Martedì 4 dicembre alle ore 21,15 al Cinema Teatro Politeama di Viareggio, ha avuto luogo uno degli spettacoli più attesi della stagione teatrale 2007/2008, “Un certo Signor G”.
Quest’opera, un insieme di canzoni e monologhi tratti dagli scritti di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, è stata interpretata da Neri Marcorè, uno degli attori più eclettici del panorama italiano celebre, oltre che per aver recitato una seguitissima fiction nei panni di Papa Luciani, per le sue presenze televisive ai programmi “Parla con me” di Serena Dandini e “Per un pugno di libri” e per le numerose apparizioni cinematografiche.
Diretta da Giorgio Gallione per il Teatro dell’Archivolto di Genova, “Un certo signor G” è l’occasione, a più di 35 anni di distanza, per rileggere, rivisitare, reinterpretare l’opera di Giorgio Gaber.
Per permettere allo spettatore di accostarsi ad un personaggio, ad uno stile, a contenuti e a linguaggi, sempre attualissimi a trent’anni di distanza, di un artista geniale ed innovatore, sempre autonomo e fedele a se stesso.
È un’esplorazione nel beffardo, paradossale, buffonesco mondo di una maschera di uomo comune che si interroga, in modo comicamente impotente, sul senso della propria vita, sempre sfiorata dal pericolo dell’imbecillità e del qualunquismo.
Gli autori si sono ispirati, riproponendole e rimontandole, alle prime esperienze teatrali dell’attore milanese, quelle de “Il Signor G” appunto, ma anche quelle di “Dialogo tra un impegnato e un non so”, “Far finta di essere sani”, “Anche per oggi non si vola” , messe in scena tra il 1970 e il 1974, rifacendosi anche stilisticamente alle forme del ‘teatro canzone’, invenzione prettamente gaberiana continuamente perfezionata nel corso di vari spettacoli, geniale intreccio di monologhi e melologhi, musica e canzoni.
Neri Marcorè interpreta il signor G più di trent’anni dopo queste esperienze.
Solo sul palcoscenico con una chitarra, accompagnato da Vicky Schaetzinger e Gloria Clemente al pianoforte, a riscoprire un’opera, quella di Gaber e Luporini, da considerare un’invenzione senza tempo, un classico moderno che tra ironia, malinconia, istanze civili e comico paradosso si interroga sui destini dell’uomo moderno, in bilico tra utopia, impotenza, razzismo, amore, consumismo, paura e sogno.
Un individuo che rischia di perdere i pezzi e che soffre, ci dice Gaber, dei mali più comuni e alla moda: nevrosi acuta, condizionamento totale, visione delle cose vicina allo zero: una persona normale insomma.
Degne di nota infine, anche le scene minimali e i costumi di Guido Fiorato e le luci di Aldo Mantovani.
Visto il
al
Piccolo Teatro - Teatro Strehler
di Milano
(MI)