Dimensione Eventi

Hai cercato Dimensione Eventi? Su Teatro.it trovi tutte le informazioni aggiornate su Dimensione Eventi: spettacoli, concerti, eventi culturali, biografie, date, curiosità e approfondimenti. Grazie alla collaborazione con artisti, compagnie e organizzatori da tutta Italia, raccogliamo i contenuti più rilevanti per offrirti una panoramica completa e affidabile. Che si tratti di un nome, di un evento o di un tema che ti interessa, qui puoi scoprirne ogni dettaglio. Sfoglia qui sotto tutti i contenuti su Dimensione Eventi e lasciati guidare nel mondo dello spettacolo.

Spettacoli

Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street
Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street
Peter Pan Rock'n'Roll Tour 2020 - Edoardo Bennato
Peter Pan Rock'n'Roll Tour 2020 - Edoardo Bennato
Klimt On Ice
Klimt On Ice
Éveil
Les Farfadais
Éveil

Contenuti redazionali

Lettere di oppio: la dimensione onirica dei rapporti umani
In un gioco tra sogno e realtà i pensieri dei due protagonisti – interpretati divertendosi, ma con metodo, da Tiziana Foschi e Antonio Pisu, anche autore del testo - si sfidano, coinvolgendo il pubblico.
Salomè e la dimensione narcisistica dell’amore
De Fusco ricrea a teatro la precisa visione eretica di un Wilde che evoca il mondo ebraico-cristiano e pagano. Ottima la prova attoriale dei protagonisti, Gaia Aprea e Eros Pagni.
Masterclass "La dimensione transculturale della maschera"
Un possibile sincretismo tra la Commedia dell’Arte e la danza degli Orixas A cura di Luca Gatta e Ana Auxiliadora Estrela 7-17 settembre 2017 - Napoli Anche per l'edizione 2017 de "I viaggi di Capitan Matamoros" ritorna l'appuntamento pedagogico sulla nuova Commedia dell’Arte. Un lavoro di ricerca che da più di dieci anni Luca Gatta, regista, actor trainer e direttore artistico del festival, porta avanti sui possibili sincretismi tra le forme teatrali e le discipline performative afferenti a diverse tradizioni. Quest’anno il carrozzone del nostro Capitan Matamoros si ferma a Bahia, dove incontra il Candomblè e la danza degli Orixa. Cos’è che accomuna due forme espressive così lontane fra loro? Da un lato, abbiamo un rituale di origine afro-brasiliana, dall’altro la forma di spettacolo che ha caratterizzato l’Europa moderna. Sicuramente entrambe queste forme narrano storie non di uomini ma di archetipi e sebbene il teatro sia una forma degradata del rituale è pur sempre un rito che si perpetra nella continua riproposizione del modello. Ma ciò che accomuna le due tradizioni è sicuramente l’attore-performer che, in entrambi i casi, incarna dei principi attraverso l’uso di una tecnica raffinata, tali principi costituiscono gli strumenti dell’artigianato teatrale. Durante la masterclass saranno esplorati i territori comuni dell’attore e dell’attuante, la capacità dell’uno di veicolare il proprio personaggio, la capacità dell’altro di utilizzare il proprio archetipo come veicolo per arrivare a qualcosa di più sottile. A presentare un possibile sincretismo quest’anno come Maestra esterna ci sarà Ana Auxiliadora Estrela danzatrice di Bahia che ha fatto del dialogo interculturale la sua missione. --- INFORMAZIONI GENERALI La masterclass si svolgerà a Napoli dal 7 al 17 settembre 2017, per un totale di 70 h di formazione con i due Maestri secondo il seguente calendario: 7-10 settembre: h 10.00 – 14.00 e h 15.00 – 18.00 modulo di Commedia dell’Arte con Luca Gatta; 11-14 settembre: h 10.00 – 14.00 modulo di Candomblè con Ana Auxiliadora Estrela e h 15.00 – 18.00 modulo di Commedia dell’Arte con Luca Gatta; 15-17 settembre: h 10.00 – 14.00 e h 15.00 – 18.00 sintesi delle due discipline con Luca Gatta. Programma dettagliato della masterclass e curriculum dei maestri -->https://goo.gl/VY8v2e Il corso è rivolto ad attori professionisti, allievi attori di scuole di teatro e attori amatoriali disposti a lavorare con il corpo, ed è riservato a un massimo di 25 allievi. Al termine delle lezioni verrà rilasciato un attestato di partecipazione. I partecipanti potranno inoltre assistere gratuitamente agli spettacoli del Festival. --- ISCRIZIONE La Domanda di iscrizione 2017 debitamente compilata deve essere inviata via mail con allegato il CV e una lettera motivazionale, specificando come oggetto: “Iscrizione Masterclass 2017” Scarica la domanda di iscrizione --> https://goo.gl/T6CNZE Il termine ultimo per le iscrizioni è il 2 settembre 2017, è possibile ottenere uno sconto sul costo totale del corso per chi si iscrive entro il 26 agosto 2017. Vitto e alloggio sono a carico dei partecipanti. Info costi e iscrizioni: progetti@enkaipan.com | +39 339 62352 95
