«Ah! Conoscete la nostra epoca! Oggi, signora, tutti i sentimenti svaniscono e il denaro li sospinge. Non esistono più interessi perché non esiste più la famiglia, ma solo individui! Vedete! L’avvenire di ciascuno è in una cassa pubblica.."
Queste battute potrebbero essere state scritte un mese fa come cento o duecento anni orsono, data la loro validità atemporale, e aggiungerei, disarmante.
Perchè la modernità liquida ben si adatta al testo di Balzac scritto a metà Ottocento, con i suoi riferimenti alla crisi dell'economia, all'importanza del Dio denaro rispetto all'essere umano, guidato dall'egoismo e dall'ipocrisia. Di certo oggi non si parla, o almeno, non pubblicamente, di matrimoni combinati e doti promesse, ma il tema dello strozzinaggio, dell'usura e dei debiti, sono all'ordine del giorno.
Lo mette in secna, con uno sforzo produttivo notevole ( scenografia composta da numerosi oggetti di mobilia ) la compagnia guidata da Antonio Calenda aiutato dall'istrionico Geppy Gleijeses ( a tratti tropppo somigliante ad un Jhonny Dorelli d'annata) e dal cast, assai numeroso, che dà vita e colore a personaggi stereotipati e caricaturali, che si avvicendano nella poco modesta abitazione dell'affarista, uomo abituato a prestare medie somme di denaro per poi non restituirle e fingere, addirittura, ingenti debiti e possibili collassi economici, anche agli occhi dell'amorevole, ma sveglia, moglie, e alla, forse sottovalutata figlia che non gode di una delle qualità ritenute indispensabili all'epoca, cioè la bellezza.
Si parla di crisi economica, dell'importanza della cultura, delle apparenze e dell'ipocrisia umana, come se tutto fosse sospeso nel tempo e nello spazio, ma così non è, si è ben piantati nell'attualità, si ride ma di un riso amaro, sapendo che, almeno nella commedia, tutti i nodi verranno al pettine e i guai si risolveranno, ma resterà un alone di mistero, di attesa e di non finito.