Giovanni Zummo

Hai cercato Giovanni Zummo? Su Teatro.it trovi tutte le informazioni aggiornate su Giovanni Zummo: spettacoli, concerti, eventi culturali, biografie, date, curiosità e approfondimenti. Grazie alla collaborazione con artisti, compagnie e organizzatori da tutta Italia, raccogliamo i contenuti più rilevanti per offrirti una panoramica completa e affidabile. Che si tratti di un nome, di un evento o di un tema che ti interessa, qui puoi scoprirne ogni dettaglio. Sfoglia qui sotto tutti i contenuti su Giovanni Zummo e lasciati guidare nel mondo dello spettacolo.

Spettacoli

Spamalot - I cavalieri della tavola molto, molto, molto rotonda!
Spamalot - I cavalieri della tavola molto, molto, molto rotonda!

Contenuti redazionali

IN & OFF a Palermo – Gli spettacoli della settimana dall’11 al 17 gennaio
Titoli al Teatro Zappalà, al Teatro Biondo, allo Scenario Pubblico, al Teatro Vittorio Emanuele e due al Teatro Massimo.
Actors&PoetryFestival 2014
Il Teatro G.A.G., in collaborazione col DAMS (Facoltà di Lettere di Genova), dà il via alla terza edizione di Actors&PoetryFestival 2014. Una vetrina con l’obiettivo di far emergere le capacità di attori, autori performers e formazioni grazie alla cooperazione con case di produzione, editori e agenzie pubblicitarie. Si tratta di un Festival innovativo, che riguarda diverse forme di spettacolo e di intrattenimento in cui al centro sta l'attore. Il festival nasce infatti con l'intento di riunire i diversi canali di comunicazione in un'azione unica tesa a favorire le possibilità che l'attore professionista trovi la possibilità di un rapido inserimento nelle produzioni nazionali. Un adeguato spazio viene dato anche ad attori non professionisti e a principianti allo scopo di cercare volti e voci nuove da valorizzare. Dall'1 all'8 luglio 2014 si apriranno le audizioni per introdurre nelle produzioni attori professionisti, emergenti e principianti Il Festival si articola in cinque sezioni, più una dedicata agli autori: Esibizione dal vivo Speakering Doppiaggio Lettura audiolibri Video performers Poetry(Autori/poeti/performers) I candidati possono concorrere per le sezioni tecniche (doppiaggio, speakering, lettura di audiolibri, video) inviando tracce registrate a condizione che siano iscritti a una delle due sezioni: Esibizione dal vivo/Poetry. I premi previsti sono contratti e contatti con le produzioni: LOGOS Post Produzioni Cinetelevisive Doppiaggio (contratto) GOODmood Edizioni sonore Audiolibri (contratto) AGR Factory Comunicazione Speakering (provino) Erga Edizioni Poetry (contratto) Fra i promotori del progetto riuniti per Actors&PoetryFestival figurano: Teatro G.A.G. (Associazione culturale), DAMS (Polo universitario imperiese), Logos Produzioni doppiaggio, Goodmood Edizioni audiolibri, AGR Factory Comunicazione, Associazione poeti Il gatto certosino, Antenna Blu TV. La combinazione di tali competenze ha reso possibile la formazione di una squadra di professionisti in giuria (fra cui anche Roberto Trovato e Saverio Zumbo) a direzione dei workshop: SPEAKERING    (Angelo Di Benedetto, speaker RTL 102.5) LETTURA DI AUDIOLIBRI   (Paola Ergi, Dir. GOODmood) RECITAZIONE    (Daniela Capurro, regista, attrice, dri. Art. Teatro G.A.G.) DOPPIAGGIO    (Pietro Ubaldi, doppiatore voce ufficiale di Boing TV) VIDEO PERFORMERS   (Riccardo Recchia, regista RAI, Mediaset, Bobolone TV) COMBATTIMENTO SCENICO  (Alberto Di Candia, vice campione del mondo scherma      artistica) CONDUZIONE TELEVISIVA  (Enrico Cirone, giornalista conduttore Tele Nord) Le iscrizioni sono aperte fino al 15 giugno. Per iscriversi è necessario l'invio delle candidature a teatrogag@gmail.com servendosi dei moduli predisposti scaricabili dalla homepage del sito del Teatro G.A.G. https://teatrogag.jimdo.com.  Informazioni Tel . 010211004   3920930335. Trailer su Youtube https://www.youtube.com/watch?v=5bVaeAYlWw0
