Scritto, diretto e interpretato da Savi Manna, artista catanese che ha affiancato, nel tempo, l’esperienza di attore a quella di marionettista, Turi Marionetta ha il merito di proporre e continuare con originalità un’arte antica quanto anti-commerciale, come quella del teatro di figura.
Il rimando alla tradizione siciliana è chiaro già dal titolo: così come la drammaturgia, che a partire da uno spunto monografico, ripercorre la storia del teatro di figura a partire dalle maschere fino all’Opera dei Pupi; in questo, utilizza senzi esiti folkloristici la tecnica del cunto, il ritmo e la dimensione favolistica della messinscena.
Turi Marionetta è Salvatore Barone, professore universitario e studioso, la cui ricerca sulle marionette trova spazio di racconto nei suoi leggendari seminari. Sul palco, lasciato solo, il nonno di Turi cerca di intrattenere il pubblico nell’attesa vana del nipote “u prufissuri”, che dovrebbe tenere una conferenza.
L’espediente della casualità ha il vantaggio di mettere in comunicazione attore e pubblico su uno stesso piano, distensivo rispetto alle aspettative; questo piano rilassato sottende alla narrazione ed è vantaggioso, perché crea un presupposto importante, che è la disposizione all’ascolto del racconto, vissuto come metodo per “ingannare il tempo” - “dare dimura”, come si dice in dialetto, intendendo per dimura “il tempo leggero”.
Questa leggerezza si sposa particolarmente con la dimensione eroica del racconto, in cui proprio il dialetto gioca una gran parte, per la sua pregnanza espressiva data dalla stratificazione e dal riflettere un mondo arcaico in cui realtà e finzione non hanno ancora un limite chiaro.
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