Alfonso Maria Biuso

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Spettacoli

Fenicie
Fenicie

Contenuti redazionali

Lab I FISICI di Friedrich Dürrenmatt
Il laboratorio si rivolge a tutti coloro che hanno  almeno due anni di formazione teatrale. Il percorso si focalizzerà su uno dei testi più famosi dell’autore svizzero Friedrich Dürrenmatt Il laboratorio sarà affrontato da tutto il gruppo come una vera produzione teatrale partendo dall’analisi del testo, alla costruzione dei personaggi e alla messa in scena. Costo: 650 euro compreso di quota associativa e assicurazione Periodo: Novembre/Giugno  (Inizio 3 nvembre) Giorno : Tutti i Martedì  Luogo: Spazio Macrò Maudit – Via Bullona,22 Milano Coordinatore: Francesco Leschiera Debutto: 11 giugno 2016 ore 21 , replica 12 giugno ore 21 Teatro: Spazio Tertulliano Costo biglietto: 5 euro(l’intero incasso verrà diviso tra gli attori) Info: Email teatrodelsimposio@gmail.com Sito https://teatrodelsimposio.wix.com/teatrodelsimposio Facebook: https://www.facebook.com/Teatro-del-Simposio-526025800788952/timeline/ I fisici (Die Physiker) è una commedia grottesca in due atti scritta dal drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt. Il testo viene pubblicato nel 1961 e vede il suo debutto il 21 febbraio 1962, sotto la regia di Kurt Horwitz alla Schauspielhaus di Zurigo. Il testo viene riscritto nel 1981 con l'apporto di alcune modifiche. L'autore sceglie di cambiare uno dei personaggi maschili principali in Mathilde von Zahnd e di suddividere l'opera in scene. Trama La commedia narra di un fisico nucleare, Möbius, che scopre la formula universale del sistema per tutte le scoperte. Onde evitare che i suoi studi finiscano nelle mani sbagliate si fa internare in una casa di cura, Les Cerisièrs, fingendosi pazzo. Lo seguono, inscenando la stessa malattia, un agente segreto americano che fa finta di credere di essere Newton, e una spia comunista, che dice di credersi Einstein. Questi intendono impadronirsi della formula segreta, ma al termine della pièce l’unica persona che riuscirà a ottenere le carte sarà la proprietaria della clinica, Mathilde von Zahnd. L’unica vera folle, che intende assoggettare tutto il mondo con la scoperta di Möbius.
Infinita leggerezza
La storia di Cio-Cio-San è senza dubbio una vicenda universale che vede in scena figure di sfruttati e sfruttatori appartenenti al dramma umano di ogni tempo e di ogni luogo, un dramma che continua a parlarci proprio perché seguita ciclicamente a ripetersi. Partendo da questa riflessione il regista Àlex Rigola, in perfetta sintonia con le scene e i costumi pensati da Mariko Mori, ha voluto per la sua Butterfly un’ambientazione sostanzialmente contemporanea, ma al tempo stesso astratta, in cui potessero convivere l’impostazione della Mori, intrisa di influssi filosofici zen, e le istanze della musica di Puccini. Ne esce un insieme tutto sommato gradevole che, da una generale asetticità, riesce comunque a far ben emergere i caratteri dei singoli personaggi. La scena è occupata da un telo bianco che scende dal fondo protraendosi in avanti e da una scultura, rappresentante il nastro di Möbius quale simbolo dell’infinito ciclo della vita e della morte, appesa nel primo atto al soffitto, calata poi a terra nel secondo, totalmente assente nel tragico finale ove tutto è vuoto. Sul fondo tre danzatrici sottolineano con le loro eteree coreografie molti momenti dell’azione; durante il coro a bocca chiusa, eseguito dal fondo della platea, sul palco appaiono proiezioni con sfere di luce, simili a stelle, che corrono veloci e che rimandano forse all’universo, alla sua nascita e al suo volume infinito. Disegno semplice ma elegante per gli abiti, sia maschili sia femminili, spesso consistenti in semplici tuniche dalle delicate tonalità pastello; fa eccezione quello nuziale di Cio-Cio-San dotato di un lungo mantello con maniche a sbuffo dai colori accesi simili ad ali di farfalla, talmente vistose da risultare sinceramente un poco fuori luogo. Gesti misurati, ma profondi e significativi quelli pensati dalla regia per i cantanti. Direzione sempre attenta al palcoscenico e alle sue esigenze per un Giampaolo Bisanti in perfetta forma che fornisce una lettura appassionata, ricca di tensioni, colori e sfumature, priva di cadute verso languidi sentimentalismi. Domina la scena la Cio-Cio-San di Amarilli Nizza, vocalmente e attorialmente impeccabile, abilissima a sottolineare l’evoluzione psicologica del suo personaggio anche solo attraverso piccoli gesti o impercettibili espressioni del volto: ottime le dinamiche, duttile il canto, struggenti i pianissimo. Vincenzo Costanzo è un Pinkerton dal bel timbro, ma dalla vocalità troppo irruente, sicuro di sé e sufficientemente spavaldo. Molto intensa, sebbene straordinariamente misurata, la Suzuki di Manuela Custer, più amica che ancella di Butterfly, dignitosa e forte nel dolore. Bel colore, voce sicura anche se non ricchissima di sfumature per lo Sharpless di Luca Grassi. Con loro vanno ricordati l’occhialuto Goro di Massimiliano Chiarolla, il possente zio bonzo di Cristian Saitta, il principe Yamadori di William Corrò, la Kate Pinkerton di Julie Mellor. Il pubblico, formato soprattutto da stranieri in visita alla città lagunare, particolarmente sul finale si è mostrato prodigo di applausi per tutti, decretando un deciso successo dello spettacolo.
