L’incubo in quanto tale è da rifuggire, è la parte oscura di noi, quella delle angosce e paure, dell’inconscio.
“Un amore da incubo” è un’originale commedia che unisce Freud e comicità parla anche di incubi cercati, che fanno compagnia; incubi che non fanno piangere ma ridere…
Francesca Draghetti, una delle quattro colonne della “Premiata Ditta” (e la sera che abbiamo visto lo spettacolo in sala c’era pure Pino Insegno) è l’autrice e regista di questa originale pièce davvero spiazzante che, per due ore, coinvolge pienamente la platea, facendo ridere e commuovere.
Ad interpretarla al Teatro dei Conciatori di Roma due cast che si sono alternati e che avevano come comune perno Roberto Stocchi (nella parte del simpaticissimo Beppe l’Incubo). Noi abbiamo assistito alla prima del secondo cast, completato da Antonella Alessandro e Roberto Draghetti anche loro molto bravi). Nella prima settimana invece, con Stocchi, erano in scena Ughetta D'Onorascenzo e Simone Crisari.
Sembra di essere in un fumetto in cui i cattivi sono buoni, anzi i cattivi non esistono proprio.
In “Un amore da incubo” si parla di un ladro che si introduce in un appartamento e finisce per svegliare la donna che stava dormendo. Poi apparirà il sig. Incubo in carne e d’ossa.
Ladro, Incubo e Donna imparano a convivere l’uno con l’altra… sarà perché, nella storia, la donna, autrice di cinema splatter, è stufa di splatter…
Nella stanza della donna, al centro dell’azione teatrale, ci sono i manifesti con i titoli dei film da lei realizzati: “L’oca mannara”, “Il ritorno dell’oca mannara”, “Non aprite quel pollaio”. Invece l’invito è proprio l’opposto, di immergerci nel pollaio…