Per un pubblico abituato a Netflix, il formato a puntate è molto allettante, ma il rischio di rinchiudere i grandi conflitti shakespeariani in turbolenti personaggi da fiction è dietro l’angolo. La recensione dello spettacolo
Riccardo II ed Enrico IV sono le prime due puntate del progetto Who is the king, ideato da Lino Musella e Paolo Mazzarelli che ancora una volta tornano a lavorare insieme con l'aggiunta stavolta di Andrea Baracco. Per un pubblico abituato a Netflix, il formato a puntate è molto allettante, ma il rischio di rinchiudere i grandi conflitti shakespeariani in turbolenti personaggi da fiction è dietro l’angolo.
I primi due episodi
Lino Musella e Paoli Mazzarelli si sono occupati della drammaturgia e della regia delle prime due puntate della serie: Riccardo II ed Enrico IV. Il testo così tagliato reagisce bene al palcoscenico: non si avvertono difficoltà a seguire lo svolgimento e a seguire le relazioni tra i personaggi che si susseguono in scena. La scenografia è molto semplice, ma d’effetto. La regia in questo caso sceglie di definire con precisione pochi luoghi, rischiando però di creare in scena un accumulo di segni. Capita infatti che compaiano oggetti o simboli (un respiratore, sabbia per terra, un’altalena e altro) molto comunicativi, che però vengono sfruttati in funzione narrativa nell’arco di una sola scena, per poi non essere più ripresi. Tutto ciò toglie profondità alla comunicazione facendo dei simboli posti in scena degli elementi puramente estetici e non invece portatori di un senso che dia forza all’intero testo.
Atmosfera e profondità
Un grande trabocchetto delle tragedie shakespeariane è quello di curarsi di più di dipingere un’atmosfera che di creare un vero arco tragico. In questo caso, tra i due, è più Riccardo II a cadere a tratti in questa trappola, finendo per far apparire i personaggi (escluso Riccardo) su due dimensioni, creando un “effetto fiction”- cosa che comunque funziona, ma riduce non di poco la potenzialità comunicativa del testo. Le vicende vengono allontanate dallo spettatore che si sente “al sicuro” dalle dinamiche che vede verificarsi in scena.