Anche nella stagione in corso, il Pubblico - Il Teatro di Casalecchio di Reno continua a proporre una serie di spettacoli di qualità che, spaziando dalla prosa all’attualità, dal teatro-denuncia a quello contemporaneo accontentano tante categorie di spettatori i quali rispondono con una partecipazione costante ed interessata.
In scena, questa volta, UBU ROI, un’opera del 1896 di Alfred Jarry, nell’adattamento di Roberto Latini, talentuoso attore e regista romano. Lo scorso dicembre, la sua interpretazione di Arlecchino ne Il servitore di due padroni, gli è valsa il Premio UBU come miglior attore protagonista.
A dispetto dell’epoca in cui è stato scritto, UBU ROI è un testo straordinariamente attuale per le tematiche affrontate, che ha segnato un punto di svolta nel teatro contemporaneo mescolando surrealismo, ironia, provocazione, sarcasmo e apparenti esagerazioni. Per tale genere sono stati usati termini e definizioni come “patafisica” o scienza delle soluzioni immaginarie o “Teatro dell’assurdo” per la capacità di mascherare la cruda realtà con la burla. Nel testo di Jarry, nato come spettacolo per marionette, si ritrovano tanti vizi umani, le lotte di potere, i legami familiari torbidi e conflittuali, con costanti riferimenti al Macbeth di Shakespeare.
Roberto Latini in questo lavoro ha mescolato teatro e danza, introducendo personaggi e movenze che, a tratti, ricordano l’arte circense. Alterna, sapientemente, commedia e tragedia per i vizi dell’animo umano, rimasti immutati nei secoli. Inserisce riferimenti (o meglio degli “omaggi”) a Shakespeare, Artaud, Leo de Berardinis e verso la fine dello spettacolo, a Carmelo Bene. Tutti questi elementi si fondono perfettamente e creano un intrattenimento piacevole e comprensibile; non banale, affascinante e magnetico.
Il merito, oltre che della regia, è anche delle scene di Luca Baldini, del suggestivo gioco di luci di Max Mugnai e delle musiche di Gianluca Misiti. Gli elementi scenici sono scarni ed essenziali per privilegiare la sostanza sulla forma.
La sorpresa e la curiosità si accendono già dalla prima scena, in cui una luce calda ed accogliente avvolge una scenografia rigorosamente candida. Un gruppo di attori vestiti con larghe tuniche bianche, seduti a semicerchio, appaiono intenti a cuocere della carne appesa a lunghe canne di bambù. Non parlano ma semplicemente emettono versi e gesticolano con eloquenza. Indossano maschere da primati che riportano alla mente Il pianeta delle scimmie di Franklin J. Schaffner o 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick.
La tranquillità è spezzata dall'irruzione dei personaggi principali, buffi, eccentrici, pesantemente truccati e dai tratti caratteriali esagerati che li rendono più simpatici. Conosciamo, quindi, Padre Ubu, ufficiale di fiducia di Re Venceslao, ex re d'Aragona e sua moglie Madre Ubu, avida e senza scrupoli, definita dal marito un’arpia brutta e ubriacona. La donna sovrasta e domina la coppia fino a spingere il marito ad assassinare il re Venceslao e tutti i nobili che lo sostengono. Ma questa sete di potere sarà contrastata dal Principe di Bugrelao, figlio di Venceslao il quale, sostenuto dalla propria madre, fa in modo di riconquistare il regno.
Ad assistere agli eventi come spettatore esterno è qusi sempre presente un Pinocchio, interpretato dallo stesso Roberto Latini, che racconta e commenta con la sua voce a megafono, girando in sella ad una bicicletta bianca. Inizialmente, Pinocchio ha al collo una lunga catena che lascia volteggiare compulsivamente come se volesse liberarsi dalle convenzioni e da un senso di oppressione. Nel secondo atto, lo ritroviamo vestito di bianco. La catena viene sostituita da uno scheletro che, probabilmente, sottolinea, la sanguinosa mattanza operata dagli UBI.
Il primo atto appare più vivace, movimentato ed esilarante rispetto al secondo dove le contaminazioni con diversi autori diventano più ingombranti e si respira un’atmosfera più triste e malinconica. Gli attori rivelano una preparazione poliedrica che si esprime con la voce e con il corpo. Anche quando il viso è mascherato o truccato fino a offuscare qualsiasi lineamento, le loro movenze “parlano”. Appare felice anche la scelta di far interpretare da maschi anche le figure femminili.