L'assegnazione nel 2019 del Premio Nobel per la letteratura a Peter Handke suscitò un'ondata di sdegno e di proteste, motivate dal perdurante sostegno offerto dallo scrittore austriaco, a partire dagli Anni Novanta, al regime serbo di Slobodan Milošević.
Giustificando o negando addirittura le sue efferatezze, sostenendo l'ideologia della “terra bruciata”, criticando l'atteggiamento dell'Occidente e definendo l'intervento della Nato nei Balcani un atto di aggressione imperialista contro la 'eroica' Belgrado.
Al punto di misconoscere i ripetuti, feroci massacri di inermi musulmani, come quello di Srebrenica in Bosnia, dove furono trucidate senza pietà nel 1995 più di 8.000 persone. O di sminuire la spietata pulizia etnica a carico degli albanesi del Kosovo quattro anni dopo, che per Handke praticamente non accadde.
C'è di più. Nel suo libro Un viaggio d’inverno. Ovvero giustizia per la Serbia (Einaudi 1996) campeggia una netta apologia della Serbia, citata ad esempio di fierezza, di eroismo e di integrità morale. E nel partecipare ai solenni funerali di Miloševic nel 2006, declamò di fronte a migliaia di nazionalisti un'appassionata orazione funebre. E' per questo che in quel paese parlar male di Handke – ora anche cittadino onorario di Belgrado - è peggio che bestemmiare Cristo e la Madonna.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Balcani ieri, Ucraina oggi
Ma c'è chi contesta ancora oggi il divisivo e inopportuno riconoscimento dell'Accademia Reale Svedese. Lo fa con energica fermezza The Handke Project. Or, justice for Peter's stupitidies, piéce in inglese del drammaturgo Jeton Neziraj - nato in Kosovo nel 1977, autore di vari testi teatrali fra cui il recente Balkan Bordello - diretta in scena dalla moglie Blerta Neziraj con la drammaturgia di Biljana Srbljanović. Dopo la prima a Pristina, posta in apertura del Mittelfest 2022 di Cividale del Friuli.
In un momento clou dell'intenso spettacolo un Handke un po' infantile, in calzoncini corti, chiede al lugubre fantasma di Joseph Goebbels – occhialetti affumicati, lunga gonna nera – come convincere i suoi lettori che gli ottomila martiri di Srebrenica non siano mai esistiti, che furono pura invenzione di propaganda.
La risposta è che basta aggiungere un semplice punto interrogativo alla frase «A Srebrenica è stato compiuto un genocidio», per ottenere un netto effetto dubitativo e disorientante: «A Srebrenica è stato compiuto un genocidio?». E la mente corre subito sia all'olocausto degli armeni da parte dei Turchi, un secolo fa, sia ai recentissimi, brutali eccidi in Ucraina - a Bucha come a Kherson - che la Russia insiste a voler negare.
Le opinioni distorte di Peter
C'è pochissimo in scena, al Teatro Ristori di Cividale, per The Handke Project: una panca per lungo, un telone dove appare la traduzione in italiano, per terra un tappeto. Tutto grigio. Ai lati una piccola parte del pubblico, il resto in sala. I cinque attori, alcuni giovani, altri meno, provengono da paesi diversi: la guida spetta al franco-kosovaro Arben Bajraktaraj, icastica, tragica, magnetica onnipresenza scenica.
Gli altri sono i kosovari Verona Koxha e Adrian Morina (a lui, veemente e irrefrenabile, il ruolo d'uno allucinato, a tratti goffo Handke), la bosniaca Ejla Bavčić (bravissima attrice di lungo corso), la macedone Anja Drljevic, il nostro Klaus Martini. Tutti uniti nel denunciare, in questo bell'esempio di teatro civile, le distorsioni politiche e le deviazioni mentali di uno scrittore di cui, peraltro, non si negano i meriti letterari.
Un alto esempio di teatro civile
La drammaturgia è serrata, fortissima, non cala un attimo di tensione. Il ritmo delle scene incalza febbrile, in una spirale vorticosa, scandito alla perfezione. Il testo è di un intensità rara, coinvolge spesso direttamente lo spettatore, oscilla fra il tragico e lo stralunato – come quando al funerale di Milošević gli attori, vestiti sadomaso, si eccitano alle parole di Handke.
Momenti memorabili la nervosa attesa, davanti ad una idilliaca grigliata di funghi, della sospirata telefonata da Stoccolma; o l'apparizione di un visionario Capitan Uncino dalle grandi ali d'angelo a fronteggiare un Peter Pan con ali di pipistrello. Lo spettacolo è stato coprodotto con Qendra Multimedia di Pristina ed il Teatro alla Pergola di Firenze - dove dovrebbe approdare nella prossima stagione – in associazione con Theater Dortmund, National Theater of Sarajevo, International Theater Festival MESS.