Parma, teatro Regio, “Three solos and a duet”
IL FASCINO CHE NON HA ETA'
Mikhail Baryshnikov entra sul palco con sublime e disinvolta eleganza. In giacca nera, camicia bianca e bretelle si appresta ad un solo colloquiale. Si prepara per un appuntamento con una donna. Come dirle che ancora il suo cuore batte per lei? Il sentimento anima i gesti che mimano l’attesa, mentre si prefigura il momento dell’incontro. Ma lui l’ha lasciata da tempo ed ora non sa cosa fare, potrebbe persino spararsi un colpo e, con le dita, mima la canna di una pistola immaginaria sulla tempia, poi però sorride e si allontana. Volteggia sul palco Misha, padrone più che mai del suo corpo, e con quella surplasse psicologica, che rasserena chiunque, balla Valse-Fantasie sulla musica di Mikhail Glinka. Brano composto dal musicista dopo che, trasferirosi all’estero e poi tornato in Russia, si accorse di non avere mai smesso di amare una ragazza dell’alta società di Puškin. Baryshnikov ha voluto per la coreografia il russo Aleksej Ratmanskij, dalla carriera internazionale, già direttore e coreografo del Balletto Bol’šoj di Mosca. Maestro nel classico di tradizione eppure nel neoclassico reinterpretato, Ratmanskij ha creato per Bayshnikov un assolo ondeggiante e sentimentale che nel titolo e nella scelta musicale sembra rievocare nostalgie russe (rappresentato in prima mondiale a Riga il 2 maggio 2009).
Divo indiscusso della scuola accademica pietroburghese eppure artista che, al di là delle radici russe, ha sempre guardato avanti, Misha da un ventennio ha fatto propria la danza attuale, nella nuova patria statunitense e, a sessant’anni suonati, la sua danza ha preso nuova vita all’insegna degli autori contemporanei e soprattutto dell’internazionalità. Vero è che dopo aver solcato le ribalte di tutto il mondo, diretto l’American Ballet Theatre e il White Oak Dance Project con il coreografo Mark Morris, ha aperto nel 2005 il Bayshnikov Art Center a Manhattan, luogo di incontro interdisciplinare, laboratorio creativo e performativo per artisti da ogni dove.
Three solos and a Duet prosegue dunque con Solo for Two, un classico di Mats Ek, su musica di Arvo Pärt. Nato per il video nel 1995 con il titolo Smoke e interpretato allora da Sylvie Guillem e Niklas Ek, fratello di Mats, con un nuovo nome e un riaddatamento, incanta ancora il pubblico e non ha perso nulla del suo struggente lirismo, nel cogliere un momento quotidiano e sentimentale: una donna che, sola in casa, pensa, aspetta, ricorda, rimpiange il suo uomo. Ana Laguna, musa nonché compagna di Mats, interpreta “lei” e racconta attraverso la danza l’assenza di lui. Due solitudini a confronto-incontro-scontro. Con le consuete movenze sinuose e a scatto allo stesso tempo, Ana delinea lo spazio vissuto, accarezza e si adagia con desiderio sul muro della stanza, lecca e annusa come un feticcio la scarpa (una sola) dell’amato, finchè eccolo, lui (Misha) torna. In realtà appare come un fantasma per un attimo e solo alla fine, dopo aver fatto presagire la sua presenza: abbiamo visto un’altra scarpa incedere al di sopra del muro. Che sia l’immaginazione di lei o sia veramente lui sulla via del ritorno, non fa differenza. Nel finale tragicomico si scopre la caduta di ogni illusione: l’uomo arriva e si accorge che l’inelegante scarpa-feticcio nell’angolo di casa non è minimamente corrispondente alla sua.
Quasi metalinguistica, la terza coreografia del francese Benjamin Millepied, un altro giovane cresciuto in seno al New York City Ballet di Balanchine e già ballerino di Jerome Robbins. Classe 1977, è stato scelto da Baryshnikov, mito e modello per Millepied, perché è tra i coreografi che hanno superato al meglio ogni barriera tra classico e contemporaneo. Sicché per l’occasione ha ri-creato Years Later, del 2006, su musica di Phil Glass, con video del filmmaker, già autore di un clip per i Coldplay, Asa Mader. Millepied crea una sorta di omaggio al suo idolo e Misha dialoga con l’immagine di sé, giovane ballerino del Kirov. Si sovrappongono e si inseguono i passi di danza del danzatore di oggi e di quello di ieri. Imita e ammira se stesso, contrapponendo al rigore matematico di un tempo e ai velocissimi entrechates, caricaturalmente accelerati nel video, la padronanza assoluta della tecnica, da sempre nel suo DNA, ma ora matura e densa di vissuto e di vitalità, a dispetto del mal di schiena mimato con buona dose di ironia. L’ombra del ballerino di oggi si proietta inoltre sull’immagine di ieri in un trio virtuale e in un gioco di altro da se che si ripete, e quell’ombra del presente sul passato sembra rivelare l’essenza distillata di una esistenza nata e fatta apposta per la danza.