Il Nuovo di Verona, un teatro metropolitano a dimensione nazionale
Prosa classica e contemporanea, più due cartelloni paralleli dedicati al divertimento e alla danza, confermano l'anima dialogante del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale
"Il teatro della quarta dimensione" con Jurij Alschitz. Bando di partecipazione
La compagnia Notterrante, formata da Barbara De Palma e Mariella Soldo, organizza il corso di alta formazione per attori e registi professionisti dal titolo “Theatre of the 4th dimension/Il teatro della quarta dimensione”,  condotto dal Maestro russo Jurij Alschitz, che porta in Puglia per la prima volta il suo nuovo metodo di ricerca teatrale. Si tratta di un’occasione unica per chi desidera approfondire il proprio percorso con un maestro del valore internazionale di Jurij Alschitz. A volte sembra che il teatro contemporaneo sia dominato dall’uso di nuove tecnologie e applicazioni, conquistando l’etichetta di “post-drammatico”. Dopo vent’anni e più è tempo di capire non cosa il teatro non è ma cosa il teatro è! Il teatro contemporaneo è il teatro del nuovo, del pensiero sferico, è il teatro della sintesi, in cui la conoscenza di alcune scienze penetra liberamente nel nostro sistema; cambia le vecchie idee, richiede nuovi approfondimenti ed esperienze. Il nostro teatro tradizionale vuole rispetto ma anche correzioni. La nuova ricerca del Maestro Jurij Alschitz aggiunge al comune vocabolario teatrale e metodologico nuovi concetti di altre scienze e li connette immediatamente con la pratica della scena, come per esempio la Teoria del Big Bang, l’espansione e la contrazione dell’universo, la quarta dimensione, la teoria del caos, l’effetto farfalla, la geometria frattale. Questa summer school che si terrà a Bari invita attori, registi e insegnanti a fare conoscenza con il nuovo approccio non convenzionale alla pratica del teatro. Durante il laboratorio si discuterà apertamente sulle nuove idee di ricerca con la pratica attraverso il training e la messinscena. Jurij Alschitz Il bando è rivolto ad attori e registi professionisti che operano nel mondo del teatro in modo stabile e professionale. Per candidarsi è necessario inviare il proprio CV con foto e matricola ENPALS alla mail notterrantecompagnia@hotmail.it entro il 31 maggio 2015. Il 2 giugno verranno comunicati i nomi dei partecipanti che confermeranno entro 48h dalla notifica la propria partecipazione con l’iscrizione effettiva al corso e versamento dell’intera quota per mezzo bonifico. La mancanza dell’iscrizione comporta l’esclusione dalla graduatoria. Il contributo è di 225 euro + 25 euro di tessera. Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di partecipazione. Possono essere ammessi soltanto 12 partecipanti. Verranno prese in considerazione solo le prime 8 candidature giunte per mezzo mail, con i requisiti sopra richiesti. 4 posti sono riservati ad allievi di laboratori e scuole di formazione teatrali pugliesi e non, anche se non in possesso della matricola Enpals. Pertanto è necessario specificare nella mail se si è attori/registi o allievi. Verranno escluse tutte le candidature di attori e registi che operano nell’ambito amatoriale. Ogni candidatura riceverà una mail di conferma. Il corso si svolgerà presso la sede della compagnia Notterrante, in via Gorizia 24 (BARI – quartiere Madonnella), dal 17 al 21 giugno, negli orari 11:00-13:30 / 14:30-17:00. L’ambiente è climatizzato. Per qualsiasi informazione o chiarimento è possibile contattare la compagnia al numero 3475596088.
