Prosa
UN PASSATO INFINITO

Quando l'identità di genere rimane un luogo comune

Quando l'identità di genere rimane un luogo comune

La compagnia Nessun Vizio Minore porta in scena la sua più recente produzione, Un passato infinito, tratta da Appuntamento a Londra, di Mario Vargas Llosa, Premio Nobel per la letteratura nel 2010.

Il passato ritorna
Un uomo e una donna si incontrano (per la prima volta?) in una stanza d’albergo. Claudio (Davide Bernardi) è un uomo d’affari di successo, ma con una vita sentimentale fallimentare. Sofia (Mara Scagli) è una donna affascinante e misteriosa che si presenta a Claudio come la sorella del suo miglior amico d'infanzia, Massimo, scomparso, senza dare spiegazioni, da 25 anni.
I due iniziano a rievocare storie ed episodi di un passato, i cui effetti ancora si ripercuotono sulla vita di Claudio. E a poco a poco, l’identità di Sofia si fa sempre più ambigua, fino a sfiorare l’inquietante. Le sue parole riaprono ferite mai rimarginate. La realtà si intreccia con desideri, sensi di colpa ed invenzioni mentali. Un passato infinito, appunto, dal quale è impossibile prendere le distanze.

Tendenza al cliché
Lo spettacolo poggia su una solida base drammaturgica, anche se l’adattamento di Scarafiotti e Bernardi sembra intenzionalmente “relegare” tematiche come l’omosessualità e le problematiche connesse all’identità di genere a una sorta di cliché. I personaggi sono italiani, ma la stanza d’albergo nella quale avviene l’incontro tra i due protagonisti viene collocata a Francoforte: dunque perché scegliere di far parlare il personaggio di Claudio utilizzando un linguaggio da borgata romana talmente colorito da declinare quasi l’intero campo semantico del termine “frocio”? Ne scaturisce una rappresentazione dura dell’omosessualità, costruita su sensi di colpa e luoghi comuni, nella quale Bernardi tenta, quasi forzatamente, di immedesimarsi.
Mara Scagli, grazie anche a una discreta presenza scenica, regge bene il ruolo di “femme fatale”, ancor meglio rispetto alla difficile e coraggiosa condizione umana nella quale si è trovata il suo personaggio.

Nonostante lo spettacolo risulti scorrevole, i diversi livelli del racconto (realtà, desiderio, e immaginazione) si rivelano allo spettatore per deduzione, non essendo supportati fino in fondo dal disegno luci non sempre incisivo di Paolo Cancedda e da una regia priva del necessario pathos.

Visto il 03-11-2016
al Baretti di Torino (TO)