Le intramontabili coreografie originali del mito Jerome Robbins sono fedelmente riprodotte in questa versione italiana da Gail Richardson e rappresentano l’elemento che più di ogni altro rende completo lo spettacolo.
Dopo vent’anni di assenza dai palcoscenici italiani, è tornato in scena West Side Story, considerato dalla critica il “capolavoro del teatro musicale”.
Lo spettacolo arriva in Italia grazie a un accordo stipulato – al di là dell’esclusiva con una produzione tedesca che, da anni, porta in tour mondiale lo spettacolo in versione originale - tra MTI Shows (l’agenzia che ne detiene i diritti a livello internazionale) con la Wizard Productions, che in collaborazione con La Scuola del Musical di Milano, ha realizzato l’allestimento italiano firmato da Federico Bellone, che, con evidente impegno, tenta di coniugare la tradizione del musical e – perché no? – dell’opera lirica con un gusto della modernità tutto italiano, attuale ed elegante.
Nell’adattare la versione italiana, Franco Travaglio si è accostato al libretto di Arthur Laurents, con liriche di Stephen Sondheim, con evidente impegno, cercando soprattutto di rendere attuale la straordinaria carica emotiva – e a tratti anche brillante – del testo.
Le intramontabili coreografie originali del mito Jerome Robbins sono fedelmente riprodotte in questa versione italiana da Gail Richardson e – senza perdere la loro freschezza e dinamicità – rappresentano l’elemento che più di ogni altro rende completo lo spettacolo (particolare notato in precedenza anche nell’allestimento del musical Fame, realizzato, sempre a Milano, dal medesimo team creativo italiano, n.d.r.).
Torna protagonista sul palcoscenico la coppia di innamorati formata da Luca Giacomelli Ferrarini ed Eleonora Facchini (già visti insieme nel musical Fame, n.d.r.), questa volta impegnati a rappresentare l’amore contrastato tra Tony e Maria, al centro della lotta per la sopravvivenza tra due bande giovanili rivali – gli americani Jets e i portoricani Sharks – accompagnati dalle indimenticabili musiche di Leonard Bernstein.
Luca Giacomelli Ferrarini si cala con passione nel ruolo di quello che lui stesso considera “l’eroe romantico per eccellenza”, mettendo le proprie doti interpretative a servizio del personaggio di Tony. I risultati raggiunti sono anche convincenti, tuttavia non cancellano dalla memoria l’anima strettamente “rock” – assai più vibrante ed efficace – che il performer è solito sfoggiare in altre interpretazioni (per rimanere in tema, basti citare il Mercuzio di Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo, n.d.r.).
La giovane Eleonora Facchini sembra incarnare una perfetta Maria/Giulietta nel tentativo di superare l’atmosfera di paura che la circonda. Ma questo solo nelle sembianze di un personaggio, che nonostante la gradevole voce, della performer non “arriva” completamente al pubblico.
Chi invece arriva al pubblico con sorprendente naturalezza è Simone Leonardi (Schrank): a ogni suo ingresso in scena, cala un silenzio, immediato e “materiale”, come qualcosa che si possa toccare, sia sul palcoscenico, che in platea; segno di momenti che si seguono con attenta partecipazione (questa è la forza del testo originale), ma soprattutto di una sicura padronanza dello spazio scenico e del mestiere di attore da parte dell’interprete.
Molto convincenti anche gli altri due ruoli adulti: Doc (gipeto) e Krupke (Silvano Torrieri).
Simona Distefano è una passionale e vibrante Anita; Giuseppe Verzicco, nel ruolo di Riff, evidenzia la propria disposizione a ricoprire ruoli da leader, in questo spettacolo ancora di più rispetto al Danny Zuko di Grease.
Si fanno notare per la loro interpretazione, soprattutto nel brano Gee, Officer Krupke, anche Samuele Cavallo (Action), Paky Vicenti (Baby John) e Giorgia Arena (Anybodys). Da segnalare, in questo spettacolo, il ritorno sul palcoscenico, dopo una lunga parentesi televisiva, di Mirko Ranù (Diesel).
Martina Cenere canta la canzone Un posto per vivere (Somewhere), che nell’edizione italiana è interpretata in voice over durante un sogno nel quale i due protagonisti e la compagnia danzano, esprimendo preoccupazione per il futuro.
Riconoscendo l’impegno generale di tutte le persone coinvolte, dal regista, al produttore a tutte le maestranze, uscendo dal teatro si ha l’impressione di aver assistito a uno spettacolo pregevole, che resta comunque un’operazione “a rischio”, in un teatro che tradizionalmente dedica gran parte del proprio cartellone alla prosa. Probabilmente West Side Story è il titolo più adatto ad aprire la strada al musical all’interno delle programmazioni dei teatri lirici…