Festival Anteprima89 allo Spazio Teatro 89 a Milano
Il Festival Anteprima89 giunge alla sua quarta edizione. Il Festival è ideato da Aparte in collaborazione e con il sostegno economico di Spazio Teatro 89. L’edizione 2013 sarà dedicata al tema indipendenze:  - sosterrà ed ospiterà gli artisti che hanno dato vita nel maggio scorso ad IT - Independent Theatre Festival, svolto alla Fabbrica del Vapore con il patrocinio del Comune di Milano; - ogni sera a partire dalle ore 19 ci saranno approfondimenti legati al tema “indipendenze” che coinvolgeranno personalità ed esperienze di ambiti non solo artistici, in forma di aperitivi e talks. Hanno già confermato la loro presenza: Livio Moiana (fotografo), Luca De Gennaro (deejay e musicologo), Ira Rubini e Danilo De Biasio (Radio Popolare), Antonello Tudisco (C.Re.S.Co.), Il Multiverso (associazione culturale), Marco Malfi (produttore, Rossofilm), Laura Chiossone (regista), Gianna Coletti (attrice), Gabriele Scotti (sceneggiatore), Alfredo Tradardi (attivista Ism), Prof. Alberto Giovanni Biuso (filosofo).  A Spazio Teatro 89 avrà luogo anche il primo laboratorio di incontro artistico rivolto agli attori, registi, drammaturghi, scenografi, tecnici ed organizzatori delle compagnie indipendenti, ospitando 3 giorni di lavoro condotti dal regista Benedetto Sicca.  Un laboratorio di pratica sulla critica teatrale si svolgerà per alcuni studenti degli istituti “Curie” e “Sraffa” di via Fratelli Zoia, favorendo un percorso di formazione per nuovo pubblico e nuovi critici indipendenti. Si ringraziano la Cooperativa Edificatrice Ferruccio Degradi e il Consiglio di Zona 7 per la concessione degli spazi per le prove delle compagni ed i laboratori. INDIPENDENZE 2013 – programma in  sintesi SPETTACOLI (ore 21.15) G 10 ott - Cristina Castigliola  DEL PIACERE E DEL BISOGNO DEL TEMPO LIBERO V 11 ott - Teatro dell’Albero NON CHISCIOTTE E SANCIO PANZA S 12 ott - Sanpapié MI SONO PERSO A MILANO D 13 ott - PirateJenny - VANITY FAIRS SNOW WHITE G 17 ott - [CINEMA] Rossofilm TRA CINQUE MINUTI IN SCENA  V 18 ott - Teatro La Madrugada ERODIÀS S 19 ott - LeCall Theatre - LA BOMBA. DELLA NECESSITA’ DEL FARE APERITIVI (dalle ore 19.00) G 10 ott - FOTOGRAFIA / MUSICA / Livio Moiana  e Luca De Gennaro V 11 ott - RADIO/ Radio Popolare / Ira Rubini e Danilo De Biasio S 12 ott –  SCENA CONTEMPORANEA / C.Re.S.Co. / Antonello Tudisco D 13 ott -  MULTIVERSO / In-dipendenze/ Fabrizio Mele e Igor Tiago G 17 ott - CINEMA/  Marco Malfi – Laura Chiossone - Gianna Coletti - Gabriele Scotti V 18 ott - POPOLI / Alfredo Tradardi  S 19 ott - FILOSOFIA / Alberto Giovanni Biuso Spazio Teatro 89 via Fratelli Zoia 89 - Milano
Memoria del Mare e Menestrelli a San Sperate per Cuncambias 2013
San Sperate - il paese museo a pochi chilometri a Cagliari - si veste delle sfumature delle emozioni tra incontri, recitals, mostre e spettacoli all'insegna del Festival Cuncambias - firmato Antas Teatro e Libera La Farfalla Onlus, con dedica "Per amore, solo per amore". Dopo un esordio/amarcord con attori e musicisti che negli anni hanno portato la loro arte tra le vie e le piazze impreziosite da affreschi e murales, e l'estro poetico di Giuseppe Boy e la vis comico di Jacopo Cullin, nel cartellone di giovedì 1 agosto spazio a "Le favoledi Esopo" raccontate da I Menestrelli alle 20, poi l'incontro con Emanuela Nava e Chiara Vigo su "Il filo d'oro del mare", il bisso, e dalle 21.45 alla "Memoria del mare - L’isola, le storie, il tempo" tra note e parole.   