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TEATRI DI VETRO 5 PRIMA GIORNATA

Un inizio in sordina

Un inizio in sordina

AMLETO

L'assunto dello spettacolo è spiegato nelle note di regia. Amleto è erede di una potenza nobile che ora appare irrimediabilmente corrotta.
Una nobiltà messa in scena già prima dell'inizio dello spettacolo quando su un sottofondo di musica classica ( si sa, noblesse oblige) alcuni attori accolgono il pubblico offrendo loro ciocolatini, un bichhiere di fresco vino bianco o biscotti al gioccolato, nella migliore tradizione alto borghese cui siamo stati abituati in molte pubblicità anni '80. 
Drammaturgicamente il lungo e complesso testo shakespeariano  viene ridotto e atomizzato in alcuni nuclei narrativi in cui i personaggi sono interpretati variabilmente da diversi attori, moltiplicati e dislocati in diversi punti del palco e anche della platea ben presto invasa dagli attori.
Questo gioco scenico è anche strumento per sottolineare il metateatro presente nella tragedia di Shakespeare che però, nella drammaturgia, si limita agli attori che si rivolgono  al pubblico dicendogli che non ha battute e che la sua patecipazione è dunque passiva. Questo nucleo della drammaturgia, tra i vari possibili, rivela tutta l'ingenuità  di questa operazione, che tradisce un certo autocompiacimento  nell'auto incensarsi  nel ruolo dell'attore mediatore tra testo  e pubblico invece di esplorare il testo originale in cerca di nuovo scorci esegetici, di avvicinarlo allo spettatore di oggi (il quale se non conosce più che bene la trama shakespeariana ben difficilemnte riuscirà aseguire gli eventi rappresnetati in questo Amleto).
Nel testo originale di Shakespeare Amleto impiega una  compagnia di attori  per avere la prova concreta che quanto riportatogli dal fantasma paterno sia vero: e cioè che suo zio Claudio lo abbia ucciso versandogli del veleno nell'orecchio. Amleto fa ripetere l'assasinio in scena ai teatranti e Claudio, vista la scena lascia la sala del trono turbato.
Non c'è traccia di questo elemento nella drammaturgia proposta dal Teatro del Lemming evidentemente più interessato a mettere in scena un'idea vetusta di teatro incentrata ancora sull'attore novecentesco tutto risate impostate e strilli.
Per cui viene da dire che più che del marcio in Danimarca sembra che ci sia del vecchio.


Teatro del Lemming (Rovigo)
AMLETO

con Chiara  Elisa  Rossini,  Diana
Ferrantini,   Fiorella   Tommasini,
Alessio Papa, Mario Previato, Boris
Ventura, Andrea Dellai, Giovanni Refo-
sco, Federica Festa, Katia Raguso

