Chi è il nemico del popolo? Uno studioso, un politico, oppure il popolo stesso? La stampa, oppure un capro espiatorio? La famiglia oppure il lavoro? L’onestà che svela le magagne, oppure la mancanza di soldi per risolvere i problemi? Un eroe, oppure un anti-eroe? La conoscenza, oppure l’ignoranza?
Chissà. Forse è una di queste opzioni. Oppure è tutto questo messo assieme.
Il dottor Storchi (nella versione di Edoardo Erba e Armando Pugliese – Stockmann nella versione originale di Ibsen) pensa che il nemico sia l’inquinamento delle acque delle terme cittadine che lui stesso aveva fatto costruire. Non sa, o non lo ha ancora capito (lo scoprirà solo alla fine della pièce), che la conceria che inquina le acque che confluiscono alle terme è quella del suocero, il quale non ha alcuna intenzione di chiudere o subire sanzioni e quindi, per vendetta, converte i soldi dell’eredità che deve lasciare alla figlia in azioni. Il sindaco del luogo non avendo soldi pubblici da spendere per risanare il problema inquinamento, preferisce litigare irrimediabilmente con suo fratello, il dottor Storchi, imponendo la sua autorità sulla stampa locale (amica del dottore) e mettendogli contro un potere ben più forte e violento del proprio, cioè quello del popolo che infuriato, chiama “nemico” quello che dovrebbe essere il suo benefattore. A dar man forte al dottor Storchi restano solo l’ingenua moglie, la combattiva figlia e un capitano di marina. Questi ultimi due, come il dottore, finiranno licenziati a causa delle loro prese di posizione e di lettere anonime.
I punti di vista dal quale può essere analizzata l'opera sono i temi sociali: il potere delle masse e di chi le dirige, i costi e i tempi della politica, il potere della stampa e le paure/magagne di chi la gestisce. L’animo e la psicologia del dottor Storchi, protagonista della pièce, non sono presenti più di tanto; così come non vengono mostrate quelle degli altri personaggi, come il suo più evidente antagonista, il sindaco (che dopo tante minacce e contro-azioni, finirà per mostrare il suo lato umano aiutando il fratello a trovare un nuovo lavoro da medico altrove). Certo si avverte la solitudine dell’uomo moderno, solo contro la massa, che nell’epoca di Ibsen si affacciava al mondo come vera e propria protagonista, un corpo unico che perciò incuteva paura perché nuovo “modello” di vita e non manipolabile da tutti, ma solo da alcuni potenti, come i politici e la stampa.
Tutto ciò che si evince dal testo è il valore e il potere delle masse e che qualsiasi azione i personaggi intraprendano, lo fanno per aiutare qualcun altro, cioè il popolo, e non (solo) per se stessi. Il dottor Storchi e sua figlia vogliono salvare dall’inquinamento se stessi e il popolo, il sindaco non vuole caricare il popolo di tasse per trovare i soldi da spendere contro l’inquinamento, il suocero sceglie di lasciare in eredità alla figlia le azioni della sua conceria inquinante sia per darle qualcosa, sia perché così facendo sa che non potranno essere licenziati i dipendenti della ditta, altrimenti se la fabbrica chiude, la figlia e la sua famiglia non avranno di che vivere; il Capitano Longhi vuole aiutare il suo amico dottor Storchi e il popolo contro l’inquinamento e offre al dottore una sala per la conferenza; Diletta Storchi, dopo essersi rifiutata di tradurre un libro su temi religiosi perchè non crede che sia utile al popolo, alla fine della pièce, dice di essere stata licenziata dalla preside della scuola in cui insegna perché i genitori degli alunni hanno timore del suo attivismo; nella redazione del giornale si tenta di capire quali sono i temi che possono interessare di più il popolo; dopo la disastrosa conferenza, il dottor Storchi e la sua famiglia sono bersaglio della furia del popolo.
“Un nemico del popolo” è, quindi, un dramma sociale, cioè non mette in scena i fatti intimi di un personaggio, le sue emozioni o la sua psicologia, ma utilizza le parole e gli accadimenti nella vita di un personaggio, per descrivere il disagio psicologico e/o materiale di un popolo, studiandolo come fosse un unico organismo che vive delle tensioni interne, delle emozioni, che deve risolvere.
Il testo è stato scritto da Ibsen nel 1882 e fa parte dei cosiddetti capolavori della maturità, in quel periodo nel quale l’autore norvegese si era trasferito in area germanica ed aveva dato sfogo alla sua penna producendo i suoi maggiori drammi sulle contraddizioni borghesi e sociali.
Edoardo Erba, uno dei più stimati autori e adattatori teatrali contemporanei, ha effettuato un interessante adattamento del testo ibseniano, trasponendo l’epoca agli anni ’70, cioè 90 anni dopo l’originario, e effettuando una specie di “riscrittura”. Erba ha inserito degli intermezzi cantati dal Capitano Longhi, durante i cambi scena. Ha riassunto i 5 atti dell’opera in 2 atti. I nomi dei personaggi sono stati tutti italianizzati, per esempio, il dottor Stockmann, protagonista dell’opera, è diventato dottor Storchi e la figlia Petra è diventata Diletta. I figli del dottore da 3 sono diventati uno solo. Il Captain Horster è diventato Capitano Longhi. Altro cambiamento da notare è la forte caratterizzazione di alcuni personaggi, soprattutto di Caterina, moglie del Dottore, che nell’adattamento di Erba è diventata quasi totalmente un’ingenua oca giuliva che tenta di difendere le idee del marito benché forse non comprende neanche di cosa si stia parlando.