La pièce si inserisce nel progetto narrativo-musicale dell’inedito duo Casti/Arrogalla intitolato Abissi e Approdi, progetto incentrato sul viaggio per mare. Questa nuova tappa, Memoria del mare, fa rotta senza indugi verso il Mediterraneo, e verso la nostra isola nello specifico. È proprio dalla complessità dei rapporti tra la Sardegna, i sardi e il mare che prende avvio questo nuovo viaggio, che mantiene come strumenti di navigazione, come sestante e portolano, verrebbe da dire, da una parte la grande letteratura e la sua eccezionale capacità di raccontare e trasformare il mondo, e dall’altra le sonorità liquide e suggestive della musica dub e dei suoi sconfinamenti verso la dub poetry. Da Omero e Dante fino a Giuseppe Dessì e Sergio Atzeni, passando per Cervantes, Balzac, la Deledda, Gramsci, Lussu e tanti altri, Memoria del mare si propone come percorso di riflessione e ragionamento sulla nostra singolare condizione di isolani - storicamente diffidenti nei confronti del mare eppure consapevoli di come il nostro passato e il nostro futuro siano legati in maniera inestricabile a questo elemento – e insieme come opportunità di confronto su temi di straordinaria importanza, per i sardi e per tutti: la memoria storica, la questione migrante, le appartenenze culturali, il ruolo della letteratura nella società. Questo è “Memoria del mare”. Sia che si pensi, come sosteneva Izzo, che il mare renda semplice tutto, persino l’idea della felicità, oppure lo si tema e lo si riconosca specchio delle nostre inquietudini più profonde, come scriveva Conrad, rimane il fatto che il genere umano non ha ancora trovato una metafora migliore di quella del viaggio per mare, per provare a rendere la complessità, il mistero e la bellezza della vita. 
La grande bellezza
Jep Gambardella (Toni Servillo) ha compiuto 65 anni. È uno scrittore che non scrive più. Un dissacratore che ha scelto di stare a osservare il fluire indifferenziato dei giorni di una mondanità che ha reso il Mondo una rappresentazione di se stesso venuta male. Il suo unico romanzo giovanile è nato dalla bellezza di un amore, che ha resistito al tempo dell’addio e dell’assenza, che si è rifugiato nel diario segreto di una ragazza divenuta anziana e poi morta con quel sentimento unico dentro il cuore, preservato da tutto, persino dai perché. E Jep nel frattempo diveniva il re dei mondani, lo scrutatore attento e beffardo di una collettività che non si guarda più vivere per paura di inorridire di fronte all’inconsistenza delle proprie aspirazioni e al fallimento delle proprie scelte. Una mondanità che si ubriaca di feste, di droga, di sesso, di parole, di colori; cieca di fronte a una città sempre incantevole, ma caduta con tutta la sua malia nel buco nero dell’ovvio. Jep è beffardo e a tratti misantropo. La sua ironia tagliente non lascia scampo a chi “se la vuole raccontare”, come Stefania (Galatea Ranzi), per sfuggire alla verità di ciò che si è divenuti. E mentre questo viaggio –che è la vita di ognuno- si compie, Jep comincia a scoprire singulti di bellezza: nella suorina che nel giardino del convento si fa rincorrere dai bimbi; nello spettacolo degli interni architettonici chiusi allo sguardo dissacratore dell’uomo decaduto; nell’incantevole Roma papalina con i suoi tramonti, le sue pietre antiche, la sua eleganza atavica che non si lascia contaminare dalla volgarità di un tempo senza dèi. E Jep scopre la bellezza là dove sembra non esserci. Nell’anima bella di una spogliarellista con la quale fa davvero l’amore ma senza farlo. Nella bocca sdentata di una santa che parla con i fenicotteri e poi con un soffio li licenzia. Nello sguardo di un amico che, ridestato dall’amicume insulso che ha intorno, decide di tornare al paese ma riconosce in lui l’unico vero affetto. D’altronde, se dovessimo dire che cosa è la