“Todos caballeros, Sancho.” Siamo tutti uomini, Sancho. Un inno al coraggio. Coraggio anche per Riondino e Vergassola nel realizzare questo ambizioso progetto. Quanti anni sono passati dall’uscita del Don Chisciotte? Quattro secoli più un anno. 401 anni e se ne parla ancora. Cervantes ha fatto il colpaccio: una delle opere più studiate, discusse, analizzate, interpretate, adattate, riutilizzate. In una parola: sfruttata. Quasi sempre con nobili intenti, magari non sempre con risultati di rilievo. Ma, come si dice, parlatene pure purchè se ne parli.
La storia di Don Chisciotte e di Sancho è riassunta e ricostruita con la modalità del “teatro nel teatro”: un ispirato e generoso Riondino vuole narrare e spiegare al mondo com’è la storia, dimostrando quanto sia ancora attuale, mentre Vergassola, annoiato e malfidente, lo segue restio e sbuffante nel piano. Come nel libro, in fondo: Sancho ignora il tutto, ma comunque, anche sbuffando, segue Don Chisciotte nel viaggio e nelle sue peregrinazioni mentali. Il capolavoro viene dunque messo in scena, tra gag e ovvie problematiche, con l’ausilio anche di alcuni spettatori.
Riondino e Vergassola portano avanti il filone del nobile intento, confezionando uno spettacolo di livello, anche se dal risultato non stupefacente. Sicuramente molto raffinato, per intenditori, perfetto nell’idea ma meno nella pratica, necessita di tempi forse leggermente più lenti, per farlo assimilare anche a quelli fuori dalla nicchia. Ovviamente, pigiare il freno con Vergassola è un’impresa ardua, ma purtroppo vanno perse parecchie finezze, anche per il ritmo sostenuto di Riondino stesso, il quale deve star dietro ai tempi velocissimi del compare.
Ma Riondino, abile affabulatore, ci vizia con deliziosi sfoggi stilistici da intellettuale e letterato; appassionato filologo ma al contempo giocoso cantastorie, pur nella complessità del progetto diverte di più lui nella sua impostata serietà da Don Chisciotte che Vergassola nelle sue pressoché continue grevità.
Decisamente uno spettacolo perfetto per chi riesce a stare “sul pezzo” per l’intera ora e quarantacinque prevista; per quelli più distraibili, meglio passare. Forse qualche ballata in più, con schitarrata annessa (peraltro loro pezzo forte), avrebbe dato un po’ più di verve.
Milano,
Teatro Ciak,
5 dicembre 2006
Visto il
al
Circus Visioni
di Pescara
(PE)