Il violento dramma teatrale pensato da Giacomo Puccini rivive sul lago e negli ambienti intrisi, in ogni dove, della presenza del Maestro: l'edizione di Tosca presentata al 63° Festival pucciniano, per la regia di Enrico Vanzina, è la stessa che ha aperto la rassegna dell'anno precedente, e questo poteva indurre ad attendersi una certa esperienza che aumentasse la coesione interna e gli impasti di un'opera della maturità pucciniana nella quale scorrono quadri dalle tinte molto forti, inusuali ed incalzanti, discordanti ed impulsive.
Per rientrare magari in un certo qual tono di incupimento, la scena in S. Maria della Valle vede in abbrivio, sullo sfondo, la Deposizione caravaggesca, insieme con i tre accordi del primo tema di Scarpia, gli stessi che concludono i primi due atti con un giro armonico appena variato, mentre le scene richiamano l'ambiente con elementi non proprio originali, formati da due archi cinquecenteschi ed una scalinata.
Le parti ed il tutto
I singoli elementi, che comprendono alcune buone ed ottime potenzialità, hanno risentito nel risultato finale della mancanza di amalgama, in assenza di una riconoscibile mano registica a tenere insieme i fili: l'opera procede su binari non paralleli, a cominciare dall'assenza di movimenti che meritavano un gesto musicale più armonioso, e dai costumi (di Floridia Benedettini e Diego Fiorini) di cui si apprezza il fasto ma che risultano di grave impaccio per Tosca (cui fornisce una interpretazione già troppo passionale Kristin Sampson), limitandone, a dir poco, la fluidità del gesto; inoltre, un carattere come Scarpia, cui fornisce il tono la bella voce di Alberto Gazale, si rivela troppo elegante nei modi, rispetto al torbido erotismo che lo dovrebbe caratterizzare; l'ottima presenza ed il timbro sicuro del Cavaradossi di Dario Di Vietri risente della staticità intorno e di un limitato legame con la protagonista; e la prova sicura dell'ottima Orchestra del Festival Puccini, anche nei passaggi armonici dissonanti che comportano mutamenti tonali subitanei, viene poco valorizzata dalla direzione di Dejan Savic, che sui tempi non è sempre collegato alla scena, né alle voci.
Il Vero ed il finto
L'avventura pucciniana nel verismo lirico viene ben sostenuta dagli altri personaggi, a cominciare dall'Angelotti di Davide Mura e dallo Spoletta di Francesco Napoleoni, caratterizzati con sicurezza così come il sagrestano di Claudio Ottino.
Molto buona la prova del Coro del Festival Puccini diretto dal Maestro Salvo Sgrò, così come quella del Coro delle voci bianche del Festival Puccini diretto dalla Maestra Viviana Apicella.
Citazione a parte merita il finale, una proiezione in video della caduta di Tosca realizzata davvero male, a dir poco goffa e ben al di là dell'imbarazzante, che provoca nel pubblico l'effetto esattamente opposto alla scrittura drammatica.