La dimensione tragica di questo brillante fiume di merda
Molto è stato già detto su La merda, il giustamente fortunato lavoro di Cristian Ceresoli e Silvia Gallerano che ha fruttato sold out, riconoscimenti e premi nazionali e internazionali (Edimburgo Fringe Festival); molta quindi anche l'attesa per questa replica bolognese dello spettacolo, già in scena Novembre all'ITC di San Lazzaro.E sono state aspettative premiate quelle del pubblico per lo più giovane - un seguito da concerto rock, com'è stato definito - che numerosissimo ha accolto la pièce al teatro Duse. La gestazione del lavoro - a partire dalle prime letture aperte al Valle, attraverso il rodaggio delle tantissime repliche - è giunto ad un esito riuscitissimo e coerente.Come già sottolineato dalle recensioni che hanno fatto da spartiacque nella comprensione di uno spettacolo così semplice e nello stesso tempo così intenso, La merda non si spaccia per un lavoro sperimentale: è teatro tradizionale, molto ben scritto e molto ben interpretato.Pochissimi elementi fondanti: il corpo dell'attrice, nuda e sola in scena; il testo, un monologo che suona come una confessione, in tre parti simmetriche rispetto al climax interno; non manca nemmeno il personaggio nella sua concezione ormai classica: prodotto cioè di una trasformazione che coinvolge corpo e voce, portatore di un'autenticità non necessariamente naturalistica. La vocalità dell'attrice è evidentemente cercata, ma è portata con tale coerenza e capacità che rimane credibile e non disturba - così come in effetti potrebbe, data la scelta.In scena, oltre a lei e al microfono, solo uno sgabello altissimo che ricorda quello dei cantautori da club o dei narratori - ma anche un trespolo da foca al circo; sgabello che, nel dipanarsi della vicenda, può essere letto come una metafora della posizione che la protagonista ha nei confronti della storia - o dell'esistenza stessa, raccontata e vissuta come se sempre lei fosse la candidata durante un provino televisivo: costantemente sotto le luci, pronta a mettersi a nudo (sic), a dare dimostrazione di sé.Ma la stessa logica potrebbe essere applicata a tutti gli elementi scenici: le letture possibili sono moltissime a diversi livelli - il che conferma il valore del testo e la riuscita della regia. La nudità può essere intesa come generatrice di significati (vulnerabilità, degradazione, mancanza di difese e via su questa direttrice in base al filtro che lo spettatore pone, al suo sguardo).Di sicuro è l'elemento straniante, sul quale inevitabilmente l'attenzione torna a tratti; quello che frena le risate; quello che non permette di sfuggire alla dimensione tragica di questo brillante fiume di merda che l'antieroica protagonista brillantemente ci riversa addosso.
Il racconto di un amore oltre la dimensione umana
Una storia dove la musica unisce un'amicizia pura e impossibile, un amore oltre le dimensioni del tempo e dello spazio.
