Sull’isola norvegese di Utøya un ragazzo norvegese ha assassinato sessantanove ragazzi, dopo aver fatto esplodere un’autobomba a Oslo e così ucciso otto persone.
“Ma come ho fatto a dimenticarmela? Una delle più grandi stragi in Europa, la più grande strage per la Norvegia. Mi considero una persona che si interessa per quello che succede, come mi è passato di mente?”. È ciò che si è chiesta la regista di Utøya, Serena Sinigaglia, quando ha letto Il silenzio degli innocenti, il libro di Luca Mariani da cui è stato tratto lo spettacolo con gli straordinari interpreti: Mattia Fabris e Arianna Scommegna.
22 luglio 2011
Sono passati poco più di cinque anni e ce ne ricordiamo appena: sull’isola norvegese di Utøya un ragazzo norvegese ha assassinato sessantanove ragazzi, dopo aver fatto esplodere un’autobomba a Oslo e così ucciso otto persone. Lo spettacolo Utøya però non è un memoriale, non è un atto di accusa. L’autore della drammaturgia, Edoardo Erba, scrive un testo che fa emergere da fatti realmente accaduti una verità che non può più rimanere nascosta: la strage norvegese ci riguarda da vicino.
Siamo responsabili dell’isolamento in cui si trovano sempre più individui, ridotti alla violenza; e, ancora più terribilmente, quella strage noi la mettiamo in scena ogni giorno in scala ridotta, quando rifiutiamo e annulliamo “l’altro” dalla nostra vita perché diverso da noi.
La scenografia: mozziconi di tronchi
Maria Spazzi ha realizzato la scenografia in collaborazione con la regista. L’idea nasce, secondo una dichiarazione di Serena Sinigaglia, dal progetto che è stato presentato per realizzare il monumento ai morti della strage. Una parte dell’isola verrà separata dal resto: quel giorno di Utøya è stato “Un taglio che non si può rimarginare”, dalle parole della regista.
Così i ceppi che sorgono sul palcoscenico sono spaccati a metà. Questa divisione assume molteplici significati: le vite recise in quel 22 luglio, il taglio netto che un evento simile dovrebbe segnare nella nostra coscienza, mettendo il mondo davanti all’evidenza di quello che lasciamo che accada ogni giorno davanti ai nostri occhi.