Un temporale a spazzare i fantasmi femminili del passato

Un temporale a spazzare i fantasmi femminili del passato

La vecchiaia è vista come tempo di bilanci con il passato ma, come viene raccontato in Temporale, non è mai troppo tardi per fare pace con i propri fantasmi e scegliere di ricominciare a vivere.

Sonata in tre tempi

In questo dramma da camera Strindberg prende a pretesto una storia sostanzialmente banale per scavare nell’inconscio dei suoi personaggi. Infatti la regista Monica Conti scompone la parabola del protagonista in tre tempi: quello dell’esperienza, quello della psiche e quello del sogno.
Nel primo tempo viene illustrata con cartesiana linearità la semplice e malinconica vita del “signore”, autoesiliatosi nella Casa del silenzio con la fidata governante Louise dopo la separazione dalla moglie Gerda. Sarà proprio il ritorno di quest’ultima, dopo cinque anni di assenza, a sovvertire questo apparente equilibrio, mettendo in luce il rapporto ossessivo del protagonista con l’universo femminile. Un universo rappresentato dalle due donne che ad un certo punto nella sua mente, in una scena di forte taglio espressionista, arriveranno a fondersi in un unico personaggio; ma anche dalla madre che, pur non apparendo in scena, fa percepire la sua ingombrante presenza. Nel terzo tempo, più onirico, il “signore”, circondato dalle figure del suo passato decide che è giunto il momento di tornare a vivere e quindi di abbandonare definitivamente quell’appartamento.

Regia efficace e grande prova degli attori

Semplice ma molto efficace la regia, che si avvale della bella scenografia di Roberta Monopoli, autrice anche dei costumi, costituita da un fondale che, con un semplice cambio, trasferisce l’ambientazione dall’esterno all’interno della casa. Il raffinato lavoro di scavo sui personaggi viene assecondato da un cast di attori eccellente.
Su tutti il “signore” di un magnifico Vittorio Franceschi, attento e misurato nel renderne la malinconica fragilità e la fermezza nel tentativo di resistere al dolore, nonostante il conflitto emotivo.
Al suo fianco l’impeccabile Mauro Marino, nell’ambiguo ruolo del fratello che, già dal primo incontro con la ex cognata, lascia sottilmente trasparire l’antica infatuazione che l’aveva portato, durante il divorzio, a prendere le parti di Gerda. Una Gerda volitiva, energica, quasi ferina quella interpretata con grande immedesimazione da Melania Giglio, che nemmeno per un attimo appare come la donna sedotta e abbandonata che vorrebbe far credere, ma che anzi rafforza l’opinione che in questi casi “bisogna sempre sentire l’altra campana”.
Intensi ed emotivamente coinvolgenti nella resa dei loro personaggi anche Sergio Mascherpa nel ruolo del pasticcere e Monica Ceccardi in quello di Louise.
Monica Conti, nel ruolo cameo del postino ha condiviso al termine con i suoi attori gli applausi convinti del pubblico.