Moni Ovadia e Pinuccio Sciola in Quarta Dimensione tra Ritsos e le pietre sonore
XXX Festival "La Notte dei Poeti" Teatro Romano di Nora (Pula) sabato 21 luglio 2012 - ore 22   QUARTA DIMENSIONE Poesia delle Pietre e della Parola da Yiannis Ritsos   con Moni Ovadia e la partecipazione straordinaria di Pinuccio Sciola e con Diego Deiana (violino)                         - produzione originale -            Magia di versi e pietre sonore per un'inedita "Quarta Dimensione" frutto dell'incontro nel suggestivo scenario tra un cielo punteggiato di stelle e la voce del mare tra l'attore "errante" Moni Ovadia, interprete sensibile e visionario della poesia del greco Yiannis Ritsos e l'affascinante, candida città di pietra plasmata da Pinuccio Sciola, tra cattedrali e torri che sfiorate levano un canto sottile e potente che si fa sorprendentemente melodia, in un dialogo di musiche e parola impreziosito dal violino virtuoso di Diego Deiana.  "Poesia delle pietre e della Parola" dunque, en plein air nell'arena del Teatro Romano di Nora per un viaggio tra le metriche dell'esilio, le chiavi del desiderio e del disamore nell'arte profettica del maestro ellenico in sillogi ardenti di rivoluzione, slanci lirici e minuti frammenti di lucido iperrealismo, dalla tradizione del canto funebre in Bisanzio antica fino alla danza primigenia presso le sorgenti del mito, nell'ambiguo volto delle maschere, il ricordo dei poeti e il rimpianto della patria amara, ritratti di Ismene e Oreste, Elena e Filottete, Crisotomi e Fedra e "Poesie di carta" fino alle corese dei pensieri in una "Veglia" nell'istante rapito al nulla della sua poesia.    ********************    Si chiude dunque sabato 21 luglio  alle 22.00 con l'incontro di Pinuccio Sciola e Moni Ovadia sul palcoscenico del sito archeologico la prima parte della trentesima edizione della Notte dei Poeti. "Quarta Dimensione - Poesia delle pietre e della Parola" è una produzione originale del festival per celebrare in un unico evento che ha il sapore dell'happening lo scultore e l'attore, accompagnati dal violino di Diego Deiana. La scenografia composta da una decina di sculture in calcare bianco dalle quali Pinuccio Sciola trae dei suoni con l'archetto di un violino, accompagnano i versi in italiano e in greco di Yannis Ritsos interpretati dalla voce di Moni Ovadia e intorno le note di violino di Diego Deiana. Se nuova è l'occasione, antico e solenne è il mondo da cui entrambi gli artisti traggono ispirazione, quello ancestrale dei popoli e delle tradizioni che li accompagnano. Il nocciolo poetico di questa produzione è incisa nelle pietre di Sciola che scopre la qualità sonora dei basalti e dei graniti sardi creando con loro un rapporto performativo rituale, ma è anche incisa nelle parole di Ritsos raccontate da Moni Ovadia. Quanta Dimensione raccoglie infatti la forza della Grecia antica, il suo mistero, incarnato in Crìsotemi, relitto dei tempi; Ismene, figlia d’Edipo; Fedra, folle d’amore; Elena, che fu bella e fatale; Persefone, sepolta viva. Le Signore del Mito, “quarta dimensione”, rivivono in un contesto temporale indeterminato, assoluto e mitico, assumono contorni umani nella loro sublime grandezza, fatta di dolore e di passione, di intelligenza e di coraggio, di travolgente impeto di vita. Così Quarta dimensione oltrepassa il tempo, portando con sé la bruciante attualità di un pensiero utopico forte, resistente, come i suoi protagonisti riuniti sotto la luna di Nora. La programmazione al teatro romano riprenderà il 1° Agosto con le notti di musica del Nora Jazz Festival.   *************************                                                                                               Quarta Dimensione                                                                                 Poesia delle pietre e della parola                                                                                              da Yannis Ritsos                                                                                con Pinuccio Sciola                                                                                                                 e Moni Ovadia                                                                                                                                                                                           violino Diego Deiana Qualcosa di nuovo e antico insieme unisce l'ultimo incontro della notte dei poeti, prima del festival jazz. Se nuova è l'occasione per mettere insieme lo scultore Pinuccio Sciola e le sue pietre sonore con Moni Ovadia, cantante e musicista della tradizione yiddish, antico e solenne è il mondo da cui entrambi traggono ispirazione, quello ancestrale dei popoli e delle tradizioni che li accompagnano. Il nocciolo poetico di questa produzione è incisa nelle pietre di Sciola che scopre la qualità sonora dei basalti e dei graniti sardi creando con loro un rapporto performativo rituale, ma è anche incisa nelle parole di Ritsos raccontate, stavolta, da Moni Ovadia.  Quanta Dimensione raccoglie infatti la forza della Grecia antica, il suo mistero, incarnato in Crìsotemi, relitto dei tempi; Ismene, figlia d’Edipo; Fedra, folle d’amore; Elena, che fu bella e fatale; Persefone, sepolta viva. Le Signore del Mito,  “quarta dimensione”, rivivono in un contesto temporale indeterminato, assoluto e mitico, assumono contorni umani nella loro sublime grandezza, fatta di dolore e di passione, di intelligenza e di coraggio, di travolgente impeto di vita.  Così Quarta dimensione oltrepassa il tempo, portando con sé la bruciante attualità di un pensiero utopico forte, resistente, come i suoi protagonisti riuniti sotto la luna di Nora. YANNIS RITSOS Considerato uno dei poeti più importanti della Grecia contemporanea, Yannis Ritsos è nato a Monemvasia nel sud del Peloponneso nel 1909 ed è morto ad Atene nel 1990. Durante la sua vita ha portato avanti insieme e sempre mescolato la passione per la poesia e la letteratura con quella politica nella lotta contro il regime e il nazismo. Durante l’occupazione della Grecia, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, partecipò alla resistenza, organizzando tra i partigiani attività culturali e teatrali. Subì il campo di concentramento e il confino e nel 1967 con l’avvento del regime dittatoriale dei colonnelli fu nuovamente imprigionato e torturato. Solo poiché gravemente malato, fu posto in libertà vigilata a Samos. Nel 1977 ricevette il premio Lenin per la poesia, fu proposto molte volte per l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura. Nella prima parte della sua vita, Yannis Ritsos scrisse numerose poesie, in parte ancora inedite, sempre incentrata sui temi dell’impegno civile e politico. Tra le sue opere le principali Trattori, raccolta d'esordio pubblicata nel 1934 in cui prevalgono le tinte misteriose e il crepuscolarismo, Epitaffio del 1936 è una composizione ispirata alla morte di un manifestante, evidenzia i segni della poesia d'avanguardia unita a temi più luminosi e sereni, La canzone per mia sorella del 1937 divenne testo simbolo della resistenza passiva. Yannis Ritsos scrive liriche con un linguaggio evocativo e ricco di figure letterarie che permettono al poeta e ai lettori di esplorare l’anima e il mondo. Prende spunto dall’eredità classica della Grecia, dalla mitologia e dalle leggende elleniche:  nascono così  Filottete, Crisotemi, Elena, Ismene, Oreste che perpetuano nella contemporaneità le antiche forme del mondo ellenico. Pinuccio Sciola (San Sperate, 15 marzo 1942) è uno scultore italiano. Autodidatta nel 1959 vince la borsa di studio che gli permette di frequentare il Liceo Artistico di Cagliari.e nel 1964, frequenta il Magistero d'arte e a Salisburgo l'Accademia Internazionale (Sommerakademie), dove segue corsi di Kokoschka,Minguzzi,Vedova e seminari di Marcuse.Nel 1967  ne vince un'altra per frequentare l'Università di Moncloa a Madrid; intanto studia le pitture rupestri delle Grotte di Altamira. Nel maggio del '68 è a Parigi. Rientrato in Sardegna decide di trasformare San Sperate in un "Paese-Museo". Così nei muri delle case del paese vengono dipinti dei murales  e nelle piazze vengono deposte sculture. Questa iniziativa