Scrivere di uno spettacolo d’improvvisazione non è semplice, anzitutto perché in questo caso sembra stonare la parola stessa di spettacolo, che rimanda, intuitivamente, a qualcosa di pensato, elaborato, organizzato e ripetuto nel tempo (senza nulla togliere al principio artistico secondo cui ogni esibizione non è mai identica alla precedente, quand’anche si recitino le stesse battute). Certo, anche nel caso dell’improvvisazione ciò che scaturisce dall’interazione degli attori è pensato, elaborato e organizzato, solo che il tutto avviene in una frazione di secondo e non c’è modo di prevedere cosa succederà dopo, le situazioni possono assumere infinite pieghe, ogni battuta vive una sola vita. È una sfida continua che ricomincia alla fine di ogni turno di parola e coinvolge tutti, nessuno escluso.
Ma allora, a dispetto di tanta fatica, quale sarà la ricompensa? Che cosa rende questa forma d’arte così singolare? La magia che riesce a creare nell’unire, in un flusso costante di emozioni, attori e spettatori, ridisegnando il teatro come un unico spazio di finzione in cui l’antitesi artista-fruitore si assottiglia notevolmente: ed è una opinione che si rafforza, dopo aver assistito ad Uno contro tutti, terzo incontro della rassegna Coffee Brecht.
Uno contro tutti ha i caratteri di quella che si definirebbe una long form: viene chiesto al pubblico un suggerimento, una parola da cui partire per sviluppare successivamente la performance. Il pubblico del Nostos sceglie “fuoco” e non ha esitazioni nel motivare questa scelta collegando la parola ad una costellazione di idee e concetti. Poi tace. Un solo attore resta al centro del palcoscenico e si prepara a dare il La: da questo momento in poi, gli altri artisti si inseriranno arbitrariamente all’interno dell’azione seguendo l’input e senza mai lasciare vuota la scena.
È il siciliano Mico Pugliares l’uno contro tutti, e i tutti sono i cinque allievi della scuola napoletana d’improvvisazione Coffee Brecht. Questo gruppo così ben assortito da vita ad una serie di storie che partono frammentate per poi trovare unità e compiutezza sul finale, tutte legate dal filo conduttore del suggerimento ricevuto all’inizio. I repentini cambi di scena sono gestiti con equilibrio, spesso anche con molta eleganza. Gli attori e il pubblico assistono all’evolversi dei fatti, entrambi finiscono col condividere attesa e trepidazione, curiosità e partecipazione. Persino i rapidissimi momenti di incertezza sono condivisi bonariamente e le gag acquistano un valore aggiunto perché spontanee e perché divertono chi recita ancor prima dello spettatore. Questa è la magia del teatro d’improvvisazione, questo ciò che giustifica il feedback costante del pubblico che in chiusura si scatena con fragorosi applausi.