bellezza oggi attenendoci a quello che ne pensava Platone saremmo spiazzati: «Ora, invece, solamente la Bellezza ricevette questa sorte di essere ciò che è più manifesto e più amabile» (Fedro, 250 D14-16). Il suo depauperamento etico-estetico è sotto gli occhi di tutti, si scambia per bellezza il bell’orrido che è la linfa venefica di questa società dello spettacolo. E la vita, senza la bellezza, è una «stucchevole estranea» (C. Kavafis, Per quanto sta in te) che si perde, come sostiene con irriverente garbo Jep Gambardella, sotto un assordante bla bla bla, un commercio di parole, un chiacchiericcio insignificante che ha come vessillo il silenzio delle coscienze. Servillo è splendido. Comunica con gli occhi, interpreta con gli sguardi, comprende con il corpo, emoziona con i gesti, affascina con le parole, seduce con gli argomenti. In lui tutto è fuori posto, non è come te l’aspetti, uno scacco continuo che fa sorridere, rattristire, riflettere, godere. Ma il gioco di Jep è serio e la sua serietà sempre giocosa. Sorrentino rivela la sua grandezza, la sua statura di regista e fine scrutatore della realtà. Nulla è inadeguato in questa pellicola, ogni attore aderisce al proprio personaggio. Carlo Verdone è davvero un grande nell’apparire così piccino e Sabrina Ferilli emoziona, alla lettera. I movimenti iniziali della telecamera preparano lo spettatore -già introdotto al viaggio che sta per intraprendere da Céline- a un volo visionario che oscilla indeciso tra il sogno e la realtà. E par davvero di volare sulla chiesa del Gianicolo. Condotti dalla musica sacra, siamo spinti in alto, per assumere il punto di vista di Dio e godere della bellezza straordinaria di Roma. «Quando uno veda la bellezza di quaggiù, ricordandosi della vera Bellezza, mette le ali, e desideroso di volare, ma rimanendo incapace, guardando verso l’alto come un uccello e non prendendosi cura delle cose di quaggiù, riceve l’accusa di trovarsi in uno stato di mania» (Platone, Fedro, 249 D9-16). *********************************************************** La grande bellezza Regia di Paolo Sorrentino Sceneggiatura di Paolo Sorrentino e Umberto Contarello Musiche di Lele Marchitelli Fotografia di Luca Bigazzi Con: Toni Servillo (Jep Gambardella), Carlo Verdone (Romano), Sabrina Ferilli (Ramona), Carlo Buccirosso (Lello Cava), Iaia Forte (Trumeau), Pamela Villoresi (Viola), Galatea Ranzi (Stefania), Luca Marinelli (Andrea), Serena Grandi (Lorena), Giusi Merli (La Santa), Roberto Herlitzka (il Cardinale), Isabella Ferrari, Giovanna Vignola (Dadina), Antonello Venditti (se stesso), Fanny Ardant (se stessa) Italia, Francia 2013 Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=HYY11XGkBoc ********************************************** Altre recensioni sul film:  Antirealismo di Alberto Biuso
Esplorazioni/1. Lawrence Weiner, opere 1969-73
Realizzata secondo un progetto ancora ideato dal grande collezionista Giuseppe Panza di Biumo (1923-2010), la mostra dedicata a Lawrence Weiner (1942), artista americano pioniere dell’Arte Concettuale, inaugura un nuovo anno dedicato all’arte nelle affascinati Scuderie e nella Limonaia di Villa Panza, gemma preziosa posta a Varese, città riservata e schiva dai notevoli tesori poco ostentati. L’anno si preannuncia grazie a JTI (nuovo partner istituzionale che già sostiene prestigiose realtà internazionali e ora appoggia Villa Panza aiutandola non solo nella programmazione di attività culturali, ma anche nel restauro di opere d’arte contemporanee) foriero di grandi iniziative articolate in un progetto pluriennale che vede la valorizzazione della collezione Panza attraverso l’esposizione di artisti della