Prosa
TRAPPOLA PER TOPI

Attori e tecnici come topi in gabbia

Trappola per topi
Trappola per topi

La compagnia riesce a mettere in scena quello che potremmo definire un giallo psicologico, condotto efficientemente con una capacità di sdrammatizzare tipica della commedia. La recensione dello spettacolo.

Riprendendo con abilità e cura estetica i colori della locandina, in Trappola per topi ci viene mostrato in primo luogo il blu profondo del cielo notturno ed innevato attraverso una finestra e quando si accendono le luci nella casa/locanda Monkswell, scopriamo una deliziosa scenografia in legno, arricchita con ricercati oggetti di scena e dettagli che ci trasportano in un perfetto stile londinese degli anni ’50.

A presentarsi per primi sono i coniugi e proprietari di casa Mollie e Giles Ralston, i quali hanno deciso un po’ avventatamente di avviare la loro attività di albergatori. Immediatamente ci accorgiamo che Silvia Siravo, interprete di Mollie, non riesce a far emergere questo  personaggio così ingenuo, d’animo buono e al contempo propositivo e coraggioso di cui Agatha Christie aveva tanto abilmente delineato i tratti psicologici, mentre ci scontriamo con una recitazione acerba ed innaturale dell’interprete, goffa e impacciata nelle movenze, sguaiata e stridula nell’intonazione. Diversamente, tutti gli altri ospiti che giungono uno ad uno alla locanda, risultano accattivanti ed egocentrici; non privi di tratti che ispirano una certa simpatia, sono presi dalle loro manie e ciascuno, a suo modo stravagante ed insolito, apporta una diversa sfaccettatura del mistero che aleggia in casa Monkswell.

Massimiliano Franciosa gestisce con disinvoltura il ruolo del Sergente Trotter che influenza col suo arrivo il comportamento di tutti gli altri, cominciando a fra crescere la tensione psicologica scena dopo scena e la regia di Stefano Messina rende bene il senso del tempo che non passa mai in attesa che qualcosa di terribile accada ma anche a scandire questo tempo indeterminato con un ritmo coinvolgente.

Il dialogo intenso e allusivo tra Mollie e Christopher smusserà, a causa dell’inadeguatezza di lei, l’effetto “colpo di scena” che dovrebbe portare con le importanti rivelazioni dei due. La crisi d’identità dei protagonisti sfocia in una totale diffidenza dell’uno nei confronti dell’altro e lo stesso spettatore è condotto in questo gioco verso la perdita di punti di riferimento; persino il Maggiore Metcalf, l’ospite più “normale”, proprio per la sua apparente innocenza e normalità risulta in fine fuori contesto e per questo desta in noi sospetto.

La compagnia riesce a mettere in scena quello che potremmo definire un giallo psicologico, condotto efficientemente con una capacità di sdrammatizzare tipica della commedia.

Visto il 14-01-2011
al Vittoria di Roma (RM)