OHT, acronimo che sta per Office for a human theatre, presenta il suo ultimo lavoro dal titolo altamente esplicativo: Un teatro è un teatro è un teatro è un teatro, diretto da Filippo Andreatta, con le luci di Andrea Sanson, il suono e la musica di Davide Tomat.
Il luogo dell'assenza
Il teatro è il luogo, dove, per antonomasia, una storia viene raccontata per essere vista: le luci, i costumi, le capacità interpretative degli attori - tutto quello che insomma spaventava Pirandello e che a suo dire minava il predominio dell'autore - sono parte integrante della rappresentazione. Ma cosa succede se il teatro si rappresenta da solo? Se si mostra cioè come luogo in sé?
Il teatro come contenitore e contenuto al tempo stesso. Così, come in una danza metafisica accompagnata da una melodia sonora che sembra riprendere le note del solfeggio, gli spettatori vedono muoversi davanti ai propri occhi quinte, cieli, luci, americane, fondali. Il teatro si materializza, nel senso vero del termine, rende cioè visibili i materiali di cui si compone, quelli che di solito servono per dare vita ad altro da sé e che nello spettacolo di Andreatta compongono una narrazione che rimanda solo a se stessa.
Il regno dell'effimero
I giochi di luce raffinati, la perfetta sincronia di quinte e fondali, l'andatura barocca sulla quale sagomatori e proiettori fanno le loro evoluzioni trascinano la platea nella poesia dell'effimero, quello che in fondo è e deve essere il teatro, come ben sapevano i grandi architetti del '700 che prestavano la loro arte alle scenografie teatrali.
Il pubblico cerca avidamente sulla scena le tracce dell'uomo, dell'attore, dell'essere umano in carne e ossa, ma trova solo un "ecosistema" complesso che si muove tra funi e graticce, ma che proprio per questa assenza dell'uomo diviene immediatamente più universale. Lo spazio si autodefinisce, sembra perdere consistenza tra foglie autunnali che cadono e battiti d'ali di farfalle.
Un lavoro tecnico e concettuale di grande impatto quello dell'OHT, che il pubblico in sala ha sicuramente mostrato di apprezzare, proprio per questo l'unica sbavatura sembra essere l'improvvisa comparsa in scena della cantante che intona Beata Viscera di Perotin. Discreta e bravissima nella sua interpretazione, ci pone però una domanda: nonostante tutto, il teatro torna ad essere il luogo dov'è l'uomo a mostrarsi?