sua seconda e terza fase partendo dalla fine degli anni ’60 con il Minimalismo e l’Arte Concettuale e dall’inizio degli anni ’80 con l’Arte Monocromatica, l’Arte Organica e l’Arte ‘delle piccole cose’. Otto opere raccontano il processo evolutivo di Weiner capace di smaterializzare l’oggetto artistico trasformandolo in puro mezzo di espressione: sono tutte della Collezione Panza salvo One Kilogram of Lacquer upon a floor (1969) oggi conservato al SFMOMA di San Francisco e Earth to earth ashes to ashes dust to dust (1970) del Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Fondamentale per il Maestro - ‘scultore’ che utilizza linguaggio e parole per creare - è la forza della parola, entità autonoma che dà il significato precedendo la realtà: si tratta di una riflessione su ciò che la parola può significare se, slegata da un qualunque contesto discorsivo, viene trasferita su una qualsiasi superficie acquisendo in totale libertà e indipendenza un senso nuovo. L’artista in conferenza stampa ha ricordato il suo incontro negli anni ’60 con Giuseppe Panza di Biumo che era rimasto colpito dalla rivoluzione operata nei confronti della parola non più come nei quadri del passato integrazione del significato o spiegazione di un’immagine, ma espressione autonoma di contenuti anche diversi. Grande quindi la soddisfazione di potere esporre proprio nella dimora di chi ha creduto in lui dandogli fiducia e amicizia. Esplorazioni/1 Lawrence Weiner, opere 1969-73 Varese: Villa e Collezione Panza, Piazza Litta 1                        10.00 – 18.00                        La biglietteria chiude mezz’ora prima Fino al 10 marzo 2013 Biglietto Villa Panza: intero € 9.00, ridotto studenti € 5.00, ridotto FAI € 3. Informazioni e prenotazioni: 0332 283960, www.fondoambiente.it  
Cosmopolis
Eric Packer, Robert Pattinson, è un ventottenne miliardario che trascorre la maggior parte del suo tempo su una limousine bianca superaccessoriata. In Cosmopolis lo seguiamo come l’Ulisse di Joyce –ma questo è un Odisseo davvero contemporaneo- in una sua giornata: quella in cui decide di attraversare la città per farsi tagliare i capelli dal suo barbiere di fiducia. La sua limousine è la realtà in cui vive, in cui comunica, in cui fa sesso, in cui mangia, in cui lavora, in cui si cura, in cui controlla il tempo perché gli hanno insegnato che «il tempo è un bene aziendale oggi: appartiene al sistema del libero mercato». Attraverso la sua limousine Eric sta al mondo. Come un ventre protettivo attraverso cui filtrare ogni evento, realizzarlo, viverlo, determinarlo. Eric ritiene di poter controllare tutto dalla sua limousine. Ma lo yuan (lo yen giapponese nel film) fa crollare i mercati. Eric perde svariati miliardi. Forse è il tracollo della sua ricchezza. E la sua prostata è asimmetrica. Il medico lo scopre visitandolo nella sua limousine come ogni giorno. Ma che cosa significa? Dal punto di vista clinico, assolutamente nulla. In un magnifico dialogo finale con Paul Giamatti, che interpreta Benno Levin, un ex dipendente del giovane miliardario che lo vuole uccidere, Eric scopre l’importanza dell’asimmetria, di ciò che è sbilanciato. Lui ha cercato sempre l’armonia: tutto perfettamente coerente, uguale, esaminato, equilibrato, controllato. Benno invece gli dice che avrebbe dovuto porre più attenzione all’anomalia, a quella prostata asimmetrica: «Ecco dov’era la risposta: nel tuo corpo, nella tua prostata». Un film volutamente filosofico, straordinario e mai eccessivo, nonostante la ferocia e persino la monotonia cupa con cui Cronenberg presenta il mondo globalizzato e capitalistico, informatizzato e meccanizzato, ordinato e controllato, persino