SEMBRA MA NON SOFFRO (secondo episodio della trilogia dell’inesistente - esercizi di condizione umana) è uno spettacolo incentrato sulla parola che analizza e destruttura il pensiero con l'icasticità di una comic-strip affrontando argomenti centrali della nostra contemporaneità (il sacro e la fede) con precisione e intelligenza. Un teatro istantaneo fatto di parola (detta con una atonalità che ne sottolinea il senso) dove la scenografia (un inginocchiatoio, bianco) ha il segno minimale disinvolto e accennato del tratto da fumetto. Dove il confronto dialettico tra due personaggi uno maschile e uno femminile scova nel pensiero a margine, nel pensiero eccentrico, quello che letteralmente si trova fuori dal centro delle cose, un punto di vista privilegiato per analizzare e destrutturare consuetudini e abitudini usando la chiave dell'humour freddo come strumento di lucida analisi e (auto)consapevolezza.
SEMBRA MA NON SOFFRO
(secondo episodio della trilogia dell’inesistente - esercizi di condizione umana)
di e con Roberto Scappin e Paola Vannoni
produzione quotidiana.com
Kilowatt Festival Sansepolcro
Provincia di Rimini
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Excerpt
Federica Falancia ci propone un momento di performing art. Sulle improvvisazioni sonore (e lisergiche) di Riccardo Balli Falancia sperimenta il potere riflettente degli specchi sui quali proietta immagini pre-esistenti (o riprese dal vivo). Lo specchio riflette sullo schermo l'immagine ricevuta dal proiettore. Tra proiettore e specchio Falancia introduce oggetti (che creano ombre) o altri specchi mobili che ritagliano parte dell'immagine e la dislocano sullo stesso schermo o su altri schermi dove altri proiettori e altri specchi sono in azione. In questa performance, come sottolinea Falancia stessa, gli strumenti di realizzazione diventano parte integrante dell'istallazione entrano in scena, visibili e visti, proprio come la performer che impiega specchi e altri oggetti.Immagini parossistiche astratte o figure umane più o meno ingabbiate e che cercano invano di liberarsi in un segno continuo di protesta e denuncia, un movimento continuo che si fa testimonianza di uno status quo dal quale si tende ad ogni costo ad evadere poco importa se ci si riesce o no.
Excerpt
di Federica Falancia
suoni dal vivo: Riccardo Balli
assistenza tecnica: Alessandro Gulino
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Inizia a delinearsi una sorta di estetica di questa quinta edizione di Teatri di Vetro, che sembra basarsi sull'incompiuto, sul lacerto, sull'esperimento, sulla mancanza di un certo nitore formale a favore di un organico provvisorio che somiglia a quello della condizione stessa dell'uomo. Un po' presto per dire se abbiamo colto nel segno. Gli spettacoli dei prossimi giorni ce lo diranno.
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La compagnia Dionisi torna a Teatri di Vetro con uno spettacolo di stand-up comedy (la cui migliore definizione è data nella fanzine Susanna spettacolo in assenza della quarta parete) dove l'attore, interprete, personaggio si rivolge direttamente al pubblico per il quale recita. Sempre portatrici di un cabaret della contemporaneità con un punto di vista squisitamente femminile, e dunque attento a quell'oltre che spesso sfugge alla controparte maschile, Dionisi allestisce Potevo essere io il primo romanzo scritto da Renata Ciaravino. Un romanzo di testimonianza, che nel ricordo di una infanzia vissuta nella provincia fa della confessione e del racconto senza veli una sorta di terapia, di riscatto per l'io narrante e per il lettore (la lettrice) che può facilmente identificarsi con la protagonista per simpatizzare con lei o tirare un sospiro di sollievo per NON essere come lei.
Certa materia squisitamente letteraria acquista però sulla scena una consistenza e uno spessore che finiscono per diventare ingombranti: certi cenni a personaggi, caratteri, comportamenti che sulla pagina scritta costituiscono un ammiccamento divertito a cliché e personaggi-tipo a teatro sono troppo concerti e finiscono per apparire troppo quel che in realtà vogliono amorevolmente prendere in giro. Dettagli e abitudini sessuali di ragazzine di 12 anni possono spiazzare per la disinvoltura con cui vengono presentati mentre certi radi ma non per questo meno fastidiosi accenni a personaggi, omosessuali grassi e fan di Renato Zero, trans il cui unisco scopo narrativo è quello di sconvolgere miti orizzonti familiari, danno fastidio perchè sono sono segni ingombranti anche se chiaramente non intenzionali di giudizi negativi che sulla carta hanno sicuramente un impatto meno diretto che sulla scena. Alla fine quel che manca allo spettacolo è una vera sincerità di fondo sempre troppo mediata da elementi narrativi letterari e poco da elementi drammaturgici che rimangono troppo deboli e approssimativi per sostenere il lavoro a cominciare da una mai spiegato sdoppiamento della personalità con cui le due interpreti (Carmen Pellegrinelli e Silvia Gallerano anche se sul programma è accreditata la stessa Renata Ciaravino) esordiscono dicendo allo spettatore di voler raccontare la storia di un personaggio con doppia personalità mentre poi durante lo spettacolo si capisce che si tratta solo di un escamotage per giustificare la presenza in scena di due attrici i cui ruoli invece di costituire la doppia personalità sono in realtà intercambiabili intercambiabili. Si ride e ci si rattrista durante lo spettacolo ma rimane un senso di indeterminatezza, di crepuscolare decadenza che non riesce a farsi denuncia ma rimane quasi morboso attaccamento al passato deforme e socialmente borderline così chiuso in una forma racconto che sulla scena non trova modo di esprimere il meglio di sé senza nulla togliere all'immediatezza e alla bravura delle due interpreti
POTEVO ESSERE IO
di Renata Ciaravino, con Renata Ciaravino e Carmen Pellegrinelli,
regia video di Elvio Longato, aiuto regia e luci di Carlo
Compare, organizzazione di Anna Sironi. Produzione Dionisi in
collaborazione con Etre-Fondazione Cariplo, Fondazione Culturale
Città di Gallarate. Con il sostegno di Scarlattine Teatro