Lirica
A VIEW FROM THE BRIDGE

La musica al servizio del libretto

La musica al servizio del libretto

Il teatro dell'Opera di Roma ha il merito di avere portato in Europa “A view from the bridge”, mai rappresentata prima nel vecchio continente. Ero a Chicago, negli anni Novanta, quando “A view from the bridge” veniva messa in cantiere alla Lyric Opera House, sotto la direzione di Bruno Bartoletti, esperto ed appassionato di musica del Novecento.
Il fatto che Arthur Miller, l'autore del dramma celeberrimo, ne curasse la riduzione in libretto (insieme a Arnold Weinstein) testimonia la diretta dipendenza del risultato musicale dalla versione teatrale. Infatti la musica di William Bolcom ha una parte non determinante (né dominante) nell'economia dello spettacolo, considerando la storia e il libretto (che contiene diverse parole in italiano), ma riesce a creare un clima di incombenze e il senso dell'attesa di una tragedia inevitabile. I riferimenti sono molti, soprattutto a Britten, ma con più asprezze.

La scenografia di Santo Loquasto presenta uno spazio interno ed esterno al tempo stesso, edifici tipicamente americani in mattoni rossicci fanno da corona ad un interno che ha evidenti richiami con il sud italiano (la Madonnina con il cero acceso davanti). Sullo sfondo vengono proiettate immagini di New York City, a cominciare dal ponte di Brooklyn a cui il titolo si riferisce, che sfuma nella costa siciliana col paesino arroccato sopra il mare. Le immagini di William K. Harrington, molto belle ed in bianco e nero, ambientano le scene dell'opera e sono fisse, se non talvolta scorrere verso l'alto per passare dal generale al particolare, ad esempio dalla veduta di Brooklyn alla casa dei Carbone.
I costumi, dello stesso Loquasto, situano l'azione negli anni Quaranta-Cinquanta, perfetti in ogni dettaglio, compreso lo scialle nero che talvolta Beatrice indossa (la sicilianità). Perfette le luci di Jeff Bruckerhoff nel creare suggestivi momenti.
La regia di Frank Galati, ripresa da Amy Hutchison, ha un andamento molto narrativo, evidenziando tutti i momenti della storia in modo che il pubblico segua e comprenda facilmente quanto si svolge in scena. Efficaci soprattutto i momenti chiave, quando Eddie non riesce a tagliare le radici con la sua Sicilia e si comporta da padrone nei confronti della nipote (figlia della sorella della moglie), da cui si scatena il dramma. Momenti che, anche musicalmente, sono i migliori.

Si sente che l'orchestra è stata ben preparata da Bruno Bartoletti, che quella partitura ha voluto e visto nascere a Chicago, sebbene, per una sua indisposizione, sul podio è salito David Levi.
Nel cast si sono distinti Kim Josephson (credibile e sfaccettato Eddie Carbone), John Del Carlo (Alfieri dal carisma di narratore), Marlin Miller (Rodolpho misurato e fascinoso, struggente nell'aria “I love the beauty of the view at home”), Mark McCroy (Marco cupissimo, che nella sua aria e nel finale si aggira negli abissi della partitura) e le due donne, Amanda Squitieri (Catherine giovane e innamorata) e Amanda Roocroft (Beatrice Carbone premurosa e concreta). Bene gli altri: Dale Travis (Louis), Patrizio Saudelli (Mike), Gregory Bonfatti (Tony). Con loro Arianna Morelli (a woman), Manola Colangeli (old woman), Mario Bellanova (first immigration officer) ed Enrico Cossutta (second immigration officer).
Il coro, ottimamente preparato da Roberto Gabbiani, rimane sempre nell'ombra della scena ed ha un po' il ruolo del coro nella tragedia greca.

Poco pubblico, tiepido. Interessante che nel programma di sala viene riprodotto il libretto di una precedente riduzione musicata da Renzo Rossellini ed andata in scena in prima assoluta al Costanzi nella stagione 1960-61 con la regia di Roberto Rossellini, protagonista Nicola Rossi Lemeni.

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