La compagnia BluTeatro, per la regia di Luca Bargagna, mette in scena presso la sala del teatro Piccolo Bellini, Verso occidente l’impero dirige il suo corso. Una piecé realizzata, senza l’adozione di alcun adattamento (come sottolineano le note di regia), dall’omonimo romanzo di David Foster Wallace; uno dei più acclamati autori della contemporanea letteratura americana.
In scena sei personaggi il cui comune scopo è raggiungere una cittadina dell’Illinois per radunarsi con gli altri quarantaquattromila attori, attrici, comparse che siano mai apparsi in uno spot della catena di fast-food più famosa al mondo, McDonald’s. Una riunione dove migliaia di persone, delle più varie estrazioni culturali e sociali, si incontreranno e mangeranno all’insegna del consumismo, sotto l’effige del marchio che più di tutti ne rappresenta l’essenza, per essere protagonisti dello spot più imponente mai realizzato prima. Un’immagine delle inquietudini contemporanee e di come queste, prima inoculate e poi ben indirizzate dai mass-media, siano concime alla più florida crescita del consumatore perfetto.
Luca Bargagna concretizza l’opera di Wallace utilizzando in modo del tutto predominante l’azione scenica, il recitato e la mimica degli attori, minimizzando oltre ogni limite possibile la scenografia, le luci, le atmosfere sonore. Pone quindi l’accento totalmente sul testo, sulla sua caratteristica verbosità - composta ad esempio da monologhi fiume - e sulla caustica critica alla società dei consumi che l’opera porta in sé. Ma se l’autenticità del componimento letterario trova forza, nella lettura e nel rapporto di singolarità che nasce tra autore e lettore, enfatizzando la ricchezza linguistica e l’ispirata analisi sociologica, diversamente, nella materializzazione scenica gran parte delle qualità dell’opera - estetiche e concettuali - risultato non adeguatamente calibrate e restano risucchiate nello sfrenato turbinio del recitato. Turbine che già dopo poche battute radicalizza lo straniamento dello spettatore nei confronti di ciò a cui assiste, perdendo rapidamente volontà nel proseguire nell’inseguimento dialettico offertogli.
Del resto l’appiattimento è strettamente legato all’assenza dei giusti chiaroscuri intorno ad evidenti elementi allegorici, macerando l’insieme in una sorda ritmica monotòna. Si prenda ad esempio lo scarno carattere che è dato ad elementi fortemente metaforici quali le rose che, essiccate e poi fritte, sono mangiate con inebetita espressione dai personaggi maschili; una vivida immagine di bellezza naturale vessata nella propria essenza e ridotta a rango di semplice bolo alimentare.
Resta in sala, un'elementare e manichea lettura della società dei consumi, sparuti sorrisi destati dagli aspetti più grotteschi della vicenda ed un forte senso d’incompiuto. Ne soffrono, purtroppo, i bravi attori di questa giovane compagnia che, salutati da un freddo applauso, ricevono una sola chiamata in scena.