Un amore è “la possibilità di un ringiovanimento”. Un amore è “questo gran soffio d'ansia che passa su di noi per la mancanza di qualcuno”. Quale dei due? O forse piuttosto entrambi in fasi diverse?
I Verdurin sono una famiglia ricca e di poca cultura che riceve nel proprio salotto la società, anzi un gruppo selezionato di persone rappresentative della società. I Verdurin sono un piccolo clan senza formalismi né abiti da sera. Qui si consuma l'amore tra Swann e Odette, il primo un uomo di mondo che appare impacciato nelle faccende di cuore, la seconda una cortigiana opportunista. Un amore che vive tutte le fasi, dal primo incontro a teatro con l'irrazionale reazione di Swann (“da quando era innamorato, trovava in ogni cosa un incanto”) al definitivo addio passando per passione, ansia, gelosia, tradimento, abbandono, angoscia, solitudine. Ma nulla di estremo, tutto raccontato in modo piano e disteso. Oltre ai due, in scena è fisicamente presente solo madame Verdurin; sullo sfondo i membri della società, evocati dal racconto. Che restano vaghe presenze-assenze, sbiaditi fantasmi evocati come per dare una parvenza di completezza, meramente illusoria, a quella vita che si identifica con una mancanza, la mancanza di qualcuno da amare e da cui essere amati.
Centrale nello sviluppo della vicenda è la presa di coscienza da parte di Swann che Odette ha una sua vita dove manca interamente lui e ciò lo fa impazzire: la gelosa rende inaccettabile l'assenza di lei fino ad affaticare il pensiero e impossibilitare le azioni quotidiane. Dopo l'iniziale passione, Odette si disamora progressivamente, giorno dopo giorno e per lui è una profonda ferita che duole giorno e notte (“se aveste dimenticato qui il vostro cuore, non vi avrei consentito di riprenderlo”). Durante una festa in maschera i due innamorati sono coccodrilli: lui diventa odioso e insopportabile con le domande, lei non ne può più di lui. E più lui insiste, più lei non lo sopporta.
All'acmè della vicenda, i tre protagonisti escono dai rispettivi ruoli e leggono da taccuini frasi di Proust sull'amore. Poi si torna a conversare con gli amici. E ci si dimentica del proprio male interiore. “Nelle persone che amiamo c'è sempre immanente ad esse un nostro sogno che noi perseguiamo e che non riusciamo a riconoscere”.
Come nel Pasticciaccio di Gadda portato a teatro da Ronconi, anche qui la trama del romanzo viene direttamente drammatizzata, eppure mantiene la struttura narrativa originaria letteraria. Sandro Lombardi ha fatto un eccellente lavoro drammaturgico: i tre protagonisti interpretano i dialoghi e raccontano al tempo stesso, sono dentro e fuori dalla finzione narrativa, ora in prima persona ora in terza persona, con salti temporali e spostamenti di sguardo, moltiplicando e intrecciando i punti di vista. I tre personaggi dunque parlano e agiscono dando corso alle proprie conversazioni e al tempo stesso descrivendo eventi, situazioni e addirittura i loro stessi caratteri grazie alla luminosa traduzione di Giovanni Raboni.
La scena di Pier Paolo Bisleri ricostruisce un salotto fine Ottocento di decaduta eleganza, i velluti delle poltroncine consunti e anneriti, le pareti damascate porpora con cornici dorate e capitelli jonici su paraste: un ambiente salottiero invaso di poltroncine e sedie ma che si presta anche a rendere diverse ambientazioni, come il ricordo del primo incontro a teatro dei due protagonisti. I costumi di Giovanna Buzzi, soprattutto quelli femminili, giocano fra la moda dell'epoca e gli squarci contemporanei nei tagli, nelle ardite geometrie, nei capelli di Odette. Perfette le luci di Gianni Pollini a ricreare un'atmosfera sospesa e reale al tempo stesso. Contribuiscono alla riuscita dello spettacolo proiezioni di fiamme, alberi mossi da un vento impetuoso, pallini che formano mutevoli geometrie; in particolare si sono apprezzate le immagini di fiori che sbocciano come durante i titoli di testa del film “L'età dell'innocenza” con cui i richiami non sono solo formali. Come nella Vedova allegra di Tiezzi che ha girato molti teatri lirici (Napoli, Genova, Verona, Trieste), all'inizio le pareti sono percorse da linee e numeri che ricordano gli indici di borsa ma che qui paiono meno calzanti. Federico Tiezzi è attento alle parole e ai movimenti e ogni gesto appare perfettamente complementare al dialogo e altrettanto perfettamente esaustivo nell'esprimere i sentimenti.
Sandro Lombardi imposta il suo Swann non tanto come seduttore irresistibile quanto come letterato impacciato e riservato. Anche Elena Ghiaurov non si mostra tanto come cortigiana espertissima quanto come fragile donna-diva. La Madame Verdurin di Iaia Forte è eccentrica ed egocentrica e colpisce con l'imitare versi di uccelli intercalati alle parole e con la risata inimitabile.
Pubblico non particolarmente numeroso e applausi non particolarmente calorosi.