Massimo Ghini debutta alla regia interpretando Michel, il protagonista di Un’ora di tranquillità, un testo – tutto giocato sul meccanismo del vaudeville – del giovane commediografo francese Florian Zeller.
Un canovaccio perfetto, una commedia “corale”, che si snoda tra equivoci, imprevisti (dalla geniale quasi-prevedibilità, n.d.r.) e battute esilaranti.
Michel è un uomo è un uomo che cerca disperatamente un momento di solitudine e tranquillità. Per un caso fortuito, ha acquistato un introvabile disco in vinile di musica jazz da un rigattiere, ma mentre cerca di trovare il modo per dedicarsi a questo cimelio tutta una serie di eventi e personaggi lo interrompono, a cominciare dalla moglie Natalie (Galatea Ranzi), che non riesce più a tenersi un segreto del proprio passato (che riguarda anche il loro rapporto), all’invadente e inopportuno vicino di casa polacco Pavel (Claudio Bigagli), ad un improbabile idraulico, che si finge polacco, ma in realtà è portoghese (Luca Scapparone), e invece di riparare i guasti provoca ulteriori disastri. Sulla scena irrompono inoltre un figlio, musicista molto hard, che vuole essere a tutti i costi chiamato Fucking Rat, un’amante (Gea Lionello), che è anche la migliore amica della moglie di Michel e un amico (Massimo Ciavarro, al suo debutto teatrale, n.d.r.), anche lui alle prese con un “peccato di gioventù”… inconsapevoli di rendere impossibile al povero protagonista di godersi solo un’ora di tranquillità.
Senza poterli minimamente prevedere, verranno alla luce vecchi tradimenti, bugie e inaspettate verità; la pace sembra un traguardo irraggiungibile, anzi l’ambientazione in cui si svolge la vicenda (un loft con l’aspetto di un’astronave con vista sulla Tour Eiffel, realizzato da Roberto Crea, n.d.r.), vuole indicare il percorso verso quella che sarà una distruzione totale! Fino al momento in cui tutto si calma e il nostro protagonista può finalmente dedicarsi all’ascolto del disco… ma l’imprevisto resta in agguato!
La scrittura di Florian Zeller produce un congegno comico senza alcuna falla, grazie al quale si ride quasi ininterrottamente per un’ora è tre quarti (lo spettacolo è costituito da un atto unico, n.d.r.). In questo senso, aiutano molto anche i numerosi – e mai fuori posto – effetti sonori.
Un cast “cinematografico”, la cui recitazione sul palcoscenico risulta forse portata all’eccesso e volutamente “sopra le righe”. Fanno eccezione, per motivi diversi, Alessandro Giuggioli (Sebastien/Fucking Rat) e Massimo Ciavarro (Pierre): nel primo caso,è evidente il lavoro sul personaggio che, certamente, porta i suoi frutti; il secondo, nonostante l’impegno, non riesce a dare uno spessore al proprio personaggio, che, però, grazie al contesto, arriva comunque al pubblico. E il debutto di Ghini come regista teatrale risulta convincente.