Ravenna, teatro Alighieri, “Tito Manlio” di Antonio Vivaldi
TITO MANLIO CONTEMPORANEO
Il teatro Dante Alighieri di Ravenna ha aperto la sua stagione lirica con un’opera fuori dal repertorio classico, Tito Manlio di Antonio Vivaldi, nuova produzione del teatro ravennate nell’allestimento del Festival Opera di Barga del 2003. Tito Manlio è una delle tre opere che Vivaldi compose per Mantova, dove tra il 1718 e il 1720 fu Maestro di cappella da camera presso il governatore imperiale, il principe Filippo d'Assia-Darmstadt. Il compositore veneziano musicò un libretto di Matteo Noris, scritto nel 1696 e utilizzato già da diversi autori; l’opera vide la luce nel carnevale 1719 in occasione delle nozze tra il governatore ed Eleonora di Guastalla, ottenendo subito un grande successo. La vicenda, ispirata a un episodio narrato da Tito Livio in Ab urbe condita (VIII,7), celebra le virtù romane del coraggio e dell'amor di patria senza però trascurare i consueti intrecci amorosi. Il fondamento storico viene adattato alle convenienze teatrali, da un lato attraverso una fioritura di legami amorosi incrociati tra popoli avversi, dall'altro inserendo l'immancabile lieto fine e scongiurando l'esecuzione capitale di Manlio, figlio di Tito Manlio e suo successore. Al centro del dramma, ambientato nel III sec. a. C., troviamo, infatti, l'arcigno e intransigente console romano Tito, impegnato a dirimere lo scontro tra Romani e Latini, che si farà più acceso quando suo figlio Manlio, contravvenendo il comando del padre, ucciderà il capo dei Latini, Geminio. Una disubbidienza intollerabile per Tito che, inflessibile, condanna a morte il proprio figlio. L'atto si ripercuote sui rapporti amorosi che legano i protagonisti gettando nella disperazione Vitellia, figlia di Tito, amante di Geminio, e la sorella di questi, Servilia, promessa sposa di Manlio. Il potere di Tito sarà alla fine sconfessato dal popolo stesso: Manlio, consapevole del proprio errore, sarà chiamato alla testa delle truppe romane e, tornato libero, potrà sposare Servilia, mentre Lucio, fido cavaliere latino, assicurando il vassallaggio del proprio popolo, otterrà la mano di Vitellia.
Rispetto al libretto di Noris, che non presenta scene e personaggi comici, Vivaldi apportò diverse modifiche per assecondare il gusto della corte: le arie passano da 32 a 41 e con quattro nuove arie buffe viene creato un vero e proprio ruolo di basso comico per il servitore Lindo. La celebre epigrafe alla partitura autografa «musica del Vivaldi fatta in cinque giorni» testimonia la proverbiale velocità con cui egli componeva, ma anche le condizioni generali di un'epoca in cui il compositore, specie se assumeva anche compiti da impresario, a volte doveva scrivere e allestire una nuova opera in tempi brevissimi. La fretta, insieme forse al desiderio di ripetere un precedente successo, spiega anche la prassi allora corrente della parodia e dei prestiti, come, per esempio, l'aria Povero amante cor di Vitellia del secondo atto, che riprende, con testo mutato, Povera fedeltà dell'Ottone in villa (1713), che ritornerà ancora in Candida fedeltà del Giustino (1724).
L’allestimento di Ravenna è opera del regista livornese Alessio Pizzech, giovane ma già affermato autore di brillanti e riuscite regie liriche. Pizzech aveva firmato anche il Tito Manlio di Barga, da cui sono state tratte e adattate le belle scene di Michele Ricciarini, che ricordano una Roma ormai decadente. Pizzech, nella sua regia, ha voluto dare una visione contemporanea dell’opera barocca, una visione molto psicologica nell’intento di creare un legame tra il mondo contemporaneo e l’idea vivaldiana. Il risultato non ci ha convinto: oltre al già visto (in questi ultimi anni le opere barocche hanno spesso i medesimi stereotipi) vi sono state molte situazioni poco comprensibili e non affini al carattere dell’opera stessa. I costumi di Cristina Aceti hanno contribuito all'impressione di impersonalità.
Il cast valido, forse poco adatto al repertorio. Il ruolo del titolo, Tito Manlio, è stato interpretato dal basso Sergio Foresti, voce discreta ma spesso coperta dall’orchestra. A interpretare il difficoltoso ruolo di suo figlio Manlio, il vero protagonista dell'opera, è stato il soprano Giacinta Nicotra che torna a Ravenna dopo i successi del Demofoonte di Jommelli diretto da Riccardo Muti, bella voce pulita, acuti brillanti, ottima esecuzione, senz’altro la voce migliore della serata. Servilia, promessa sposa di Manlio, era il mezzosoprano Romina Tomasoni che si è appena aggiudicata il terzo posto al concorso Tebaldi: voce buona, ottima recitazione. Vitellia, la figlia di Tito, interpretata dal contralto ungherese Kornelia Bakos ha dimostrato una voce calda, potente e sicura; il soprano Valentina Coladonato ha ricoperto il ruolo dell'amante di Vitellia, Lucio; il mezzosoprano Margherita Settimo nei panni del capitano delle falangi Decio, non ha dato una prova eccellente. Completano il cast il tenore Nicola Pisaniello, interprete di Geminio, il capitano dei latini, e il baritono cileno di origine italiana Christian Senn che ha dato voce a Lindo, il servo di Vitellia.
L’Accademia Bizantina, diretta dal maestro Stefano Montanari, che era anche violino solista, ha interpretato in modo eccezionale la partitura, cesellandone ogni passaggio con esperienza filologica sublime.
Teatro pieno, pubblico scettico nei confronti della regia ma entusiasta per la bella musica di Vivaldi.
Visto a Ravenna, teatro Aligheri, il 13 novembre 2009
Mirko Bertolini
Visto il
al
Alighieri
di Ravenna
(RA)