Wim Vandekeybus è presente alla nona edizione di Equilibrio con ben due coreografie Booty Looting e What the Body Does Not Remember.
Quest'ultimo è il lavoro con cui il coreografo belga esordì nel 1987. Ripresentata oggi con una nuova formazione What the Body Does Not Remember sorprende per la complessità e la precisione della sua esecuzione richiedendo a chi la esegue, oltre alle doti coreutiche, delle spiccate doti atletiche.
Doti che si esplicano e trovano modo senza mai allontanarsi davvero dal movimento coreutico prendendo vita ed energia dalla danza perchè ogni salto, ogni lancio di oggetto, ogni scambio di indumento ogni gesto e movimento ha in sé una eleganza e una ,leggerezza che sono della danza e non della performance.
Una danza che nasce sempre nella musica di Thierry De Mey e Peter Vermeersch la cui partitura pressante costituisce uno dei fulcri di uno spettacolo che è una gioia per gli occhi e per le orecchie.
Ciò che il corpo non ricorda - questa la traduzione letterale del titolo - si concentra sui quei momenti della vita di ognuno e ognuna di noi in cui non si dispone di una scelta, quando le cose e gli altri decidono per te, come innamorarsi, o il secondo prima dell'incidente che deve accadere, come spiega Wim Vandekeybus nel programma di sala.
Quei momenti cioè in cui il corpo è percorso da un'energia incontenibile troppo preso a muoversi e reagire per ricordarsene le cause.
L'improvviso e l'imprevisto codificati nella scrittura coreografica di uno spettacolo teatrale che ripropone, cioè, a ogni replica, le stesse forme e gli stessi movimenti.
Una contraddizione che diventa la cifra estetica dello spettacolo e ne garantisce la riuscita: codificare in una forma data l'organica e imprevedibile eccezionalità dell'esistenza umana attraverso una serie di analogon dove l'esperienza concreta e il movimento cui sono chiamati a dare vita i danzatori e le danzatrici. What the Body Does Not Remember è sviluppato in quadri distinti ma non impermeabili, dove elementi di un quadro possono ricomparire anche nei quadri successivi (come varianti o riproposizioni).
L'effetto del ritmo sul corpo è il tema del primo quadro nel quale due performer sono costretti al movimento indotti dal ritmo prodotto da un'altra performer che percuote e struscia la superficie di un piccolo tavolino collegato a un sensore che ne amplifica il suono.
I due perfomer lavorano e danzano rimanendo a terra tutta l'energia serve loro per vincere momentaneamente la gravità che li riconduce sempre in posizione prona o supina.
Nel quadro successivo ogni performer esplora le diverse possibilità di usare dei mattoni biancastri e friabili per muoversi: usati come supporti sui quali scivolare, sollevarsi da terra soprapponendoli in un perfetto equilibrio solo apparentemente precario, mentre elementi di disturbo si immettono in questa esplorazione solitaria che diventa presto competizione giocosa e parossistica, dove qualcuno rimane isolato, qualcun altro lancia i mattoni per aria apparentemente senza che ci sia qualcuno predisposto a riceverli (ma i mattoni a terra non cadono mai) mentre le persone si incontrano, si relazionano, si uniscono, si separano.
Il pubblico è chiamato a seguire attivamente seguendo questo o quel movimento questo o quel gruppo non potendo guardare tutto contemporaneamente scegliendo anch'esso con spontaneità e d'improvviso cosa seguire e perchè sostenuto solamente da un riverbero emotivo scaturito dalla pura performatività coreografica di uno spettacolo che non racconta, non si ammanta di una narrazione, eppure, lo stesso, ci parla.
Nel terzo quadro in una danza rituale tra dominati e dominanti alcuni danzatorie danzatrici pestano i piedi a terra costringendone altri a un ritmo che scaturisce dalla necessità di sottrarsi, scansarsi per non essere schiacciati. I movimenti di danza qui elegantissimi e di una fluidità impeccabile diventano il linguaggio prossemico delle relazioni umane dove non contano le differenze di genere ma la potenza e il tipo (la qualità) dell'emozione con cui ci si relaziona con qualcuno e qualcuna.
L'eleganza, la sottile ironia, la precisione sorprendente di ogni movimento (quando ti infili una giacca due taglie più piccola c'è smepre qualcuno che casualmente ti passa vicino per tirartela e farla scendere sulla schiena) trova modo grazie a un gruppo di danzatori e danzatrici molto diversi tra loro nell'altezza ma tutte e tutti accomunati dalla stessa padronanza fisica dove la morbidezza del movimento breve costruisce un modo di danzare che sa usare la forza muscolare senza dare mai inutili dimostrazioni di potenza con una modestia esaltata dalla grandezza della loro bravura.
Una coreografia ad alto tasso emotivo, priva di una vera scansione narrativa, perchè il movimento e la relazione tra i e le performer vale di per sé e non per il suo alludere a qualcos'altro che, comunque, è presente e aleggia e percorre sotterraneamente l'ordito di un movimento e di un linguaggio coreutici che se sorprende oggi possiamo solo immaginare quanto sorprese il pubblico del 1987 quando la coreografia venne presentata per la prima volta.
Il pubblico applaude e applaude mentre gli e le interpreti ringraziano e si inchinano e escono diverse volte a prendersi gli applausi di un pubblico che proprio non vuole smetterla di applaudiere....
Forse, quando tutto è detto e fatto, il corpo non ricorda neppure e tutto è una illusione sottile di mancanza che aiuta a definire o esaurire il gioco. Wim Vandekeybus