Danza
VAN GOGH

Grande coreografia dalla drammaturgia carente

Grande coreografia dalla drammaturgia carente

In Van Gogh, la nuova coreografia di Loris Petrillo presentata al teatro Vascello di Roma,  c'è prima di tutto Nicola Simone Cisternino, un danzatore dalle eccezionali doti fisiche e coreutiche che Petrillo, salito sul palco alla fine dello spettacolo a prendersi i meritati applausi, dichiara di essere felice ad avere in compagnia.

Petrillo dà filo da torcere al suo interprete richiedendogli non solo una resistenza fisica notevole ma anche un primato del corpo che, prima ancora di muoversi, esiste nello spazio, come quando, cosparso di polvere bianca, inneva l'aria che lo circonda.

Cisternino si dona con una generosità totale e si presenta come perfomer prima ancora che come danzatore. Così nel primo quadro indossa due girasoli montati su una maschera da sub che fungono da occhi (che in realtà gli permettono solamente una visione periferica)  e, così adornato, si muove sul palco, novello insetto floreale, bambino dedito alle prime esplorazioni dello spazio che lo circonda, diventando perfetta espressione della ricerca coreutica di Petrillo che fa della progettualità della occupazione dello spazio una premessa irrinunciabile per la danza.

Abilissimo nel prestarsi a un gioco pre-coreutico di interpretazione e restituzione di sentimenti basilari, tenerezza, curiosità, con una predisposizione ecolalica appena sgranata dal fraseggio infantile della lallazione, Cisternino sa incantarci con la possanza coreutica della sua danza che si piega alle esigenze quasi sadiche di Petrillo che gli chiede una prestazione al limite della performance atletica, rimanendo però squisitamente entro i confini della danza, con una energia straordinaria con la quale sostiene una grazia del movimento, grazie piuttosto che nonostante la muscolatura importante che gli permette di sviluppare passi quasi a terra, con le gambe flesse, oppure dei movimenti laterali, con le gambe incrociate in una posa che gli consente una mobilità degli arti inferiori limitata.

Oppure quando, con un rossetto intorno agli occhi, si muove, la schiena flessa all'indietro, in modo che la testa perfettamente frontale appaia sottosopra, la bocca al posto dagli occhi, diventando un'alterità squisitamente umana con una dolcezza del movimento direttamente proporzionale allo sforzo o alla resistenza fisica invisibili eppure necessarie per il mantenimento della posizione.

Una performance di una eleganza rara che scaturisce dal connubio perfetto tra coreografo e danzatore.

L'allestimento lascia invece a desiderare dal versante drammaturgico, di Massimiliano Burini,   là dove, secondo le intenzioni dichiarate nel programma di sala, ciascuno dei quadri rievoca un sentimento o uno stato patologico del Pittore: la sindrome depressiva generata dal forte bisogno di affetto; la ricerca di comunicazione con suo fratello Theo; la vocazione alla professione di predicatore; l'angoscia e l'inquietudine che trasformano egli stesso in un corvo; l'entusiasmo del periodo luminoso e bucolico ad Arles; lo scompenso morale che lo conduce in una strada tortuosa fatta di crolli,collassi e cadute morali; l'autolesionismo come incapacità di subliminare la propria sofferenza; la totale crisi personale che lo condurrà alla scelta estrema di morire. 

I portati drammaturgici associati a ognuno dei quadri coreutici risultano completamente illeggibili, limitandosi da approntare un discorso incapace di affrancarsi dal sentimentalismo romantico dell'artista folle e geniale, usando una tavolozza espressiva sconcertante per la sua ingenuità dove il dato biografico noto serve per spiegare il sentimento (presunto) dell'artista senza affrontare mai la sua produzione pittorica se non in banali riferimenti contenutistici ai suoi quadri:  i girasoli, il cappello di paglia (che Cisternino getta a terra a e calza grazie a una verticale per poi rialzarsi col cappello in testa), riferimenti esterni ed esteriori (i rettangoli di plexiglas che
Cisternino  sporca con dei colori grassi) con una mera funzione esornativa  che non sa farsi mai davvero drammaturgica.

Anche l'imput psicanalitico del Dott.Renzo Ovidi, altro elemento programmatico di distinzione del lavoro portato in scena, che vuole una riscrittura dell'immaginario collettivo su Vincent Vang Gogh, rimane solo come causa esterna che ha indotto Petrillo a pensare alla coreografia senza trovare spazio sulla scena dove i riferimenti all'uomo Van Gogh si muovono nell'ambito ben consolidato del freak che fa tenerezza o del genio artistico come follia e sregolatezza.

Rimangono il genio creativo di Petrillo e quello esecutorio di Cisternino; il riferimento a Van Gogh è invece poco più di un pretesto per assistere un'ora di grande danza.

 

Visto il 27-11-2013
al Vascello - Sala Studio di Roma (RM)