noioso. Il film di Cronenberg si potrebbe definire “civile” se non politico. Eric sembra così distante dalla gente che passa per la via, non foss’altro che per la smisurata ricchezza. Eppure lui siamo noi stessi visti attraverso un eccesso di realtà, una lente di ingrandimento del nostro modo di stare al mondo. È da un filosofo tedesco di nome Martin Heidegger che comprendiamo la differenza tra Mondo e Terra, spesso usati come sinonimi. Se la Terra è quel luogo nel quale ci ritroviamo a nascere, caratterizzato da una naturalezza del tutto indipendente da noi, il Mondo è invece la Terra antropizzata, costruita, edificata, resa abitabile, meno infida se si vuole. Noi occidentali viviamo nel Mondo. Senza dubbio. E vi viviamo aumentando di giorno in giorno la distanza -già notevole- con la Terra. Macchine, aerei, treni, scooter. Metallo di ogni tipo e sorta che sta posteggiato su infinite lastre di bitume o che vola nel cielo o che corre su altro metallo. Non ci facciamo più caso. È ovvio. Come a Eric appare del tutto normale trascorrere la sua giornata dentro la sua astronave. Di più. Siamo ormai dei cyborg, come ha scritto un altro filosofo, questa volta italiano, Alberto Giovanni Biuso. Il nostro corpo è vestito, oltre che di abiti, di strumenti che riteniamo utili –e magari lo sono davvero per il tempo che abitiamo-, di mezzi che portiamo addosso e che ci consentono di comunicare, di mantenere il contatto con l’esterno, a volte di vivere, se non addirittura di respirare: cellulari, occhiali, cuffie, congegni elettronici e medicali. Noi abitiamo il mondo attraverso questi schermi, noi abitiamo un mondo schermato da questi strumenti. Questa è la nostra realtà. Questa perdita totale di contatto con la Terra e questa salvifica e sventurata modalità di mediazione con il Mondo hanno determinato e aumentato le nevrosi. Persino il contatto con il Mondo, con la Terra che abbiamo trasformato e reso abitabile, si sta perdendo del tutto. Ci sentiamo protetti così, perché possiamo prevedere ogni evento, evitare il rischio, anticipare il futuro immediato, allontanare il caso, stare nella regolarità. Poi l’imprevedibile, l’imprevisto e tutto crolla. Chiusi, ovattati dentro la nostra personale limousine, inaspettatamente essa va in rovina e noi veniamo catapultati fuori dove ad attenderci è la follia. Cosmopolis è un film claustrofobico, a tratti ripetitivo, a tal punto da far saltare i nervi. È così che ti afferra per il collo e ti costringe a guardare dentro la “palla” di cristallo del nostro catastrofico futuro. Che annoiato va verso la deriva. L’appello finale ad ascoltare il corpo che Cronenberg mette in bocca a uno squinternato quale Benno Levin non è banale intellettualismo, ma raffinato monito. Il folle di per sé rappresenta l’imprevedibile e il corpo la saggezza, la nostra unica grande risorsa poiché, come ha magnificamente scritto un altro grande filosofo, «vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza» (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, § Dei dispregiatori del corpo, Adelphi, p. 33). ************************************** Cosmopolis Tratto dal romanzo di Don DeLillo Regia di David Cronenberg Sceneggiatura di David Cronenberg Produttori: David Cronenberg, Joseph Boccia, Paulo Branco, Martin Katz Scenografia di Arvinder Grewal Interpreti e personaggi: Robert Pattinson (Eric Packer), Samantha Morton (Vija Kinsky), Jay Baruchel (Shiner), Paul Giamatti (Benno Levin), Kevin Durand (Torval), Juliette Binoche (Didi Fancher), Sarah Gadon (Elise Shifrin), Mathieu Amalric (Andre Petrescu), Emily Hampshire (Jane Melman), George Touliatos (Anthony), Patricia McKenzie (Kendra Hays), Philip Nozuka (Michael Chin) 2012, Canada, Francia, Italia, Portogallo Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=cHlyQexo2Uw
