Continua il filo rosso che lega il Teatro Alighieri di Ravenna con il Teatro Municipale di Piacenza in una proficua collaborazione di produzioni e allestimenti. Leo Nucci, al suo quarto allestimento nell’ambito dell’Opera Laboratorio con i cantanti dell’Accademia piacentina, mette in scena Un ballo in maschera con una regia lineare, tradizionale, dove questo termine, però, è portato in senso positivo alla somma vetta: scenicamente coinvolge lo spettatore come in un romanzo o un film. Nulla è lasciato al caso, nulla è scontato, nulla tralasciato: la Boston verdiana raccontata da Nucci è proprio la Boston del XVIII secolo, colonia inglese schiavista in cui la crudezza della vicenda e dell’epoca vengono illustrate senza falsi pudori. Colpisce, nella scena di Ulrica, trovarla in una catapecchia in mezzo a campi di cotone, quasi come Mamy di Via col vento, intenta a guarire malati attraverso la santeria. Il tutto appassiona lo spettatore che si sente immerso nella vicenda. Contribuiscono le luci di Claudio Schmid, i costumi coloratissimi di Artemio Cabassi e le scene minuziose e precise di Carlo Centolavigna: tutto è descritto alla perfezione, in un’eccellente ricostruzione storica. Non si può che plaudire il team che Nucci ha voluto intorno a sé per questo allestimento vivo, intenso ed emozionante, anche se può peccare di essere forse troppo didascalico.
Convince non pienamente il maestro Donato Renzetti alla guida dell'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, il quale sembra perdere un poco della pura espressività dello spartito per lasciare al suo posto sonorità non sempre congrue.
Ci è sembrato acerbo per il ruolo il tenore Vincenzo Costanzo (Riccardo): il giovane debuttante fatica a risolvere le difficoltà di una partitura complessa, ma la voce c’è e risalta anche per il timbro e per una coloritura brunita. Molto brava Susanna Branchini in Amelia: oltre ad essere pienamente nel personaggio e avere una bella presenza scenica, il soprano possiede una voce potente, incisiva, con acuti vibranti e pianissimi intonati. Eccellente il Renato di Mansoo Kim: negli ultimi anni si è rivelato come un buon cantante verdiano, corretto nel ruolo, la voce morbida e corposa, passionale e ben calibrato. Piacevolmente frizzante Paola Leoci nel paggio Oscar per la voce squillante e cristallina e la verve. Non convince appieno Agostina Smimmero in Ulrica: il volume è notevole, anche la vocalità è rotonda e corposa, ma spesso si rende poco omogenea e con difficoltà di dizione. Efficaci i comprimari: Giovanni Tiralongo in Silvano, Mariano Buccino in Samuel, Cristian Saitta in Tom e Raffaele Feo nel giudice e nel servo di Amelia. Molto positiva la prova del Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati.