ecco che, tornati alle stazioni di partenza inizia per entrambi un principio di rarefazione. Le luci si fanno puntiformi, e una serie ben congeniata di riflessi sui singoli panelli di plexiglas disloca i due corpi spostandoli senza che gli attori fisicamente si spostino, ora sostituendosi ora sovrapponendosi. Ora è lui a portare le perle, lei i suoi pantaloni.
In questa dematerializzazione dei corpi i due attori iniziano a spogliarsi poi un'ultima estrazione dal corpo di lui, la fatidica costola dalla quale si è generata Eva. Poi nudi, i due attori esplorano i propri corpi con le mani fino alla sovrapposizione finale e un unico corpo polimorfo e perverso costituisce un unico soggetto desiderante: la testa di lui i seni di lei la testa di lei i pettorali di lui, e gli organi genitali di entrambi mostrati e sovrapposti.
Spettacolo sorprendente sia dal punto di vista della realizzazione tecnica, di notevole precisione ed efficacia dove l'istallazione non diventa mai qualcosa a sé ma è sempre funzionale e strumento per i due attori (entrambi bravi e generosi nel prestare così pienamente il loro corpo al percorso drammaturgico) e il loro discorso, sia per la ricerca performativa che segue senza remore le teorizzazioni sul corpo totale dell'attore, impiegato in tutte le sue valenze espressive, tranne quella delle parola.
Corpo usato agito mostrato metamorfizzato, impiegato nudo e vestito per un discorso complesso, emozionante che con il suo svolgersi analizza delle irriducibili primarie differenze umane, come precisa il programma di sala: la separazione in maschio e femmina. Lo scopo programmatico è chiaro e pienamente condivisibile quello di sradicare dal corpo sessuato certe pratiche categoriali cui in millenni di cultura (in senso antropologico) abbiamo creduto di ascrivere per natura al maschile e al femminile.
Undo si preoccupa di confrontare certe pretese qualità innate e le scopre in entrambi i sessi, il fazzoletto con cui lui si netta maliziosamente la bocca, senza arrivare a un banale azzeramento dei ruoli: lui mantiene una certa propensione per la violenza (quegli affondi mimati col coltello) e lei una certa velocità di esecuzione (arriva sempre prima di lui, anzi a tratti lo pressa, gli incita di sbrigarsi con uno schiocco delle dita). L'ambientazione al bagno è sintomatica perché più che sottolineare differenze permette di evidenziare analogie (splendido il momento in cui entrambi si radono) tra le necessità dei due corpi anche se diversamente sessuati.
Undo riesce a dimostrare come sia diversamente vivibile il proprio corpo sessuato senza che questo costringa a categorie e comportamenti tradizionali.
Lascia però interdetti nonostante l'alto risultato teorico politico teatrale ottenuto dal percorso (dal discorso) sviluppato durante lo spettacolo i presupposti da cui gli autori sono partiti. Sorprende infatti il riferimento alla Genesi e alla costola di Eva che vengono dati come scontati elementi di partenza ovvero, nel percorso a ritroso di de-sessualizzazione dello spettacolo, punto di arrivo davvero fondativo ipostatizzando una primigenia e ermafrodita indifferenziazione pre-Genesi come stato ideale se non altro di approdo Idea a dir poco ottocentesca oppure, al contrario, postmoderna (basta leggere certi deliri del pensiero transessuale) che non riesce a vedere nell'idea stessa delle genesi la sessualizzazione dell'uomo e della donna secondo una norma eterosessuale che ha sempre piegato la femmina ai voleri del maschio (ancora oggi purtroppo) e che, a differenza dello spettacolo, nelle note di regia non viene messa in discussione:
Undo pensa all’ermafrodito come punto limite, in bilico tra due poli distinti, essendo per natura l’emblema della confusione. Un ermafrodito, nudo, suscita eccitazione e insieme ribrezzo. C’è qualcosa di eccezionale e misterioso in quel corpo che non si riesce a bloccare, che non si contiene, qualcosa di inaudito e spiazzante che disobbedisce non solo alla medicina, ma anche alla leggi umane.
Se l'ermafrodito genera confusione o ribrezzo (sic!) vuol dire che quelle supposte divisioni sono ancora normative, pertengono ancora a una normalità che per quanto si sente stretta si riconosce come naturale non si riesce a superare se no in una negazione che conferma quei valori quella divisione supposta irredimibile.
Nello spettacolo invece il percorso di estrazione dal copro di elementi che connotano socialmente i due sessi (occhiali, filo di perle, etc.) (di)mostrano come questa differenza sia sociale, culturale umana e non naturalmente radicata nei corpi. Durante lo spettacolo è lui mettersi le perle così come è lei a orinare in posizione eretta non per cancellare le differenze organiche ma per sradicare da quei due corpi tutte le incrostazioni culturali che su quei corpi hanno costruito una naturalità che invece è cultura.
(...) il rifiuto della separazione dei generi sessuali. Un percorso della Genesi al contrario, partendo dalla semplice presenza in scena di un uomo e di una donna, fino a tornare a quella figura che era alle origini di tutto, prima che Adamo si staccasse la costola a creare Eva.
Non si rendono conto gli autori che così scrivendo invece di riconoscere come falsa quella divisione tra i generi (come fa lo spettacolo) la riconoscono come naturale e scelgono una via tangente per superarla?
La sovrapposizione finale tra corpo maschie e corpo femminile nello spettacolo non genera un mostruoso ibrido, un ermafrodito (che in natura non esiste nonostante le leggende metropolitane), al contrario, con una leggerezza straordinaria quella sovrapposizione suggerisce invece un'ambivalenza una corrispondenza un'equipollenza fra corpo maschile e corpo femminile individuando nei comportamenti indicati come "maschili" e "femminili" delle opzioni comportamentali culturali umane non naturali che uomini e donne possono entrambi seguire in maniera analoga pur con i loro corpi sessualmente distinti.
Sorprende come uno spettacolo dica molto di più e meglio di quanto i suoi autori vanno teorizzando e scrivendo su di esso.
Queste due figure, mescolandosi e sovrapponendosi, perdono non solo la memoria del proprio ruolo sessuale, ma nell’immagine attuano una trasformazione più profonda, cromosomica, che ha la forza di distruggere tutto quello che le ha pre-ordinate.
Questo è il punto meno sostenibile l'origine cromosomica (sic!) dei ruoli sessuali. Come se quelle avessero a fare con questi.
Nonostante quel che ne pensano i suoi autori Undo dimostra esattamente il contrario.
E' proprio il caso di dirlo. Gli autori sono gli ultimi cui chiedere
spiegazioni circa il significato delle loro opere...
Undo
Interpreti: Antonio Cesari, Simona Sala
Illusioni luminose: Luca Poncetta
Illusioni sonore: Roberto Vacca
Scenotecnica: Luca Poncetta, Simona Sala
Costumi: Francesca Cocchi
Drammaturgia e Regia: Federico Bomba
Una coproduzione Es.Terni Festival e DEMETRA
Con il sostegno ETI progetto “Nuove Creatività”
Il contributo del Comune di Bologna - Assessorato alla Cultura e la
Provincia di Ancona - Assessorato alla Cultura e -Politiche Giovanili
Roma, teatro Valle, visto il 23 maggio 2009
Visto il
al
Valle Occupato
di Roma
(RM)