Lirica
TOSCA

Il successo della tradizione

Il successo della tradizione

E' sempre apprezzabile il riproporre certi allestimenti del passato di proprietà degli Enti lirici. Il Comunale di Firenze aveva tre scelte nei propri magazzini su Tosca: quella discussa di Jonathan Miller (Maggio Musicale 1986, direttore Zubin Mehta, ripresa nel 1991), quella coi video di Giorgio Barberio Corsetti (Maggio Musicale 2005, direttore ancora Zubin Mehta) e quella “popolare” di due anni fa del progetto Recondita Armonia. Su quest'ultima è caduta la scelta, credo per la volontà di proporre un allestimento di immediata comprensione, scelta evidentemente vincente visto il tutto esaurito per tutte le recite.

La scenografia di Francesco Zito propone in modo riconoscibile immediatamente i luoghi dell'opera. La chiesa di Sant'Andrea della Valle è vista dalla navata verso l'altare maggiore con cupola su alto tamburo finestrato in vertiginosa prospettiva; una balaustrata di marmo separa il presbiterio, al di qua la statua della Madonna, il ponteggio col dipinto di Cavaradossi (una Maddalena somigliante alla “Meditazione” di Hayez) e un paio di banchi, sulla destra la cancellata della cappella Angelotti. L'interno di palazzo Farnese è sontuoso per affreschi alla bella maniera di Salviati, semipilastri neoclassici, statue canoviane, arazzi; un tavolo per il desinare; la scrivania per le carte è ingombra di crocifissi, ostensori, reliquiari; una dormeuse al centro del salone. La terrazza di Castel Sant'Angelo ha un grande stemma papale in pietra e una grata che la separa da un interno ingombro di bauli e valigie come per un'imminente partenza. I costumi, sempre di Francesco Zito, perfezionano l'ambientazione napoleonica.

La regia didascalica di Mario Pontiggia si riallaccia agli allestimenti della grande tradizione italiana; utilizza tutti gli elementi scenici presenti nel libretto nel modo in cui il pubblico si aspetta, senza inventare nulla ma con il vantaggio di rendere la vicenda immediatamente e facilmente comprensibile, quindi godibile. Interessante il piglio rivoluzionario sul finale del primo atto, quando un giovane libertario lancia nella chiesa dei volantini rossi e un altro sventola una bandiera, subito aggrediti con violenza dagli sgherri di Scarpia. Affascinante il finale: Tosca sul muretto oltre la grata, gli sgherri e Spoletta al di qua, a muoversi lentamente e impotenti come farfalle dentro un lume.

Zubin Mehta frequenta la partitura da anni, quantomeno a Firenze; il suono è morbidissimo, cesellato e lucido, la tensione vibrante, ansiogena. Il direttore sostiene al meglio i cantanti, adattando i tempi alle vocalità per il miglior risultato possibile; privilegia tinte romantiche, arcate sontuose da cui emergono i solisti. L'orchestra conferma il grande affiatamento con il maestro indiano e risponde alla perfezione. Come anche il coro, preparato da Piero Monti, e i Ragazzi Cantori di Firenze diretti da Marisol Carballo.

Violeta Urmana è parsa in forma in un ruolo che evidentemente sente nelle sue corde vocali e caratteriali. Marco Berti ha voce importante, generosa e sonora, italianissima; lo squillo è facile verso gli acuti solidi; la potenza, l’ottima proiezione, ma anche il fraseggio naturale sono i punti di forza di questo Cavaradossi, di cui ha curato maggiormente (rispetto al 2008) le molte sfumature che esprimono appieno la vasta gamma sentimentale del personaggio. Meno ha convinto lo Scarpia di Ruggero Raimondi. Tra i comprimari il sagrestano rubizzo di Fabio Previati, lo scuro Angelotti di Alessandro Guerzoni, lo Spoletta misurato ma infingardo di Carlo Bosi. Con loro Francesco Verna (Sciarrone), Vito Luciano Roberti (un carceriere) e Eleonora Ronconi (un pastore).

Teatro tutto esaurito, pubblico caloroso e molto soddisfatto.

Visto il
al Maggio Musicale Fiorentino di Firenze (FI)