Effetto Roma. I Municipi della Capitale
Si terrà dal 02 al 07 ottobre la mostra “Effetto Roma. I Municipi della Capitale” della fotografa Vincenza Salvatore. L’evento (ad ingresso libero) è ospitato nella Sala espositiva del Centro Culturale “Elsa Morante”, in piazzale Elsa Morante (metro B – Laurentina + bus 776) a Roma ed è patrocinato da Roma Capitale e dall’Associazione di promozione sociale Operadecima. Ad affiancare le 45 fotografie (della grandezza 50x70) che ritraggono angoli significativi dei Municipi che compongono il territorio di Roma, saranno esposte delle poesie scritte da poeti “esclusivamente” romani. La mostra sarà aperta da martedì 02 fino a domenica 07 ottobre, dalle 10:00 alle 19:00 (a scanso di equivoci, si precisa che non è previsto un vernissage ufficiale) e solo sabato 06, alle ore 18:00, verrà fatto un reading poetico, introdotto e moderato della poetessa Lidia Riviello ed alla presenza degli autori delle composizioni esposte. Lo scopo dell’evento espositivo è dare un‘immagine d’insieme, della globalità, della metropoli romana, attraverso i suoi Municipi, ognuno diverso dall’altro per struttura urbanistica e sociale, compresi gli elementi di multiculturalità. Attraverso la mostra “Effetto Roma. I Municipi della Capitale”, Vincenza Salvatore intende mostrare il suo amore per la città in cui è nata e vive, una città, come ella stessa afferma, << ricca di memoria storica e artistica, di giardini e quartieri antichi e moderni, nuovi e fatiscenti. Roma è ricca di creatività e umanità, accogliente e problematica, dove l'emarginazione e la fiducia nel prossimo si sfiorano.. Roma è città della cultura. >> Più ancora nello specifico, ecco le parole che utilizza per definire il suo evento espositivo: << Mi definirei una fotografa-cronista della sua città: Roma vista attraverso i suoi Municipi. Il mio occhio e la macchina fotografica finiscono coll’essere pervasi dalla realtà tanto da travolgermi. Anima e tecnica in una continua tensione verso la perfezione stilistica mi propongono la visione di una Roma surreale nella sua bellezza, senza per questo perdere la sua forza: la drammaticità esistenziale e sociale della metropoli.>> La fotografia per Vincenza Salvatore è arte di comunicazione e di memoria: ferma il tempo e lo promuove. Tre sono le caratteristiche della sua abilità: la luce, il colore e l' architettura. La sua maestria fotografica si esplica attraverso le 4 arti da lei immortalate più di frequente: teatro, architettura, musica e poesia. Già altre volte la Salvatore aveva organizzato mostre dedicate ad angoli della capitale, ma questa è la prima volta che l’occhio del suo obbiettivo coglie, la città nel suo complesso, con tutti i Municipi che la compongono. Le immagini fotografiche dei municipi di Roma esposte nella mostra sono accompagnate da poesie di Luca Archibugi, Daniela Attanasio, Silvana Baroni, Alessandra Bava, Tomaso Binga, Giuseppe Biuso, Giuseppe Boj, Carlo Bordini, Maria Grazia Calandrone, Olga Campofreda, Alida Castagna, Luigi Celi, Emanuela Celi, Marco Cinque, Fabio Ciriachi, Tiziana Colusso, Chiara D’Apote, Elisa D’Avoglio, Francesco De Girolamo, Stefano Docimo, Francesca Farina, Michele Fianco, Marco Giovenale, Mario Lunetta, Giulio Marzaioli, Edoardo Olmi, Vincenzo Ostuni, Mario Palmieri, Giulia Perroni, Cetta Pedrollo, Roberto Piperno, Gilda Policastro, Rossella Pompeo, Ionida Prifti, Coni Ray, Daniela Rampa, Lidia Riviello, Franca Rovigatti, Eugenia Serafini, Luigia Sorrentino, Carla Vasio e Simona Verrusio.
