Un magnifico zibaldone in onore di Italo Calvino, questo Tintarella di luna firmato da Giorgio Gallione e prodotto dal Teatro Nazionale di Genova in collaborazione con Deos. Lo spettacolo è un centone rutilante di luci, colori, suoni, musiche e trovate registiche. Uno zibaldone di scarsa accuratezza filologica, ma recitato, danzato e cantato benissimo, e messo in scena ancora meglio. Incomprensibile ai più, ma molto gradito dal numeroso pubblico in sala, che ha tributato dieci minuti di applausi finali. Applausi convinti, non di circostanza o cortesia.
I rischi della drammaturgia contemporanea
Tintarella di luna è uno di quei lavori di drammaturgia contemporanea che rappresentano una grossa scommessa: il rischio è quello di non essere capiti. Chi va a vedere Pirandello sa dove cercare i significati e che significati troverà: ma non è detto che la stessa cosa accada in territori nuovi. Si possono usare linguaggi diversi, innovativi: ma bisogna fornire allo spettatore qualche elemento per arrivare a una chiave di lettura. Qualcuno ci arriverà comunque da sé, gli altri rimarranno esclusi dalla comprensione. Ma vogliamo un teatro inclusivo, o esclusivo?
Lo spettacolo è liberamente ispirato a Italo Calvino. Non basta: prima di tutto perché il contributo fornito da Calvino è molto superiore a qualche frase, qualche suggestione, qualche fantasia, qualche emozione. I più esperti conoscitori di Calvino hanno riconosciuto le frasi, pezzi interi di narrativa, localizzando le opere da cui erano stati estrapolati.
Abbiamo assistito a I cristalli (da T con Zero), Le figlie della Luna (dalle Cosmicomiche), Città invisibili (ciò che è e non è inferno), la prefazione alla seconda edizione del Sentiero dei nidi di ragno, Il Visconte dimezzato, Autobiografia di uno spettatore, Collezione di sabbia. C’era un pezzo di recensione del romanzo Le voci della sera di Natalia Ginzburg, e ci sembra anche qualcosa tratto da La strada di San Giovanni e da La poubelle agréée.
Calvino nel frullatore
Prosa, poesia e saggi, indistintamente. E tutto decontestualizzato. Diverse frasi, che erano conclusioni di ragionamenti o di precedenti discorsi metaforici complessi (e che quindi avevano un senso poetico e filosofico nell'opera originaria) sono state estrapolate dal loro contesto e calate in un ambiente diverso, senza spiegazione. In pratica, un collage di materiali diversi: uniti non per il significato intrinseco ma per assonanza di suono o colore. Un frullato di Calvino: nutriente e dall'ottimo sapore, ma pur sempre un frullato.
La manovra è certamente legittima, ed è stata anche gradita dal pubblico: ma è quantomeno lecito dubitare che il 100% degli spettatori avesse una conoscenza di Calvino così vasta e approfondita da poter seguire il filo di un discorso in base alle intermittenti apparizioni di un Qfwfq e degli amici/parenti suoi. Si può ribattere che questo spettacolo si presenta come poesia, non come un saggio o una cronaca, e quindi non necessita né di spiegazioni né di coerenza. Opinione rispettabile, non condivisa da chi scrive.
Una contaminazione molto riuscita
Tintarella di luna è uno spettacolo basato sulla contaminazione di recitazione, canto, musica, balletto, mimo, e lo si capisce dalla prima scena. E si capisce pure che i sei danzatori (Luca Alberti, Diletta Brancatelli, Giuseppe Insalaco, Angelica Mattiazzi, Valentina Squarzoni, Francesca Zaccaria) avranno un ruolo determinante nel narrato. La loro azione scenica è sempre perfettamente funzionale alla narrazione: con un grande affiatamento tra loro e, particolare non cosi scontato, anche con i tre attori in scena.
Andrea Nicolini (Italo Calvino) e Cristiano Dessì (Qfwfq) sono quasi perfetti nei rispettivi ruoli. Anche se a volte, forse nel tentativo di sottolineare la dimensione onirica e fantastica di qualche momento particolare, mettono un po’ troppa enfasi e volume nella voce. Impeccabile in scena e come cantante Rosanna Naddeo, che forse avrebbe potuto avere più spazio.
Lo spettacolo c'è tutto
C’è il sospetto che molti degli spettatori in sala abbiano equivocato sulla natura dello spettacolo, forse confusi dal titolo Tintarella di luna (mitica canzone del primo album di Mina, nel marzo 1960). C’era una specie di sospiro di sollievo – soprattutto tra gli spettatori più anziani - quando iniziavano le note di questa o di altre canzoni degli anni 60 (come Il Mondo, di Jimmy Fontana). Comunque anche quelli che pensavano di assistere a una cosa diversa, alla fine si sono divertiti e hanno applaudito a lungo. Lo spettacolo a 360 gradi, in questo “Tintarella di luna”, c’è tutto: ed è anche molto gradevole. Non per i puristi di Italo Calvino.