Lirica
WERTHER

A Modena un “Werther” dai tratti puliti e lineari, col debutto d'eccellenza di Francesco Demuro

Werther
Werther © Rolando Paolo Guerzoni

Ormai si naviga sempre più a vista. Questo Werther ideato da Stefano Vizioli aveva visto la luce al Teatro Sociale di Como, a fine ottobre - dunque ancora in presenza di pubblico - puntando sui giovani vincitori dell'ultimo Concorso AsLiCo, nell'ambito d'una produzione in collaborazione tra Opera Lombardia ed i teatri di Modena, Reggio Emilia, Ferrara e Pisa. Cancellato al momento ogni evento per Covid-19, ovvio che per le ulteriori tappe del drame lyrique di Massenet si vedrà.

Solo il Teatro Pavarotti di Modena è riuscito a portarlo comunque in scena, ça va sans dire a sala vuota, trasmettendolo in differita il 4 dicembre sulla piattaforma Opera Streaming dove sarà disponibile per qualche mese. Medesimo il direttore – Francesco Pasqualetti – ma con due protagonisti diversi, vale a dire Francesco Demuro e Veronica Simeoni.

Veronica Simeoni e Francesco Demuro


Pasqualetti l'avevamo lasciato nel febbraio scorso a Trento, dove aveva concertato un bel Don Giovanni. Ci piace constatare che la stessa trasparenza e leggerezza strumentale la ritroviamo qui, accompagnata sempre da grande musicalità e delicata sensibilità, con scelta di tempi pertinenti e un appropriato disegno drammatico. Lo sostiene la brava Filarmonica dell'Opera Italiana Bruno Bartoletti; a ranghi ristretti, perché si fa ricorso all'orchestrazione 'ridotta' di Peter Ekman/Casa Sonzogno, soluzione buona per il distanziamento. Ma che comporta inevitabilmente un minor peso strumentale.

Un debutto sensazionale

Francesco Demuro debutta nei panni di Werther, aggiungendosi al novero di grandi interpreti nostrani, campioni di questo liricissimo ruolo. Elenco che include fra altri i nomi illustri di Gigli, Schipa, Tagliavini, Di Stefano, Corelli, Bergonzi. Che dire? Prova superata a pieni voti. La dizione francese è sciolta; il timbro è morbido e piacevole, il fiato generoso mai fuori controllo, bella la varietà di sfumature e mezze tinte. Pieno il centro, mentre tutto il registro superiore è dolce ed incisivo, con acuti agevoli e dallo smalto lucente; ed un fraseggio sorvegliato assevera l'evoluzione psicologica del personaggio, carico di malsana nevroticità, sino alla catarsi finale. 

Francesco Demuro


Accanto, Veronica Simeoni è di nuovo una emozionante Charlotte, ruolo affrontato già ad inizio carriera, e che ha accompagnato nel 2017 il suo trionfale ingresso al MET di New York. Senza contare che nel repertorio francese si trova a suo agio. La resa introspettiva della giovane donna, ricca di annotazioni interpretative, risulta concentrata e sbalzata: emerge così una figura a tutto tondo, carica di introversa malinconia eppure non priva di carnosa sensualità. Vocalmente parlando, la figura è sostenuta da un timbro di velluto setoso, da una voce espansiva e prodiga, capace di sottili finezze, dando per esempio assoluta concretezza all'intenso dolore di un“Va! Laisse couler mes larmes”.

Valido ed efficace anche il rimanente della compagnia. Maria Rita Combattelli è una Sophie lodevole, fresca e mai zuccherosa; Alberto Comes un distinto, spiritoso Bailli; Guido Dazzini un credibilissimo Albert; magistrali Nicola di Filippo e Filippo Rotondo nei panni di Schmidt e di Johann. Bravi pure i sei fanciulli del Coro di Voci Bianche modenese, preparati da Paolo Gattolin.

Veronica Simeoni e Francesco Demuro

Uno spettacolo pulito, lineare, funzionale

Stefano Vizioli ha messo in piedi un Werther di valenza intimistica, e dai tratti minimalistici; uno spettacolo lineare e molto pulito, che punta molto sui dettagli recitativi, sulla sapiente gestualità, persino sullo scambio di sguardi. Nel Preludio vediamo Charlotte, anziana e in carrozzella. La ritroveremo identica nel tragico finale, ad intrecciare un dialogo immaginario, a distanza, con il suo Werther morente; un lungo flashback, con lei che ripercorre la sua storia come un angoscioso incubo. 

Grande teatro, senza dubbio, cui ha contribuito quale assistente Pierluigi Vannelli, e che non è sminuito dalla ripresa televisiva. Un ruolo decisivo lo rivestono le scarne soluzioni scenografiche di Emanuele Sinisi ed Eleonora De Leo – un grande spazio dal fondale bianco, due porte ai lati, pochi significativi oggetti di scena - le accorte luci di Vincenzo Raponi, le moderne video proiezioni di Imaginarium Creative Studio: immagini di trasparenze vegetali, frasi del libretto, volti che si baciano, rivoli di inchiostro come sangue. I bei costumi di Anna Maria Heinrich di contro ci riportano all'epoca di Goethe, allo scadere del '700.

Visto il 04-12-2020