TEATRI DI VETRO 6 OTTAVA SERATA

Penultima serata di festival

Penultima serata di festival


Ma secondo te siamo più performance o teatro?, si chiede e chiede a un certo punto Silvia gribaudi alle sue due co-danzatrici mentre si produce in una anti-coreografia che, camuffata da movimento liberatorio e  auto-espressivo, inneggia alla danza come riappropriazione del proprio corpo.
La riflessione sullo stato dell'arte coreografica passa anche per la critica alla retorica del discorso sull'arte e sul teatro che Silvia dileggia bonariamente. Così quando una delle  danzatrici prende sul serio la sua domanda e risponde verbosissimamente la danza di Gribaudi diventa tutta un esternare la malsopportazione con inequivocabili ma eleganti gesti delle mani per aria o su parti del proprio corpo (compresi dei pugni di insofferenza inferti tra l'inguine e le cosce) mentre le mani si insinuano sul collo e accennano a una morsa da strangolamento...
Non inganni l'ironia di questi movimenti Silvia Gribaudi e le due compagne di scena Carla Marazzato ed Elisa Dal Corso, sono danzatrici lo si capisce dalla precisione del movimento, la pulizia di un passo, la tenuta di una gamba alzata.   Mai come quest'anno a Teatri di Vetro l'ironia e l'autoironia svecchiano la danza, si riappropriano della gioia del danzare, della vitale energia che alla danza porta e dalla danza nasce in un discorso, spesso al femminile.
Nel caso di Wait  le tre perfomer-danzatric-attrici si presentano in mutande e reggiseno mentre Gribaudi grida per il fastidio al suono della pelle che sfrega contro il pavimento dove le altre danzatrici impegnate in movimenti coreografici che Gribaudi stessa riprende, rintuzza, intensifica riempendoli di una sgangherata e misuratissima ironia che diventa cifra metalinguistica sulla consapevolezza e sui limiti di un linguaggio che anche in questo modo si (di)mostra essere più sottile più umile e più profondo di quanto non sembri a prima vista. Una gioa per gli occhi e per lo spirito oltre che per il pensiero. E infatti il pubblico reagisce regalando incontenibili applausi facendo uscire le tre interpreti più e più volte.

A conclusione di questa sesta edizione di Teatri di Vetro la ricerca coreutica sembra essere la nota più positiva, quella che propone i più interessanti elementi di riflessione critica, offrendo ognuna a modo proprio una riflessione sul fare che diventa condivisione col pubblico di un intero processo creativo e non solo della coreografia proposta come prodotto finito da vendere e consumare.
Molto meglio del teatro che rimane invece ancora ingabbiato nella retorica della performance come irriducibile vocazione a una seriosità che la danza sta invece dismettendo in nome di una leggerezza che dimostra come anche in tempo di crisi si possa essere spensierati, una leggerezza che ha qualcosa delle qualità che vi ravvisava Calvino una leggerezza che tutto significa tranne che superficialità ribadendo al contrario una grande voglia di comunicare e riflettere insieme. Anche per questo  le tre interpreti di Wait chiedono al pubblico di aspettare... Aspettare a ridurre la visione al consumismo dello spettacolo, aspettare a ridurre la propria partecipazione alla mera visione e intrattenersi nella condivisione di un pensiero critico.
Teatri di Vetro lo ha già fatto in diversi convegni organizzati anche in questa sesta edizione ma che la danza prima ancora che il teatro lo faccia direttamente in scena e in platea sono un segno che dà un po' di respiro a una ricerca della scena contemporanea che finalmente trova un suo modo non solo nella riflessione teorica ma anche nel fare. E scusate se è poco.


SilviaGribaudi WAIT

da un 'idea di Silvia Gribaudi
con Carla Marazzato, Elisa Dal Corso, Silvia Gribaudi
musiche e composizioni Alessio Rossato
alla regia audio Flavio Costa
sostegno alla creazione Associazione Mosaico/Associazione Zebra/Teatro della Murata
Mestre/Spazio Krisis Forte MargheraPenultima serata di festival

Visto il 24-05-2012
al Palladium di Roma (RM)