Nei giorni delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia è benvenuto ogni contributo alla storia sociale nazionale, anche quella musicale, di cui è parte rilevante Domenico Modugno. Ho recentemente letto con piacere in tal senso Paolo Prato, “La musica italiana”, edito da Donzelli.
Lo spettacolo ha due parti molto diverse. La prima è napoletanamente popolaresca. Si sente lo sciabordio del mare e l'apertura del sipario rivela un filo di panni bianchi stesi: lenzuola, tovaglie, camicie e mutande. Gennaro Cannavacciuolo è vestito da casa (rectius da camera) e percorre le canzoni dialettali di Modugno atte a ritrarre macchiette: “'O ccafè”, “La donna riccia”, “La cicoria”, “U pisci spada”, “Io, mammeta e tu”. Cannavacciuolo introduce le canzoni con naturalezza e la consueta brillantezza, presentando i personaggi e le storie delle canzoni come fossero personaggi e storie di commedie teatrali. Sfilano sotto i nostri occhi il bambino alle prese coi doppi sensi del caffè (Cannavacciuolo scende in platea ad offrire davvero caffè al pubblico), Concetta Calò di Palermo bassa -chiatta -riccia, il pescatore, il marito che va al mercato a comperare la cicoria, il fidanzato che non riesce a star solo con l'amata. Pare di starci in quella Napoli, tanto è convincente Cannavacciuolo con atteggiamento e dialetto.
Commovente il dialogo tra madre e figlio estratto da “Tommaso d'Amalfi”, in cui la mamma (la voce struggente di Pupella Maggio) e Masaniello si confrontano nell'unica commedia musicale scritta da Eduardo De Filippo (1963, per Modugno).
Dopo l'intervallo l'atmosfera è evidentemente diversa, a cominciare dal telo di fondo scena, nero luccicante e dall'abbigliamento dei musicisti e del protagonista, nero elegante, che fa un po' Cabaret. Dunque bianco nella prima parte per Napoli e la viva realtà quotidiana, nero nella seconda parte per l'amore. Ecco “Meraviglioso”, “Tu si' 'na cosa grande”, “Resta cu' mme”, “Dio, come ti amo”, “Piove”, fino a “Vecchio Frac” interpretata ballando il tip tap alla maniera di Fred Astaire (con tanto di cilindro e bastone) e “Nel blu dipinto di blu”.
Cannavacciuolo racconta la genesi dello spettacolo, in quel 1987 in cui incontrò personalmente Domenico Modugno che, dopo l'incidente, si era dato alla politica. Non può mancare il ricordo locale, i mesi passati a Tolentino a preparare Cabaret per la compagnia della Rancia, poi anche “Dolci vizi al Foro” e “Le notti di Cabiria”, in quel teatro Vaccaj che ancora aspetta di essere restaurato dopo l'incendio.
Gennaro Cannavacciuolo è artista multiforme, recita, canta, balla; improvvisa, diverte, commuove con un talento fatto di naturalezza e misura, ironia e una leggerezza impregnata di spessore.
La parte musicale è stata arrangiata in modo originale da Marco Bucci, che accompagna al pianoforte insieme ad Andrea Tardioli (fiati e legni) e Claudia Della Gatta (violoncello). I movimenti coreografici sono stati curati da Leda Lojodice e la regia dallo stesso Cannavacciuolo con Marco Mete.
Non mancano i bis a grande richiesta, finendo con “Volare” cantato dal pubblico: a suo modo anch'esso un inno nazionale. Teatro gremito, vivo successo con applausi interminabili e calorose richieste di bis.