A Reggio Emilia la danza del coreografo-atleta-matematico Pierre Rigal
Il coreografo-atleta-matematico Pierre Rigal al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia dal 17 al 19 gennaio con una pièce "in scatola" Confinato in un minuscola scatola, apparentemente osservato da una telecamera, un uomo gradualmente si adatta all’ambiente, mentre questo a poco a poco si riduce nelle dimensioni, arrivando a sfiorare la grandezza di una bara. E' "Press" che il coreografo-atleta-matematico Pierre Rigal porta in scena martedì 17, mercoledì 18, giovedì 19 gennaio 2012, alle 20.30, al Teatro Cavallerizza per la stagione di Danza della Fondazione I Teatri. La coreografia nasce nel 2008, quando il Gate Theatre di Londra commissiona un progetto a Pierre Rigal, ponendo come condizione imprescindibile l’uso di uno spazio scenico ridottissimo: la risposta del coreografo trasforma in pregio il limite e attribuisce un senso all’operazione che va ben oltre la pièce stessa per la quale diversi critici hanno parlato di una sfida coreografica alla Houdini. Nei cinquanta minuti scanditi dalla musica eseguita dal vivo da Nihil Bordures, Rigal trasmette al pubblico tensione, inquietudine, smarrimento, tutti i grandi temi del disagio contemporaneo. Press racconta l’immensa solitudine e l’enigmatica banalità dell’uomo moderno, capace di adattarsi alle trasformazioni del proprio habitat senza percepirne la portata spaventosa. Press richiama alla memoria uno di quei film di James Bond in cui l’eroe si ritrova improvvisamente in uno spazio angusto che continua a restringersi. Racchiuso in un minuscolo palco, nell’ambito di un palcoscenico, apparentemente sotto lo sguardo di qualcosa di simile ad una telecamera robotizzata, un uomo deve adattarsi all’ambiente circostante, che inizia a comprimerlo nel vero senso del termine. È come se il soffitto nutrisse un terribile risentimento nei suoi confronti. Man mano che si abbassa, inesorabilmente, Rigal trasforma il proprio corpo in funzione dello spazio, fino a sembrare, ad un certo punto, un insetto appiccicato alle pareti; in un altro momento, un pesce che scivola nell’acqua; ed in un altro ancora, un uomo senza testa. La considerevole virtuosità fisica dell’opera fa rimanere senza fiato, anche per la consapevolezza che gli sforzi dell’uomo sono completamente inutili. Tanto finirà schiacciato. Questo spettacolo basato sulla fisicità potrebbe avere luogo interamente nella mente dell’uomo. (Lyn Gardner, “The Guardian”, 25 febbraio 2008) Pierre Rigal - coreografo e performer inizia il suo percorso come atleta, specialista nei 400m e 400m ostacoli. Prosegue con studi di matematica ed economia a Barcellona, diplomandosi con un Master in Cinema. Il suo avvicinamento alla danza contemporanea è stato determinato dall’incontro con Heddy Maalem, Bernardo Montet, Wim Vandekeybus, e con il direttore Mladen Materic. Nel 2002, entra a far parte della Compagnia di Gilles Jobin, partecipando alla creazione Under Construction e al riallestimento di The Mœbius Strip (2003); contemporaneamente realizza video e documentari. Nel novembre 2003, Pierre Rigal fonda compagnie Dernière minute, producendo e coreografando il suo primo lavoro, l’assolo érection, diretto da Aurélien Bory (Théâtre National de Toulouse). Nel luglio 2005 è interprete della creazione di Ariry Andriamoratsiresy Dans la Peau d’un Autre, presentato al Montpellier Dance Festival. Nell’ottobre 2006, collabora con Aurélien Bory per la creazione di Arrêts de Jeu (Toulouse National Theatre), e di Les 7 Planches de la Ruse. Nel gennaio 2009, crea Asphalte, lavoro per 5 danzatori di hip hop, che viene presentato all’interno del Festival Suresnes Cités Danse. In qualità di Artista Associato al Gate Theatre, Pierre è l’interprete unico di Press. 17, 18, 19 gennaio 2012 ore 20.30 Teatro Cavallerizza Compagnie Dernière Minute/Pierre Rigal
Concerto di Frédéric Fasel allo Spazio Somnia di Otranto
Frédéric Fasel, pianista e compositore svizzero. Un giorno la musica lo ha preso per la mano portandolo in una danza folle. Poi all'improvviso è scomparsa, permettendogli così di fare la più bella esperienza, quella del Silenzio. Da quel giorno la musica non ha più cessato di zampillare da questa fonte silenziosa, e di sorridere da questo nascondiglio scherzoso. "Creare la Musica è per me un mezzo privilegiato per connettermi a "quell'Altrove che chiede d'essere vicino". E' "ritornare infine a Casa" e aprirla all'Altro per offrirla con la stessa intenzione. La natura di questa musica è di essere al servizio di questo desiderio di "Ritrovarsi". Si propone come facilitatrice, catalizzatrice, mediatrice, invitando l'ascoltatore ad accogliere ogni frammento dei suoi sentimenti intimi per ascoltare il suo proprio "Canto interiore". Il silenzio delle mani nude - concerto per solo piano 21, 22, 23 dicembre ore 21 - Spazio Somnia –via 13 giugno , 8 - Calimera (Lecce) www.spaziosomnia.it In occasione della notte di Natale IL SILENZIO DELLE MANI NUDE diventa concerto + cena. Al pianoforte Frédéric Fasel, ai sapori il Biso. Info e prenotazioni: AnimaMundi & Spazio Somnia. Tel 340.4008245 - 380.5268526 Iniziativa a cura di Anima Mundi – suoni e visioni dal mondo – Otranto (Lecce) , vicolo Majorano n. 8 www.suonidalmondo.com