Commedia di grande comicità - fondata sulla sapiente dialettica tra tragico e comico - “Uomo e galantuomo”, uscita dalla ‘vis creativa’ di Eduardo De Filippo nel 1922 per il fratellastro Vincenzo Scarpetta, ha assunto nel 1933 il titolo attuale dopo essere andata in scena nel 1924 come “Ho fatto il guaio? Riparerò”.
La scena del primo atto in cui una Compagnia di guitti più che improvvisata e ai limiti della miseria, guidata dal capocomico Gennaro, si affanna (tra un’acciugata e una pastasciutta cucinate clandestinamente in albergo) a dimostrare con ignorante presunzione (che comincia dal nome “L’eclettica” di cui si fregia) di sapere recitare Mala nova di Libero Bovio, diversamente da ciò che può apparire, è un pezzo di estrema difficoltà in cui vivacità, ritmo, sciatteria e ignoranza devono coniugarsi con elegante equilibrio per non rischiare di diventare un po’ lenta, piatta e noiosa.
Più vibrante il resto della pièce in cui le vicende di questo gruppo di disperati si intersecano con quelle di un piccolo centro, allora alla moda, come Bagnoli in cui innamoramenti, tradimenti e superficialità incappano nelle mani di una giustizia che tra Delegato e prigione finirà per sbrogliare l’intricata matassa.
Il fatto che lo spettacolo abbia vinto il recente Festival di Borgio Verezzi (il cui leitmotiv è stato ‘la bugia’) sicuramente genera grandi attese tanto più che il regista Alessandro D’Alatri, ab infantia fervente ammiratore di Eduardo, è entrato in spirituale simbiosi con l’opera che predilige per le infinite sfumature, che vanno dalla farsa alla commedia, con cui sono trattate tematiche di grande valenza come la spontaneità con la quale si esprime il basso ceto e il recitare nella vita di una borghesia sempre in gioco tra apparire ed essere. Gioco oggi dilatatosi a tal punto da appartenere a quasi tutta la società.
La pièce, ben ambientata come scenografia e costumi, dopo una certa flessione nella prova di Mala nova in cui riluce Giovanni Esposito nei panni di Attilio, simpaticissima e divertente spalla del capocomico, riprende brio e vigore mostrando la compagnia unita e dinamica con Gianfelice Imparato coinvolgente nel reiterato racconto della ‘buatta’ e nell’episodio del piede infortunato, Valerio Santoro validissimo interprete del piacevole e garbato Alberto De Stefano che per sfuggire a una situazione di estremo disagio introduce il tema della pazzia, caro all’epoca e fil rouge della restante parte della commedia, e Roberta Misticone nella parte di Bice, un’intraprendente donna lottatrice ante litteram per difendere la propria dignità.
Prosa
UOMO E GALANTUOMO
UOMO E GALANTUOMO
Visto il
16-10-2013
al
Manzoni
di Milano
(MI)