A Livorno stage di Danza Classica per allievi e docenti
Il 3, 4 e 5 gennaio 2013, si svolge a Livorno presso  il Teatro Goldoni ,organizzato dalla Fondazione Teatro Goldoni di Livorno , dall'Associazione Danza Livorno e  promosso dall'Associazione Culturale DanzaSì, uno stage di danza classica rivolto ad insegnanti e allievi dai 12 anni in su tenuto da Mme. Francesca Zumbo e Mr. Bertrand Barena, docenti di fama internazionale provenienti direttamente dal Ballet e da l'Ecole de Danse National de L'Opéra de Paris.   Gli allievi, divisi per fasce di età, possono frequentare lezioni di danza classica, punte e sbarra a terra con l'accompagnamento dal vivo dei pianisti Marco Paderni e Valeria Vitaterna mentre gli insegnanti possono assistere a tutte le lezioni e partecipare a incontri giornalieri con i docenti dell'Opéra di Parigi.. Nel 2013 l'Ecole de Danse National dell'Opéra di Parigi festeggia il "Trecentenaire de l'Ecole Française de Danse" e lo stage si prefigge di far conoscere lo stile francese dell'Opéra ,inoltre , in occasione dello stage, si svolgerà il 5 gennaio 2013 l'Audizione per l'ammissione all'anno accademico 2013/2014 a L'Ecole Superieure de Danse "Rossella Higtower" di Cannes
Mater&Bellum con Rossy de Palma a Nora tra miti e Metamorfosi e Nata dalla Luna
XXX Festival "La Notte dei Poeti"   MATER & BELLUM di e con Rossy de Palma  Teatro Romano di Nora (Pula - CA) - giovedì 19 luglio ore 22   Racconti in spiaggia intorno al fuoco Nora, sulla spiagga davanti alla Chiesetta di Sant'Efisio  mercoledì 18 luglio h 21.30: LA GUERRA DI TROIA... UN PO' PRIMA di e con Senio GB Dattena e la partecipazione di Tino Petilli giovedì 19 luglio h 21.30: LE METAMORFOSI (da Ovidio) di e con Senio GB Dattena in scena con Maria Loi   SONO NATA DALLA LUNA di e con Virginia Viviano Pula - Piazza del Popolo   giovedì 19 luglio ore 22       Parole, note e visioni tra le vestigia dell'antica città fenicio-punica e poi romana con il XXX Festival "La notte dei poeti" a Nora (Pula) con un ricco cartellone tra recitals e mises en espace nella cornice affascinante e magica del Teatro Romano dal 13 al 21 luglio e incursioni nel centro del paese a pochi chilometri da Cagliari  e nell'area archeologica, ma pure nell'ex cantina Sociale di Santa Margherita di Pula con le sinestesie bacchiche di "Fermentación" del catalano Teatro de Los Sentidos, per la regia di Enrique Vargas (dal 17 al 20 luglio, alle 19.30 alle 21 e alle 22.30 - info & prenotazioni 345.4894565).   Dopo l'ouverture con "Salammbô" - da Flaubert nella traduzione di Patrizia Valduga - interpretata da Caterina Murino, in scena con Valter Malosti, e le rime evocative di un "Canto degli Esclusi" con Alessio Boni e Marcello Prayer per un "concertato a due per Alda Merini", intenso e lieve nell'ironia, chiave di lettura del mondo della poetessa milanese e la danza con il Gran Galà del Balletto dell'Esperia, l'intrigante kermesse firmata CeDAC prosegue tra Racconti (e cinema) sotto le stelle e ancora Racconti intorno al fuoco. Antichi miti rivisitati dal Teatro Barbaro di Senio GB Dattena: "La guerra di Troia... un po' prima" gioca tra archeologia e storie di dèe e eroi, con fantascientifiche macchine e scoperte sorprendenti con imprevedibili epifanie in un divertissement per grandi e piccini (lunedì 16 luglio alle 21.30 nell'area archeologica di Nora e mercoledì 18 luglio sempre alle 21.30 in spiaggia presso la Chiesa di Sant'Efisio a Nora) con la partecipazione straordinaria di Tino Petilli; ne "Le Metamorfosi" le fiabe belle e crudeli di Ovidio rivivono nella narrazione di Senio GB Dattena e Maria Loi (martedì 17 alle 21.30 nella zona archeologica, giovedì 19 alle 21.30 davanti a Sant'Efisio).  