musica e regia: Massimo Munaro

elementi scenici: Luigi Troncon

produzione: Teatro del Lemming


PHARMAKOS - migrazioni della forma
Claudio Angelini regista e autore di Pharmakos un progetto che ha visto la compagnia Città di Ebla impegnata per due anni in un progetto di ricerca sul corpo sacrificale e su quello medico sviluppato in cinque atti, di uno dei quali avevamo avuto modo di parlare nell'edizione 2009 di Teatri di Vetro, ha chiesto al fotografo Gianluca Caporesi di seguire i cinque atti non per documentare il lavoro teatrale ma per darne una libera interpretazione dal punto di vista fotografico. Un ulteriore percorso artistico, autonomo e parallelo alle performance dei cinque atti del progetto.
Le fotografie interrogano il lavoro teatrale di Città di Ebla e nei quali il corpo è ritratto come componente spaziale (una sezione estrapolata dall'intero non immediatamente leggibile come corpo dell'attore) o dinamica (corpi mossi che disegnano strisce e scie come in alcuni quadri di Bacon) di notevole interesse (potete apprezzare le fotografie nel bel libro fotografico omonimo pubblicato per le edizioni edizioni Bolis lo scorso anno).
Angelini ha scelto alcune delle fotografie  scattate da Camporesi  che, viste assieme al pubblico, quello più vasto e meno motivato dei lotti di Garbatella, i cortili delle case di mussoliniana edilizia popolare in cui ormai tradizionalmente Teatri di vetro ospita alcuni dei lavori presenti in cartellone, usandole come un feedback dal quale trarre spunto per spiegare i motivi e i percorsi della ricerca teatrale.
Una sorta di conferenza al buio non solo  nel senso letterale (per mostrare le foto, proiettate su un muro dei palazzi del lotto, Angelini preferisce non farsi illuminare, rimanendo per gli spettatori una voce amplificata che commenta le foto) ma anche in senso letterale. E' la prima volta infatti che Angelini propone questo lavoro, di solito presentato in ambiti più accademici,  in un contesto teatrale e ammette che non sa che risultato otterrà.
Il risultato è splendido. Anche chi non ha mai assistito a uno spettacolo di Città di Ebla rimane affascinato dalla lucidità e dall'apparente semplicità con cui Angelini affronta temi complessi. Dal corpo umano sacrificale il cui sacrificio ricomponeva la collettività (prima dell'invenzione della scrittura) al corpo medico del teatro di anatomia quando i primi artisti sezionano il corpo umano nominando (dando un nome)  ogni organo interno inaugurando quell'organizzazione scientifica del sapere che sfocerà in una volontà catalogatrice nello spazio che dal teatro anatomico va alle carceri (pensate come edifici dove pochi possono controllare a vista molti carcerati) fino ai moderni supermercati dove al corpo umano si è sostituita la merce. 
Questi diversi corpi quello sacrificale e quello medico sono indagati e interrogati impiegando due concetti aristotelici zoé (la nuda vita comune a tutti gli esseri viventi) e bìos (la forma della vita) coi quali  Aristotele distingue l'uomo come essere vivente dall'uomo come soggetto politico. Dal corpo sacrificale, uccidibile a quello politico non uccidibile si consuma il dramma del passaggio del corpo umano da uno status all'altro, con delle orribili come quella nazista che a differenza del corpo medico del teatro anatomico che non considerava il cadavere più corpo politico e quindi poteva sezionarlo non considera politico anche il corpo vivo e quindi si dedica a esperimenti scientifici. Giungendo infine a domande modernissime, quando comincia la vita quando finisce la vita che ci riguardano tutti.
Un percorso e una indagine interessante che Angelini riesce a fare senza fatica alcuna facendosi seguire anche da un pubblico difficile che non rumoreggia ma sta attento.

Clauio Angelini/Città di Ebla + Gianluca
"Naphtalina" Camporesi (FORLÌ)
PHARMAKOS - migrazioni della forma

