Quando uno legge il titolo: “Il discorso del Re” un confronto con il pluripremiato film di Tom Hooper appare scontato e un senso di inquietudine conquista lo spettatore prima di entrare in Teatro. Il rischio di una brutta copia è alle porte, soprattutto per tutti quelli che hanno amato le interpretazioni di Colin Firth e Geoffrey Rush (rispettivamente Giorgio VI e Lionel Logue), ma una fievole speranza di essere sorpresi rimane.
Le scene si aprono su di una scenografia abbastanza spoglia ma dinamica, composta da pannelli mobili e strutture che ruotando diventano carta da parati, affreschi o pareti dell’Abbazia di Westminster. Alcune scelte potranno dividere, ma nelle due ore e mezzo dello spettacolo il pubblico si diverte, sorride ed applaude. Barbareschi regista, interprete e produttore costruisce uno spettacolo equilibrato, dove ai filmati storici seguono scene più leggere, rendendo “la ricetta” adatta ad un pubblico eterogeneo sia per età, cultura che gusti.
Il coprotagonista con il doveroso ruolo di interpretare il re balbuziente è Filippo Dini, che incarna alla perfezione il timido sovrano e gli dona grinta, spessore e profondità per un’interpretazione trascinante e coinvolgente.
Barbareschi/Lionel commuove, diverte, stupisce con una facilità impressionante, una bella interpretazione che regge con confronto con la controparte cinematografica. La sala del Teatro della Pergola di Firenze viene invasa da applausi alla chiusura del sipario, segno evidente che questa rischiosa operazione può definirsi pienamente riuscita.