coinvolge gran parte della popolazione ed ha un gran seguito, non solo fra i suoi compaesani, ma anche fra numerosi artisti, quali ad es. Foiso Fois, Gaetano Brundu, Primo Pantoli, Giorgio Princivalle. L'attività nel paese-museo di San Sperate attira l'attenzione dell’UNESCO che nel 1973 invita Pinuccio Sciola in Messico dove incontra il muralista David Alfaro Siqueiros e collabora ai grandi murales nel popoloso quartiere Tepito. Nel 1976 partecipa alla Biennale di Venezia con l'esposizione in Piazza San Marco de Le Canne e dei Cadaveri. Nel 1983 viene invitato al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Nel 1984 è a Milano per l'esposizione alla Rotonda della Besana: Pinuccio Sciola: uno scultore per una scuola. Le sue opere sono alla Quadriennale di Roma, a Barcellona, Parigi  Vienna ecc. e tra l'86 e l'87 nei musei d'arte moderna di varie città della Germania. Vicino a Stoccarda, nel centro storico di Kirchheim Unter Teck, una sua scultura viene posata come prima pietra del Parlamento Europeo. Le pietre sonore Nel 1996 la sua ricerca personale sulle pietre e la loro natura intrinseca, e le tecniche di incisione sperimentate lo portano verso una musicalità della pietra.Le pietre sonore sono sculture simili a grandi menhir (principalmente calcari o basalti) che risuonano una volta lucidate con le mani o con piccole rocce. Le proprietà sonore delle sculture sono realizzate applicando le incisioni parallele sulla roccia. Queste sculture sono capaci di generare dei suoni molto strutturati, con differenti qualità secondo la densità della pietra e l'incisione, suoni che ricordano il vetro o il metallo, strumenti di legno e perfino voce umana. Le pietre sonore, presentate per la prima volta nel 1997 a Berchidda (il paese natale del musicista Paolo Fresu), in Sardegna, sono state poi esposte nel 1998 alla Biennale europea di Niederlausitz presso Cottbus in Germania, nel 2000 all'Expo Internazionale di Hannover e all'Avana. Due anni dopo il Müvèszet-Malom Szentendre di Budapest gli dedica una grande mostra antologica. Nel 2003, a seguito della sua collaborazione con l'architetto Renzo Piano, una sua gigantesca Pietra Sonora viene scelta per la Città della Musica a Roma; altre sue opere vengono esposte nella Piazza della Basilica inferiore di San Francesco ad Assisi e nell'Arsenale di Venezia. Le sculture pietre sonore di Pinuccio Sciola vengono esposte in tutto il mondo. Vengono organizzati concerti in cui queste sculture sono veri e propri strumenti musicali; esse sono fonte di ispirazione per artisti, musicisti e compositori.   Moni" Ovadia (Plovdiv, 1946) è attore teatrale, drammaturgo, scrittore, compositore e cantante italiano. Nato a Filippopoli (Plovdiv), in Bulgaria, si trasferisce con la famiglia a Milano. Di ascendenza ebraica sefardita, impiantata in ambiente di cultura yiddish e mitteleuropea, la sua opera è tesa costantemente al recupero e alla rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, religioso e musicale degli ebrei dell'Europa orientale.Ovadia si laurea in Scienze Politiche all'Università Statale di Milano e contemporaneamente muove i primi passi artistici sotto la guida di Roberto Leydi, con cui inizia la sua carriera di cantante e musicista nel Gruppo dell'Almanacco Popolare, guidato da Sandra Mantovani. Nei primi anni settanta è fondatore del Gruppo Folk Internazionale, poi Ensemble Havadià, dove suona il violino, la chitarra e la tromba, col quale realizza gli album Festa Popolare, Daloy Polizei, Il Nonno di Jonny, Le Mille e una Notte e (già col nome di Ensemble Havadià) Ensemble Havadià e Specchi. Suonando questo nuovo (per l'epoca) genere musicale, folk-progressivo, gira i maggiori festival europei di musica folk. Insieme agli Stormy Six anima la cooperativa l''Orchestra, primo esempio di etichetta indipendente italiana. Teatro L'esordio teatrale è del 1984. Nel 1987, per il Festival di cultura ebraica del Teatro Pier Lombardo di Milano (ora Teatro Franco Parenti), è protagonista dello spettacolo Dalla sabbia dal tempo scritto e diretto da Mara Cantoni, che mette in evidenza le sue capacità di attore-cantante. La grande svolta è lo spettacolo Oylem Goylem ("Il mondo è scemo" in lingua yiddish), con cui si impone all'attenzione del grande pubblico. Lo spettacolo fonde abilmente musica klezmer, che Ovadia canta con voce profonda e appassionata, a riflessioni condotte alla luce della cultura e de  witz, il tradizionale umorismo ebraico, a più leggere storielle e barzellette. Lo spettacolo verrà ripreso dalle reti Rai e, nel 2005, pubblicato in cofanetto e dvd da Einaudi, a dimostrazione di un successo duraturo nel tempo. Nel 1994 inizia a lavorare con Roberto Andò, con l'opera multimediale Frammenti sull'Apocalisse, presentato poi al Festival Roma Europa nel luglio 1995. Intanto all'inizio del 1995 allestisce con Mara Cantoni Dybbuk, uno spettacolo sull'Olocausto, che diventa uno egli eventi più importanti della stagione teatrale. Nello stesso anno debutta Taibele e il suo demone, con Pamela Villoresi. Sempre nel 1995 nasce Diario ironico dall'esilio scritto con Andò e prodotto per il Teatro Biondo Stabile di Palermo.Nel febbraio 1996, sempre collaborando con Mara Cantoni e il Piccolo Teatro di Milano, è in scena con Ballata di fine millennio, che porta in tournée in tutta Italia. Nello stesso anno si presenta al Festival di Gibellina con lo spettacolo Pallida madre, tenera sorella, per la regia di Piero Maccarinelli. Per il Teatro Biondo torna a lavorare nel 1997, ancora una volta con Andò, che dirigerà il loro Il caso Kafka. Nell'ottobre 1998 è in scena uno spettacolo prodotto in esclusiva per il Teatro Stabile di Trieste ed intitolato Trieste... ebrei e dintorni. Il mese successivo è in sala il suo lavoro successivo per il Piccolo Teatro di Milano: Mame, mamele, mamma, mamà..., che lui scrive dirige e interpreta con la TheaterOrchestra. Nel dicembre 1999 è la volta di Joss Rakover si rivolge a Dio, seguito l'anno dopo da Tevjie und mir. Da questo spettacolo nel 2002 Ovadia trae ed interpreta la versione italiana di Il violinista sul tetto. Nel 2003debutta uno spettacolo sul denaro, chiamato Il Banchiere errante. Infine nel 2003 ha prodotto il lavoro L'armata a cavalloNel 2005 collabora coi Modena City Ramblers nel loro album dedicato ai 60 anni della liberazione dell'Italia dall'occupazione nazifascista, Appunti partigiani, prestando la propria voce per la canzone Oltre il ponte. Nel 2005 è vincitore del premio Colombe d'Oro per la Pace, premio assegnato annualmente dall'Archivio disarmo a una personalità distintasi in campo internazionale.Dal 2003 al 2008, per sei edizioni (due mandati) è stato direttore artistico di Mittelfest di Cividale del Friuli. Nella stagione teatrale 2008/2009 è in tournée con lo spettacolo La bella utopia, sulla storia del comunismo in Unione Sovietica.   A cura de La Redazione di Teatro.Org
I "danteschi" occhiali della quarta dimensione
I personaggi, già in scena quando il pubblico approda in sala, inforcano occhiali per non vedere, per mettere a fuoco solo la propria verità, mentre il pubblico, catapultato fin dai primi attimi nel visionario ma palpabile mondo di Emma Dante, inforca i propri occhiali, un po’ come quelli che ci danno per vedere i film in 3d… Potremmo definirli occhiali 4d, ideali, impalpabili, lenti che correggono la miopia del quotidiano, proiettandoci in una verità affatto sconosciuta, ma tenuta, più o meno volontariamente, da parte; una realtà che viene esaltata, illuminata dallo sguardo emozionale, accorato, crudo e poetico della talentuosa autrice-regista. Protagonista dei tre atti unici è un’umanità al margine, un umanità che vive la propria solitudine nella cecità di chi non riesce o, ancor meglio, non vuole vederla, e che di riflesso crea una propria realtà visibile solo al proprio sguardo, lontana da occhi che la giudicano o la ignorano. La “Trilogia degli occhiali”, elaborata in un anno e mezzo ma figlia di un percorso di dieci anni è, come sostiene la stessa autrice-regista, incentrata su tre condizioni umane, “in ombra perché danno fastidio: la povertà, la malattia e la vecchiaia”; temi trattati con amorevole crudezza, come è  proprio del suo teatro, ma anche con un’ironia