Racconto emotivamente scomposto per immagini fotografiche

ASPRAKOUNELIA (Treno Fantasma)
Una ragazza dal viso allucinato e bianco, tenendo in mano il disegno del muso di un coniglio, conduce, uno alla volta, gli spettatori dell'istallazionespettacolo Asprakounelia al posto, in struttura allestita direttamente su palco al buio.
Prima gli spettatori sono stati avvertiti che verrà fatto impiego di luci stroboscopiche e che se qualcuno avrà difficoltà o si sentirà male non deve provare a uscire da solo dalla struttura, ma deve chiedere aiuto a voce alta e qualcuno verrà a prelevarlo.
Una volta al buio, sistemati man mano tutti gli spettatori  inizia lo spettacolo, che consiste principalmente in una partitura sonora dove musiche suoni e rumori si intrecciano con le voci, sovrapposte, all'unisono o singole, che ci raccontano una storia onirica. Due personaggi Presley e Haley fratello e sorella, dipendenti da pastiglie di calmante vivono da soli da quando i genitori son morti barricati in casa temendo qualunque persona provenga dall'esterno. Ognuno perseguitato dal proprio incubo fratello e sorella se li raccontano reciprocamente. Finché, mentre Haley dorme, drogata dai calmanti, Cosmo, che i due stavano spiando dalla finestra, irrompe nella casa e racconta la storia del suo accompagnatore Killer Disney.
Ogni tanto alcuni brevi flash luminosi fanno improvvisamente emergere dal buio parti del corpo di un'attrice, il cui corpo è percepito indistinto, né nudo né vestito, oppure appaiono due figure di nero vestite illuminate da luce blu che ne evidenzia le uniche parti del corpo vestite di bianco, mani piedi e anche le labbra che si muovono mentre  una canzoncina, ripetuta ossessivamente. Oppure, ancora, emerge dal buio una fantasmatica presenza applaudente (che altri non è se non la ragazza che ha condotto ogni spettatore dentro la struttura).
L'idea di base dell'istallazionespettacolo è degna di massima considerazione. La deprivazione visiva ha nello spettatore un effetto di deprivazione fisica. Si perde la percezione del corpo e si galleggia in uno stato di coscienza-veglia che rende molto suggestionabili.
Purtroppo la partitura sonora musicale non è all'altezza dello stato di ricezione in cui lo spettatore viene messo.
La traccia sonora non sfrutta le potenzialità di localizzazione spaziale né tramite la stereofonia né tramite l'olofonia (un procedimento semplice che permette di dislocare i suoni non solo secondo la classica differenza destra sinistra ma anche quelle meno consuete alto basso avanti dietro sopra sotto e questo con un normale impianto stereo senza i moderni impianti a 5 6 7 canali) appena accennate all'inizio e subito abbandonate a favore delle voci che sviluppano il racconto (sempre frontali). 
Il racconto è tratto da Killer Disney una pièce di Philip Ridley (che non è accreditato nella brochure dello spettacolo). Il testo di Ridley è rarefatto e scarnificato in brani di non immediata comprensione. Ne emergono,  così decontestualizzati, alcuni elementi che lasciano perplessi. L'omofobia di Cosmo, il sogno pedofilo di Presley, pieno di dettagli sessualmente espliciti, che mentre in Ridley costituiscono la fisionomia chiara di due personalità adulte (fratello e sorella sono entrambi sulla trentina) e delle loro fantasie sessuali (quelle di Presley omofobizzate per celare le sue pulsioni omoerotiche) mentre gli accenni pedofili hanno un valore di denuncia di una società che molesta i propri figli, qui, così decontestualizzate, assumono un valore assoluto per cui omofobia e pedofilia risultano accomunati da un imbarazzante e discutibilissimo accostamento che l'allestimento non spiega né giustifica, lasciando alla coscienza dello spettatore ogni giudizio.
Un testo ridotto a mero pretesto (un po' morboso) per tenere lo spettatore al buio per circa un'ora promettendogli spavento e raccapriccio riuscendo solo a stordirlo  con il buio che ammannisce una partitura sonora troppo discontinua per costituire un racconto complesso come lo spettacolo pretende di essere e come avrebbe avuto bisogno di essere per giustificare l'intera operazione.


ErosAntEros (Ravenna)
ASPRAKOUNELIA (Treno Fantasma)

ideazione, regia, scene, luci, musiche originali e sound design:
Davide Sacco
drammaturgia: Davide Sacco, Agata Tomsic
preziosa collaborazione e introduzione al Kounelaki: Cliò Efthimia Agrapidis
voci: Alice Protto, Davide Sacco
presenze: Davide Sacco, Agata Tomsic e Elisa Cuciniello
progettazione e realizzazione scenografie: Nicola Fagnani (Atelier Operaovunque)
collaborazione costumi e make-up: Laura Dondoli
anima: Luigi de Angelis, Chiara Lagani, Ermanna Montanari
si ringraziano: Galleria Ninapì, Teatro delle Albe - Ravenna Teatro
supporto indispensabile: Fanny & Alexander
produzione: Davide Sacco

 

Visto il 19-05-2011
al Palladium di Roma (RM)