Lirica
TOSCA

Torre del Lago, Nuovo Teatro …

Torre del Lago, Nuovo Teatro …
Torre del Lago, Nuovo Teatro all'aperto, “Tosca” di Giacomo Puccini E LUCEAN LE STELLE DEL LAGO Nell’anno delle Celebrazioni per il 150° anniversario della nascita di Puccini, la 54 edizione del Festival di Torre del Lago punta al rilancio, con l’obiettivo - superata la fase di festival “estivo” – di affermarsi come riferimento internazionale per l’esecuzione dell’opera omnia del compositore nei luoghi della sua ispirazione con interpreti e allestimenti di rilievo. Il rilancio è possibile anche grazie al nuovo teatro, un anfiteatro in muratura da 3500 posti dalla migliore acustica per la buca in legno ed efficaci schermi riflettori e dal palcoscenico più grande e attrezzato per mettere in scena contemporaneamente allestimenti più complessi. Oltre al grande teatro all’aperto sono stati creati spazi interni (foyer, auditorium, sala conferenze ) per ospitare manifestazioni collaterali e fare “vivere“ di più il festival, come la retrospettiva cinematografica che comprende tutta la filmografia relativa al compositore con incontri e proiezioni quotidiane per tutto il periodo estivo. Per quanto riguarda Tosca la rassegna prevede proiezioni di rarità come la Tosca con Sarah Bernhardt del 1908 piuttosto che quella con Francesca Bertini del 1918. L’attuale produzione di Tosca è un allestimento del 2006 firmato da Mario Corradi con scene di Igor Mitoraj nell’ambito di “Scolpire l’opera”, progetto promosso dal Festival al fine di sviluppare nuovi linguaggi comunicativi coniugando l’esperienza artistica contemporanea con la musica di Puccini. Per il regista Tosca è una storia, non una pagina della storia, i personaggi - Scarpia a parte -sono di fantasia e anche i luoghi reali sono l’ombra di ciò per cui furono concepiti. Fedele a quest’impostazione Mitoraj evita ogni illustrazione trasferendo la storia fuori dal tempo in luoghi privi di caratterizzazione per una “tragedia all’antica” di amore, potere e sangue. Scelta discutibile, in quanto la Roma papalina del primo ottocento non solo è cornice, ma determina le scelte e l’ideologia dei personaggi e c’è una forte interazione fra ambiente e personaggi; i tre luoghi di Tosca, caratterizzati e contigui, stretti nell’unità di tempo e azione, contribuiscono alla concentrazione drammatica proprio nella loro “riconoscibilità”. Sant’Andrea della Valle è qui uno spazio nero e spoglio in cui sono esposti rossi stendardi con icone, busti dai volti bendati e candele accese su basi in alabastro opalescenti e una grande Maddalena seminuda dipinta con pennellate veloci e moderne. Pitture pompeiane rivedute e corrette alla Mitoraj (figure rovesciate che sembrano giocare a palla con teste bendate ) decorano le pareti di Palazzo Farnese in cui troneggia un letto a baldacchino, simbolo della libidine di Scarpia e prevedibile letto di morte. Castel Sant’Angelo è un’esplanade incorniciata da pietre antiche dai bassorilievi incompiuti e cipressi dominata dallo scheletro metallico di un grande angelo, una scultura dal sapore tragico e arcaico illuminata da una luce livida. La regia si concentra sulle relazioni fra i tre personaggi dando giusta centralità a Scarpia, con qualche caduta di stile: troppo evidente l’enorme spillone-pugnale dell’acconciatura usato poi per uccidere Scarpia, quasi ridicola Tosca quando nel trattenere Cavaradossi per gli stivali dopo la scena della tortura cade per terra mentre le sfugge la presa, infine gli sgherri di Scarpia incappucciati di grigio (una via di mezzo fra topi e membri di una setta) fanno sorridere anziché incutere timore. Daniela Dessì è ormai una Tosca di riferimento, di cui offre un‘interpretazione vocale esemplare, improntata al gusto e all’eleganza lontana da ogni tentazione “verista”. La linea di canto è limpida , incisivo ma senza eccessi il fraseggio, la voce è sicura nel registro acuto e dai centri pieni e la cantante ha il momento di gloria in un “Vissi d’arte “ delicato e struggente. Una donna fragile e appassionata, più donna innamorata che Diva, nella finzione e nella vita. Anche Fabio Armiliato domina il ruolo di Cavaradossi, credibile oltre che nel ruolo dell’amante in quello del patriota. Più che la potenza vocale è l’espressività il suo punto di forza, Armiliato ha il giusto accento, un fraseggio partecipe che diventa veemente in un “ Vittoria” particolarmente ben risolto. Come pure “ E lucean le stelle” cantata da sdraiato guardando il cielo con disincanto, con attenzione alle mezzevoci per esprimere tutta la nostalgia del sogno infranto, reso ancora più struggente dalla luna crescente sulle acque immobili del lago. Anche se la voce di Giorgio Surian ha perso smalto ed è apparsa un po’ velata, l’interprete ha giusta classe e presenza scenica per suggerire uno Scarpia accattivante e lascivo attento a scolpire ogni singola parola generando crescente tensione. Efficace e spiritoso il Sacrestano di Enrico Maria Marabelli, apprezzabile l’ Angelotti di Mario Luperi, Massimo La Guardia è uno Spoletta caricaturale e viscido, Massimo della Valle è Sciarrone. Yoel Levi ha diretto con attenzione l’Orchestra del Festival Puccini offrendo una lettura tradizionale e funzionale allo sviluppo drammatico, senza però mettere in rilievo tutte le finezze cromatiche e armoniche della partitura. Discreta la prova del coro diretto da Stefano Visconti. Un pubblico decisamente internazionale, elegante e attento, ha tributato lunghi e calorosi applausi alla protagonista. Il rilancio è in atto. Visto a Torre del Lago, Nuovo Teatro all’aperto, 12 luglio 2008 Ilaria Bellini
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