II punto di partenza è dichiarato: teatralità underground.
Too late, titolo-citazione che ci riporta al Living Theater, ribadisce un modo di intendere la teatralità come incontro qui e ora, che fa a meno dell’artificio, del personaggio, delle preparazione in generale, dei trucchi da quarta parete e anzi spoglia, vuole mostrare la struttura. E in questo accoglie elementi come lettori mp3, l’acrobatica, i contest hip hop che, insieme ai non-costumi, riportano immediatamente al centro sociale, alla periferia.
Questa centrosocialità poggia su di un manifesto oramai riconosciuto, le cui coordinate emergono ogni tanto anche nel testo stesso come dichiarazioni di principio (esempio: “Io non faccio lei”, rifiuto del personaggio). La messa in scena si serve però di una drammaturgia che tessendo fili differenti non sempre li interseca nel modo più riuscito.
Sottotraccia 1: Antigone, come essenza, ribellione, sguardo lucido sulla verità, in particolare rispetto al rapporto col potere. Tracce di dialoghi Emone/Creonte e Anrigone/Creonte imbastite da due attori, e a volte annunciate col riferimento preciso all’atto e alla scena. Sottotraccia 2: due attori che si interrogano sul mito di Antigone, in cui trova spazio il breve riferimento all’Italia attuale. Sottotraccia 3: frammenti del vissuto personale dei due.
In questa molteplicità di rimandi intesi come link a riflessioni possibili, il riferimento alla situazione politica attuale, per esempio, è poco sviluppato, e per questo appare quasi pretestuoso rispetto al lavoro in generale. Il vissuto personale che si universalizza è efficace quando l’immagine che ne deriva è curata: per esempio, la cucina borghese e l’immagine del dittatore. Non altrettanto succede con altre immagini, come per esempio quella della morte per infarto: concepita come frontale, soffre della fruizione “a tutto campo”.
Da notare il lavoro sul suono: è rumore interno, di viscere e sangue, durante l’abbraccio fra i due, quasi un auscultare questa interiorità muta. E’ esterno ed “esternalizzante”, più ancora che straniante, quando Antigone/Silvia, sulla sua sedia da ufficio con rotelle, attraversa lo spazio scenico: la canzone che ascoltiamo è la sua, quella che lei stessa sta ascoltando dal suo mp3, e il suono si muove con lei.