Musical e varietà
WEST SIDE STORY

I 'teddy boys' sono tornati a Torino

I 'teddy boys' sono tornati a Torino

Un debutto che nulla ha da invidiare alla “prima” della Scala, quello di questa settimana al Regio di Torino, dove fino all’11 dicembre è in scena West Side Story, capolavoro di Leonard Bernstein, Jerome Robbins, Arthur Laurents e Stephen Sondheim,  - unica tappa italiana dell’allestimento prodotto da Michael Brenner, da anni portato in tour mondiale da BB Promotion GmbH - il solo a riproporre la regia e le coreografie originali di Jerome Robbins, riproposte da Joey McKneely.

A Torino si è tenuta proprio la prima rappresentazione italiana di questo musical: era il 29 aprile 1961 e West Side Story – adattamento del celebre Romeo e Giulietta di W. Shakespeare -  fu scelto dal Comitato organizzatore per inaugurare per inaugurare gli spettacoli di Italia ’61 sul palcoscenico del Teatro Alfieri.  Allora la critica parlò con curiosità dei “teddy boys” newyorkesi, imprimendo allo spettacolo un taglio sociologico di sicuro richiamo, per quegli anni; il racconto di “una giovinezza smarrita, sognante e tradita, che cerca uno slancio dai propri errori”. Al centro di tutto questo, la giungla urbana della New York anni Cinquanta, teatro dell’amore sfortunato tra due giovani, Tony e Maria, la cui felicità è distrutta dall’odio tra le due bande rivali alle quali appartengono: i Jets (americani) e gli Sharks (portoricani).

L’impeccabile direzione d’orchestra è affidata a Donald Chan, oggi riconosciuto quale miglior esecutore della partitura di Bernstein, con il quale ha studiato: in certi momenti sembra davvero di ascoltare la colonna sonora di un film, dal ritmo travolgente, tra percussioni e il suono di campane.

Le intramontabili e frenetiche coreografie originali, il disegno geometrico, sobrio e privo di orpelli delle scenografie (che si “aprono” letteralmente su coerenti videoproiezioni, ndr) e il dinamismo delle luci (una “festa cromatica” per gli occhi, ndr) sono gli elementi maggiormente distintivi di uno spettacolo completo. Anche se il cast, nel suo complesso, a livello interpretativo, induce a esprimere qualche riserva: alcuni personaggi dimostrano qualche difficoltà ad “arrivare” al pubblico, risultando poco efficaci; è il caso, ad esempio, di Riff (Beau Hutchings, voce debole nel canto e una presenza scenica non esattamente da leader, ndr) e di Schrank (Michael Scott, il quale non riesce a trasmettere quella disinvolta autorevolezza che rende “magnetico” il personaggio, ndr).

Kevin Hack con il suo timbro corposo e avvolgente (che ricorda vagamente  Ramin Karimloo nel webberiano Phantom, ndr) esprime l’essenza romantica del personaggio di Tony, fin dall’esecuzione della celebre Maria.
Jenna Burns è una consapevole e determinata Maria, che aspira all’emancipazione; qualcosa, nella sua tessitura vocale, ricorda l’interpretazione di Minnie Driver come Carlotta Giudicelli nella versione cinematografica di The Phantom of the Opera.
Insieme, i due offrono un’esecuzione toccante del brano Somewhere; una scena particolarmente apprezzata anche per la scelta di rappresentare i personaggi in scena completamente vestiti in bianco.

Inoltre, il brano Gee, Officer Krupke rappresenta l’espressione più significativa, in chiave parodistica, ma concreta del disagio giovanile, già attuale 60 anni fa, almeno quanto lo è oggi; e mette in risalto, a livello interpretativo, l’intera gang dei Jets, ma in particolare l’irruento Action (Joe Bigelow) e il tenero Baby John (Daniel Russell).

In generale, la regia di Joey McKneely, ripresa dall’originale, ha reso questo ritorno di West Side Story a Torino un’esperienza memorabile.

Visto il 06-12-2016
al Regio di Torino (TO)