Ai successi dell’allestimento “Ubu incatenato” segue, in questa stagione del Piccolo, il dramma in cinque atti “Ubu roi” di Alfred Jarry.
Adattamento della classica vicenda di padre Ubu alla conquista del regno di Polonia. Roberto Latini regista e interprete distilla- con sapiente ironia –le parole del dramma di Jarry fondendone citazioni e atti tratti dai drammi : Amleto, Macbeth e Giulietta e Romeo
Drammi e ridicolezze di piccoli uomini
La vicenda di padre Ubu, ricompensato da re Venceslao con la nomina di conte di Sandomir. L’avidità della consorte e la smania di possesso spingeranno i coniugi a complottare per la morte di re Venceslao. Vendette, fughe e guerre scatenate dall’atto di usurpazione porteranno gli Ubu alla rovina e all’esilio. Peripezie di un dittatore da operetta, ma non per questo meno tragico o sanguinario nei suoi eccessi di crudeltà. Nella visione di Latini il regno di Polonia appare quale luogo incontaminato sul quale esercitare il potere … (numerose, a questo proposito, le citazioni che richiamano all’isola incantata della “Tempesta”).
Ubu storia al di fuori del tempo.
Ubu è nelle intenzioni di Jarry una sorta di eroe della sventura, paradigma dell’umanità. Il mondo di Ubu è il regno della fantasia il “non luogo”.
Roberto Latini propone, nell’adattamento, una sorte di contaminazione fra: il mondo di Shakespeare e l’eterno burattino di sempre: Pinocchio (interpretato dallo stesso Latini e in questa chiave testimone e portavoce della vicenda di re Ubu.
Il mondo è un pista da circo La scena, come libro magico, evoca i personaggi della vicenda: mescolando re dittatori con figure appartenenti all’immaginario (burattini di legno, lupi) i sudditi stessi appaiono come hobbit dal volto grottesco e precocemente invecchiato. La scena è bianca e purissima a al contempo estremamente versatile: pronta a riempirsi come la pista di un circo: affollata da personaggi più simili a clown pronti a partecipare a un gioco (a volte crudele, a volte tragico- ma fondamentalmente privo di vero dolore). Vera eccezione è rappresentata dalla “guerra di padre Ubu”: su un mare di sangue in tempesta l’usurpatore proclama a gran voce il proprio potere ed esorta i soldati.La visione del mare pronto a straripare, la cacofonia provocata dagli urli; palesano la disumanità e la brutalità mascherata da coraggio.
Messa in scena suggestiva arricchita da un cast tutto maschile in edizione “elisabettiana”. La tradizione proposta come via per affermare nuove chiavi di lettura. Pubblico partecipe e interessato per una lettura fresca e penetrante di un classico del teatro di prosa.