Torna la coppia Misha-Ana nel conclusivo Place, presentato nel 2007 alla Danses Hus di Stoccolma. Ancora un capitolo di quelle stralunate conversazioni danzate tipiche del coreografo svedese. Vita quotidiana tra le quattro mura domestiche, un tavolo, un tappeto, un uomo e una donna che cercano di portare avanti una relazione. Il linguaggio surreale e stilizzato di Mats Ek ha la capacità di rende presenti emozioni e situazioni tanto profonde, universali e contingenti, da entrare subito in naturale comunicazione con il pubblico. Grande esperto di teatro, Mats usa il comico e il tragico con sapiente maestria e allora ecco che Misha e Ana sono due perone normali con vecchi rancori e rinnovati slanci, tra momenti di tenerezza e di aggressività. Si inseguono, discutono anche a mezza voce, vorrebbero ma non riescono più ad amoreggiare, il tutto sopra, sotto, introno al tavolo e sopra e sotto al tappeto, che fa anche da lenzuolo; arredi essenziali, tipici nelle creazioni del coreografo svedese, non simboli ma piuttosto oggetti della vita vera, pregni di intimità e di abitudini, ancore di salvezza o punti di approdo e di partenza, nella ritualità di ogni giorno e nella condivisione di uno spazio privato. Con finezza psicologica i due si allontanano e si avvicinano, lei va a dormire lui sta sveglio, si ritrovano e si perdono, si arroccano sopra il tavolo a cercar di difendere un’intimità familiare e domestica già destinata ad infrangersi. Il tavolo viene ribaltato e lui se ne va.
Ana Laguna (spagnola, classe 1948), da sempre antidiva, ha uno stile unico e interpreta con straordinaria spontaneità e passionalità i gesti primitivi e non codificati creati da Mats, per esprimere il tema della donna moderna, critica ed emancipata rispetto all’uomo e così spesso in conflitto con i propri sentimenti.
Baryshnikov è invece divo a tutto tondo, soprattutto per non avere mai interrotto la sua avventura artistica ricercando sempre e con coraggio ciò che lo stimola e lo nutre. Da qui la sua conversione al contemporaneo, sfidando i preconcetti di chi lo vede ancorato al rigore accademico, per confrontarsi e per dire soprattutto la sua. E allora collabora con i minimalisti postmodern americani ma pure accetta con lo stesso entusiasmo l’invito di Mats Ek di interpretare questi due pezzi, mettendosi per la prima volta alla prova in quello stile espressivo, tanto surreale quanto terreno. A certi livelli, sia pure tra temperamenti lontani, il passo tuttavia è breve. La perfezione dei movimenti di Baryshnikov non è infatti in antitesi con l’espressione contemporanea di Mats; la sua intelligenza del corpo lo accompagna anche in finalità e dinamiche diverse, meno estetiche e più animalesche, umoristiche, e in grado di generare empatia tra gli animi umani.
“Andare in scena a 60 anni” dice Misha “è più facile rispetto a quando ero più giovane. Si tratta piuttosto di interpretare, di essere un personaggio più che non di cercare la perfezione del movimento, del risultato. E si è anche meno vanitosi”.
Il pubblico applaude estasiato sapendo ma soprattutto realizzando di essere davvero di fronte al meglio del meglio. Il balletto, presentato in prima nazionale a ParmaDanza 2009, sarà il 27 maggio all'auditorium Conciliazione a Roma, il 30-31 maggio a Bari, il 16-18 giugno al teatro Streheler di Milano ed il 21 giugno a Civitanova Marche (teatro Rossini).
Visto a Parma, teatro Regio, il 12 maggio 2009
ALESSANDRA ZANCHI
Visto il
al
Regio
di Parma
(PR)