Nel caratterizzare ulteriormente i personaggi un ruolo importante lo ha avuto la regia di Armando Pugliese che, come è nel suo stile, ha giocato sulle diversità e sulle definizioni dei “caratteri”, affidandosi anche alle capacità degli attori.
Gianmarco Tognazzi ha mantenuto ininterrottamente e ammirabilmente il carattere del suo personaggio, il dottor Storchi, per le oltre due ore di spettacolo. Bravo attore, peccato solo che abbia proposto una dizione con accento del nord-Italia; credo che il suo personaggio sarebbe stato apprezzato molto anche senza quel vezzo. Bruno Armando è stato magistrale nel ruolo del cattivissimo Pietro Storchi, fratello dell’eroe anti-eroico ibseniano, nonché sindaco dell’anonimo luogo. Altrettanto fenomenale è stato Lombardo Fornara, nel ruolo del suocero del dottore. Stella Egitto ha fornito un’interpretazione strepitosa di Diletta, la figlia del dottore. Un plauso va fatto anche a Renato Marchetti che, se nel ruolo di Billia era forse un po’ neutro (probabilmente perché il suo ruolo era meno definito degli altri personaggi, e comprensibile solo nella triade naturalistica e meno caratterizzata, che costituiva con Astolfi e Ottoni, interpretati rispettivamente da Antonio Milo e Fortunato Cerlino), nel ruolo dell’hippy drogato che partecipa alla conferenza del dottor Storchi era meraviglioso, più nettamente caratterizzato e simpatico e, a dispetto del suo ruolo di out-sider, più inserito nel contesto. Apprezzabile Franz Cantalupo nei suoi brevi intemezzi canori. Simonetta Graziano, interprete di Caterina, moglie del dottore, all’inizio mi è sembrato che recitasse in maniera troppo caricata, poi durante il dramma si è ripresa, divenendo più dolce e meno caricaturale.
C’è da osservare che i movimenti coreografici degli attori sono stati interessanti, ma a tratti non erano perfetti: c’è stato un impallamento di Caterina e Diletta all’inizio, poi nel primo intermezzo il Capitano Longhi ha recitato la canzone invece di cantarla, nella scena in tipografia dei rumori di scena sono stati lasciati accesi quando dovevano essere spenti e nella seconda parte l’hippy-Marchetti è finito giù dal palco in una scena in cui doveva essere buttato fuori dalla conferenza. La motivazione di questi inconvenienti probabilmente era dovuta al luogo in cui ha avuto luogo lo spettacolo, cioè il palcoscenico del Ridotto del Teatro Comunale, uno spazio abbastanza largo, ma non altrettanto profondo e che quindi prevede una recitazione quasi sul proscenio.
Le scenografie, create da Andrea Taddei nel suo celebre stile a grate, benché con accenni agli anni ’70, avevano un non-so-ché di minimalista e futurista. A riprova dell’assenza di tempo e spazio nei concetti espressi dalla pièce.
Ai lati della scena c’erano due box con pareti in plexigras trasparente. Il limite di questo genere di cose è che quando gli attori entrano in quelle "stanze", la loro recitazione arriva un po’ ovattata. Ma a teatro niente è impossibile e tutto ha un vantaggio. Infatti, poco dopo l'inizio della pièce, il dottor Storchi-Tognazzi, ha utilizzato una di queste pareti rivolta verso il pubblico, come fosse una lavagna dove appuntare le formule chimico-matematiche che dimostravano il livello di inquinamento delle falde acquifere delle terme cittadine. La scena è stata divertente, per il movimento coreografico che si è creato... e anche perchè poco dopo è stata seguita dalla pulizia del vetro da parte di Caterina, moglie del dottore e perfetta donna di casa! D’altronde la regia di Pugliese è fatta così: un insieme di trovate che unite alla forte caratterizzazione dei personaggi rendono frizzante il gioco teatrale, un misto di grottesco, comico, paradossale, una specie di varietà o montaggio delle attrazioni.
Il pubblico ha mostrato molto di gradire i lazzi proposti finendo in una standing-ovation quegli apprezzamenti iniziati con applausi a scena aperta sopratutto all’inizio del secondo atto, quando si è quasi ritrovato parte dello spettacolo, non solo in qualità di spettatori della pièce di Ibsen-Erba-Pugliese, ma, nonostante ci fossero le voci pre-registrate del vociare del popolo, anche come parte di quel pubblico-popolo accorso alla conferenza tra il comico e il paradossale del dottor Storchi. L’effetto che si è creato è stato davvero incredibile. Infatti mentre il pubblico vero faceva applausi a scena aperta alle battute di Tognazzi (sul valore e l’antichità della democrazia, che è diversa dal governo della maggioranza, non sempre ottenuta col consenso dei sottoposti, come nel caso del potere di Hitler o di Mao Tse-Tung), quest’ultimo nelle vesti di dottor Storchi, in contrappunto, tentava di convince il “suo” pubblico, cioè il popolo della sua città, della verità e bontà delle sue parole e dialogava con esso e con gli altri relatori, finendo per essere chiamato “nemico del popolo” da quella gente che tentava di tutelare, dal sindaco e dalla stampa.
Il parallelo che si crea è, quindi, tra l’ignoranza che porta alla corruzione morale e all’avvelenamento delle menti, e l’inquinamento delle terme che porta ai problemi di salute chi invece dovrebbe guarire dalle malattie.
Nel complesso, la pièce, strutturalmente complessa, è stata interessante e godibile.