Lirica
TOSCA

L'ULTIMO VOLO DI TOSCA

L'ULTIMO VOLO DI TOSCA

Lo spettacolo visto al Regio di Torino si apre così, con l'ultimo volo di Tosca trasmesso in video: la telecamera riprende in primissimo piano le scale di marmo grigiastro dove due scarpette rosse salgono velocemente mentre si sente ansimare per la corsa; l'immagine successiva sono gli occhi, dilatati per il terrore, di una donna; poi un campo più lungo riprende una donna in rosso che si butta di sotto dopo il particolare delle scarpe che si sollevano sulle punte. E inizia la musica con l'apertura del sipario.

La scena di Isabelle Partiot-Pieri è scarna più che essenziale. Sant'Andrea della Valle è resa con due pareti di marmo bianco curvate a stringere un'idea di altare, qualche sedia, due acquasantiere a ventaglio e due mazzi di fiori bianchi; la cappella è sotterranea e vi si accede attraverso una grata-botola; un grande affresco campeggia sul fondo con un angelo, prima in bianco e nero e poi a colori. Il salone di palazzo Farnese ha sul muro una grande pianta del centro di Roma (con le scritte in inglese, chissà perchè: ponte è bridge) e un lunghissimo tavolo marmoreo che pare il banco di una macelleria: un lato si alza come un ventaglio per svelare l'ingresso nelle prigioni; la piantina, grazie al cambiamento di luci, svela dietro il teatro dove Tosca canta, poi viene nascosta da un grande affresco con una scena cortigiana. Sulla terrazza di Castel Sant'Angelo tornano le due pareti curvate, attaccate e con una scala addossata; in mezzo la tradizionale statua con spada.
Il motivo del film torna nei momenti chiave. Il secondo atto si apre con l'immagine fugace di una donna in volo sul velatino e viene eseguito attaccato al terzo: il raccordo è la figura di Mario che si staglia in alto contro il cielo. Nel finale, Tosca si avvia per le scale e alla scena si sovrappongono le immagini che trasmettono la donna sul ciglio della terrazza, mentre si butta di sotto cadendo in uno svolazzare di veli rossi per poi spegnersi la telecamera nel momento dell'impatto con il suolo (“Tosca e la forza di gravità” è uno dei saggi contenuti nell'ottimo libretto di sala).

I costumi di Christian Gasc rispettano l'ambientazione nel primo Ottocento ma non brillano per eleganza. Perfette le luci di Roberto Venturi. La regia di Jean-Louis Grinda si risolve tutta nella trovata iniziale e finale del filmato, davvero efficace ed emozionante. Per il resto gli attori si muovono sulla scena con giusta gestualità ma senza alcuna novità. Poco riuscito il Te deum: dal fondo scena, approfittando di asole nel telone, entrano un vescovo e un gruppo di ecclesiastici che reggono le insegne della passione e, semplicemente, avanzano verso il proscenio come il “Quarto stato” di Pellizza da Volpedo.

Svetla Vassileva è una Tosca fisicamente minuta, dalla voce non grande ma usata con grande sapienza a sottolineare ogni sfumatura del ruolo con intensità e partecipazione emotiva; efficace il “Vissi d'arte” sussurrato in punta di labbra. Riccardo Massi ha voce di bellissimo colore, pastosa e densa di colori scuri, venata di calde bruniture. Nonostante la cotonatura di capelli, Lado Ataneli è un convincente Scarpia, sottilmente crudele. Poco omogeneo e vestito di iuta l'Angelotti di Francesco Palmieri; Metteo Peirone è il Sagrestano beone e rubizzo; adeguati Luca Casalin (Spoletta) e Federico Longhi (Sciarrone). Con loro Marco Sportelli (Carceriere) ed Esther Zaglia (Pastorello). Il coro e il coro di voci bianche sono stati ben preparati da Claudio Fenoglio.
Gianandrea Noseda sceglie tempi sgranati in modo inusuale e svela con fare personalissimo le tinte scabre della partitura, che così perde il tono romantico e verista a favore di un realismo più moderno e coinvolgente.

Teatro gremito, vivo successo con molti applausi.

Visto il
al Regio di Torino (TO)