costante, sia essa dichiarata o solo sottesa. Tre pièce del tutto autonome con cui la Dante conferma il suo personale legame con il Teatro Stabile di Napoli, che produce lo spettacolo insieme con la Compagnia Sud Costa Occidentale di Palermo, il Crt di Milano ed il Théâtre du Rond-Poin di Parigi. In “Acquasanta” un mozzo scimunito, ancorato ai propri ricordi su una terra che è luogo più mentale che fisico, rivive le sue folli e affascinanti avventure marinaresche e, tra le angherie dei compagni di viaggio, canta il proprio spassionato amore per il mare. Un firmamento di timer ticchetta sulla sua testa scandendo il tempo di un ricordo tanto vivido da farsi tangibile e reale; il trillare dei timer riporta il marinaio nel silenzio del suo abbandono, lo fa ripiombare nella sua realtà di solitudine, confinato in quel luogo-non luogo in cui è stato lasciato… lui che, come il Novecento di Baricco, non era mai sceso dalla nave. A dar voce, corpo e… saliva (il marinaio ha talmente il mare dentro che sulla bocca gli compare costantemente un gocciolo di bava, la schiuma del mare, dice lui) al protagonista, uno strepitoso Carmine Maringola, che si muove a guisa di burattino, impersona ciurma e capitano, da spazio a vecchie canzoni in un’interpretazione affidata per buona parte alla parola, ma che fa della recitazione non verbale un elemento imprescindibile. E tanta parte ha la comunicazione non verbale ne “Il castello della Zisa”. In scena due donne, forse due suore, che tra una preghiera e l’altra accudiscono Nicola, giovane malato in stato catatonico. Lo puliscono, lo sfamano, lo rimproverano e lo stimolano, mentre lui continua immobile a rivivere la sua storia. In un’impennata di cui solo noi pubblico siamo testimoni, grazie agli occhiali 4d fornitici dalla Dante, ci racconta la spensieratezza di bambino, gli eccessi e i primi pruriginosi istinti, le incredibili avventure che ha vissuto quando, affidato alla zia nella casa davanti castello della Zisa, si astrae per divenire protagonista di un racconto incantato, lui guardiano del castello, con maschera di drago e guanti d’artigli, a proteggere le principesse dai diavoli. Poi l’allontanamento dalla zia… e Nicola s’incanta per sempre. Bravissimi i tre interpreti: Claudia Benassi e Stéphanie Taillandier, le due suore-assistenti che tessono comici ed eloquenti dialoghi di non-parole; Onofrio Zummo, misurato e toccante nell’insidioso ruolo del disturbato mentale. La nostalgica vicenda di “Ballarini” ci svela una donna anziana e ricurva che pesca ricordi in un vecchio baule… e i ricordi la rapiscono… la portano indietro nel tempo… le fanno rincontrare lo slanciato compagno... e poi indietro…  sempre più indietro…  in una sorta di vortice della memoria che fa rivivere ai due le tappe più importanti del loro amore: la gravidanza, il sesso, l’innamoramento… in un succedersi di momenti-movimenti scanditi da una colonna sonora che procede cronologicamente all’incontrario, da Jovanotti a De Sica. Elena Borgogni e Sabino Civilleri  sono gli appassionati ed impeccabili interpreti dei due anziani protagonisti che la verità del palcoscenico ringiovanisce, ancor più bravi se si considera che il loro eloquente raccontare è affidato unicamente a movimenti che utilizzano la canzone come una sorta di linguaggio parallelo a quello verbale. La Dante, che firma dello spettacolo anche i costumi e l'essenziale ma suggestivo impianto scenografico (realizzato a quattro mani con Carmine Maringola) vince anche questa scommessa, confermando il suo talento di affabulatrice e rinnovando al contempo il modo in cui mette in scena ogni volta il suo personalissimo e toccante sguardo sul mondo. E se anche qualche eccesso ci fa pensare ad un… compiacimento, come una sorta di erudito ermetismo d’artista, che concede  spazio a un non sempre necessario eccesso, non si può non allontanarsi dalla sala con la convinzione di aver visto qualcosa di unico, figlio della mente e dell’estro di un’artista capace di creare grandi suggestioni e di insinuare nello spettatore quel tarlo che continua a rodere anche quando ci si allontana dal teatro.