Prosa
ZIO VANJA

LO ZIO VANJA, L'IMPOSSIBILITA DI VIVERE

LO ZIO VANJA, L'IMPOSSIBILITA DI VIVERE

Ci sono realtà che nonostante grandi trambusti restano sempre identiche a sé stesse.
Ci sono persone tanto chiuse e monotone che nonostante siano mosse dentro dal desiderio di andare oltre le proprie abitudini e la banale quotidianità, restano sempre identiche a sé stesse e aggrappate alle comode sicurezze.
Ci sono realtà e persone incastrate nel fascio di limiti che fanno loro da prigione.
Di questo parla il capolavoro di Cechov, dell’incapacità di vivere davvero.
È ambientato nella Russia decadente di fine ‘800, e i protagonisti, ciascuno con il proprio temperamento, si agitano come criceti in gabbia senza raggiungere i propri obiettivi.
Ma cosa accade quando uno dei capolavori del teatro cechoviano, come Zio Vanja, incontra uno dei registi più anticonformisti della storia del cinema italiano, come Marco Bellocchio? È questa la curiosità che muove a vedere lo spettacolo. E la curiosità viene soddisfatta da una regia fatta di dettagli cinematografici applicata alla scena teatrale, come l’uso di microfoni che permettono a uno zio Vanja di sussurrare, da una sapiente ricostruzione minuziosa delle atmosfere sospese e inquietanti, dall’esemplare uso di luci e cambi scena. E poi a lavorare sotto la direzione di Bellocchio c’è un cast stellare: Pier Giorgio Bellocchio (Astrov), Anna Della Rosa (Sonja), l'ucraina Lidiya Liberman (Elena), Bruno Cariello (Telieghin), Maria Lovetti (Balia), Marco Trebian (l’Operaio) e Lucia Ragni (la madre), sebbene svettA su tutti la magistrale interpretazione di Sergio Rubini che veste con naturalezza i panni di Zio Vanja, supportato da  un Michele Placido, che con altrettanta spontaneità interpreta il professor Serebriakoff, il cognato di zio Vanja e marito di secondo matrimonio della bella Elena. Degna di lode è l’interpretazione di Maria Lovetti, delicata e ironica, è lei che riesce a strappare qualche risata al pubblico.
La storia si svolge nella casa di campagna ereditata dal professore, ma da sempre amministrata dallo zio Vanja e da sua nipote Sonia. Appena Serebrjakoff comunica a Vanja che è intenzionato a vendere il podere, lo zio Vanja esce fuori di testa e mosso dal suo temperamento focoso, tenta prima di uccidere il professore con due colpi di pistola, poi di suicidarsi. Ma sono solo tentativi perché neanche lui come gli altri protagonisti è in grado di  fare delle azioni che arrivano a conclusione.
E così tutto torna come prima. Perché in fondo è cosi, certe persone possono essere salvate solo da un sogno che non si realizzerà mai: il pensiero che il futuro, anche se nell’aldilà, sarà migliore.
 

Visto il 03-12-2013