Musica
VINICIO CAPOSSELA - PANDEMONIUM

Capossela, un “Pandemonium” che sta imperversando per l'Italia

Vinicio Capossela
Vinicio Capossela © Luca A. D'Agostino

E' un concerto dall'andamento squisitamente narrativo, quello che Vinicio Capossela ha voluto battezzare Pandemonium, concepito nei mesi del lockdown ed ora portato nelle piazze di mezza Italia, dalla Puglia al Friuli.

La lunga pausa relegato fra le mura di casa, mentre fuori dilagava il morbo del Covid 19 mietendo le sue vittime, ha suggerito al cantautore irpino – trent'anni dal primo album, ben quattro “Targhe Tenco” più un “Premio Tenco alla carriera” - una serie di considerazioni che sono servite da appropriato trait d'union all'esecuzione di alcuni titoli del suo repertorio, scelti in libertà ma peraltro ben interconnessi fra loro. Alcuni tratti da Il bestiario d’amore, l'ultimo CD pubblicato lo scorso febbraio.

Teatro, letteratura, folklore

Oltre alla bellezza della musica, c'è molta teatralità, e molto folklore nel suo proporsi; oltre ad una bella dose d'insinuante ciarlataneria strapaesana, come è nel suo carattere. E' un menestrello seducente che veste di rosso fuoco, muta di continuo cappello, si presenta dietro uno strumento iperbolico e coloratissimo, che rappresenta un organo da fiera ma dietro nasconde una moderna elettronica. Di lì a poco siede però ad un tradizionalissimo piano a coda Fazioli, regalandoci così i momenti migliori della serata. Perché, si voglia o no, Capossela è una dei cantautori più profondi e appassionanti del panorama musicale nostrano.

Commenta il titolo del suo concerto: Pandemonium è unione di “Pan” il satiro, dio figlio di tutte le divinità, e “demonium”, creatura fantastica sospesa tra umano e divino. Ma è anche l'insieme di tutti i dèmoni che si possono scatenare in un nefasto tempo di pandemia come quello attuale. Senza dimenticare che in un periodo di isolamento, come quello trascorso da noi tutti, può capitare anche di dover fare i conti con i propri dèmoni interiori. 

Così l'itinerario musicale parte inevitabilmente da La peste, pezzo ideale per aprire il concerto e avviarne l'argomento, per passare a Il Grande Leviatano, e approdare alla trasognata I pianoforti di Lubecca. Brano che Capossela dedica ai tanti anziani morti in desolata solitudine, lontani dai loro cari.

Uno stile che viaggia per il mondo

Il suo stile è dilagante ed onnivoro, poiché si nutre di suoni e culture di tutto il mondo: jazz e rock, chansonniers e Paolo Conte, l'America aspra di Tom Waits, tra ritmi balcanici e cadenze latine, tra frenetica taranta e bande da feste paesane. Personaggio un po' dark, un po' sognatore, un po' istrione, i suoi testi sono autentica letteratura. 

Sempre sul filo di una finissima poesia, passa a Come una rosa, e poi all'estatica Perfetta Letizia. C'è subitaneo cambio di climax quando imbraccia la chitarra elettrica prima, l'acustica poi per Nuove tentazioni di Sant'Antonio e il sarcastico Il testamento del porco. Dopo però sceglie di ritornare a temperie più introspettive con Uomo vivo, Canto all'alba, ed infine Ovunque proteggi, con cui si congeda dal suo pubblico.

Preziosi supporti sonori

Lo accompagna un musicista poliedrico come Vincenzo Vasi, uno che gioca con la musica, evoca dal nulla basi sonore, 'suona' la voce umana, si sbraccia alle percussioni più varie. E' virtuoso del Theremin, della marimba, del vibrafono, delle tastiere più strane. Un talento incredibile, in definitiva, che non fa certo mancare una vera orchestra. 

In scena c'è anche Raffaele Tiseo, al violino prima all'organo poi. Alcuni arrangiamenti di questo spettacolo che vola per un'ora e mezzo, rivela Capossela, sono suoi. Il suo nome, in effetti, c'era anche in fondo a Ballate per uomini e bestie”.

Visto il 12-09-2020
al Chiostro di San Francesco di Cividale del Friuli (UD)