“Tutto inizia con i morti”. Due attori rinchiudono in un teatro gli spettatori che diventano aspettatori di un evento apocalittico, il ritorno di orde imprecisate e fameliche di morti non-morti .
I dialoghi sono surreali e affannati, interrotti da continui allarmi che generano panico e reazioni convulse. Tutto è lecito per la salvezza e vengono fornite le regole di sopravvivenza in un decalogo scritto , che viene continuamente citato in maniera forsennata.
L’atmosfera è esilarante, Elvira Frosini e Daniele Timpano enucleano in questa situazione paradossale una quantità di elementi, che rimandano alla vita passiva e stereotipata non molto dissimile dalla non vita. La confusione dilaga sia nell’agitazione esasperata e molto efficace sul piano scenico, sia nel contenuto della narrazione, che lascia nel dubbio lo spettatore su quale sia l’identità dei protagonisti, quale sia l’apocatastasi temuta e chi sia il nemico da combattere. Non è risparmiata alcuna bruttura di azione o giudizio: i protagonisti, se avessero un figlio, lo mangerebbero per sfamarsi durante l’assedio, confermando il sospetto della mancanza di confine tra il bene e il male, l’umanità dei vivi e la crudeltà degli zombi.
L’invasione degli zombie, che appaiono in forma di allucinati manifestanti con cartelli che contestano la morte della società odierna che oscura ogni vitalità, è anch’essa un’incognita non risolutiva. Non ci sono buoni o cattivi, solo individui morti e stanchi, laddove la morte forse, ma il forse è l’interrogativo non risolto, può costituire un inizio.
Proprio i nostri protagonisti, dopo aver recitato per la maggior parte della serata nel proscenio, guardando al di là del sipario una realtà imminente, appaiono, nel finale, sulla scena a sipario aperto, ormai rivelati nella loro identità di morti viventi in decomposizione, bisognosi di mangiare altri esseri. Sono rassegnati e in loro ogni crudeltà si è spenta per lasciare il posto ad una solidarietà reciproca che li porta a sfamarsi a vicenda in armonia.
Strano finale certo non risolutivo, aperto a riflessioni e critiche di ogni genere.
Resta un testo ricco e propositivo di spunti, un ritmo eccitato e coinvolgente e un’interpretazione ottima di due attori che hanno proposto un tema sfruttato dalla narrativa e dalla cinematografia in modo atipico, caustico e mirato ad aprire riflessioni ad ampio raggio.
Splendidi Elvira Frosini e Daniele Timpano nella lucida pazzia e nella capacità di coinvolgere e attirare il pubblico in un grosso inganno collettivo, che diverte inquietando.