Nel segno della settima arte, dopo "Pina" di Wim Wenders (lunedì 16) per un omaggio alla danzatrice e coreografa Pina Bausch e "Cesare deve morire" dei fratelli Taviani (martedì 17), tra segnali di libertà oltre le sbarre con il teatro shakespeariano, mercoledì 18 luglio alle 22.30 nell'area archeologica di Nora per l'ultimo appuntamento del trittico cinematografico spazio alle immagini del "Faust" di Aleksandr Sokurov Tra vita e sogno, scienza e poesia, "Nata dalla Luna" di e con Virginia Viviano propone - giovedì 19 luglio dalle 22 nella Piazza del Popolo di Pula - una riletture dalle Cosmicomiche di Calvino tra aeree danze e voli, in un onirico viaggio tra la Terra e l'astro notturno in forma di moderna fiaba.    Festival "fuori le mura" dunque, ma soprattutto sul palco del Teatro Romano di Nora, dove "La Notte dei Poeti" ritrova (alla fine di un lungo esilio per restauri e scavi) la sua sede naturale: sarà l'incanto del cielo e del mare a far da scenario giovedì 19 luglio dalle 21 a "Mater& Bellum" - la pièce scritta e interpretata (in luogo dell'annunciato viaggio tra Versos Contrarios) da Rossy de Palma , volto indimenticabile del cinema di Pedro Almodóvar, simbolo di bellezza "picassiana" e fuori dai canoni. Creata (nel 2005) per "Confidenze" al Teatro Maria Guerrero di Madrid, la partitura per un'ttrice mescola le gioie e ansie della maternità con le complicazioni della guerra, affrontando con eleganza, brio e leggerezza aspetti controversi e "estremi" della contemporaneità.    In prima nazionale Rossy de Palma, la chica di Almodovar,  sbarca a Nora con Mater&Bellum: un monologo a cui la versatile artista spagnola - attrice e cantante, creatrice di abiti e accessori, appassionata di scultura -  affida le paure e le emozioni della maternità, un dialogo col nascituro ironico e divertente, a tratti, drammatico perché le cronache di guerra contemporanee irrompono d'improvviso in questo dialogo intimo col loro portato di lutti. “Come Teseo in un labirinto di ombre, Rossy de Palma, esplora i propri ricordi e le sensazioni seguendo un filo, rosso cordone ombelicale, che raccoglie in una matassa e la conduce a un coagulo di parole che giocano ad essere dritto e rovescio, amore e dolore, interiore ed esteriore, pieno e vuoto, madre e figlio. Il discorso è una spirale che culmina in una sfera,  il battito di una nuova vita. Ipnotico canto alla vita sopra gli orrori quotidiani e i disastri della guerra, disfacendo schegge di angoscia con uno scarto di poetico humor, la maternità come centro, idea fondamentale” scrive il critico Juan Ignacio Garcia Garzon.  Il monologo diventa dialogo costante con chi abita, seppure temporaneamente, il sé della madre, confidenza e straniamento costruiti attraverso il gioco di parole, l’iperbole, l’onomatopea, finché la guerra, le sue cronache, la contabilità dei suoi morti, irrompe reale e concreta più di ogni paura. Follia eterna dell’uomo che uccide i figli prima ancora che vedano la luce del mondo. Lettura scenica drammatizzata, Mater&Bellum nasce come adattamento del  monologo “Ombra e culla” ideato e composto da Rossy de Palma per il ciclo “Confidenze” del Teatro Maria Guerrero,  su richiesta del suo direttore Juan Carlos Perez de la Fuente alla fine del 2005. Mater&Bellum è stato concepito dall’autrice come un'esperienza sonora inquietante: “Attraverso il testo e la sua impotenza, il suo amore e le sue paure – dice Rossy de Palma - si viaggia a delle profondità estreme, dalle quali la maternità e la guerra si guardano senza, ovviamente, potersi capire”. ROSSY DE PALMA - Biografía Esordio La movida All'inizio degli anni '80 fece parte del gruppo musicale Peor Impossible, col quale iniziò la sua carriera di cantante con piccole tournée guadagnandosi da vivere come ogni altro gruppo nell'epoca della movida madrileña, della quale Rossy fu protagonista. Lavorò per molti anni come cameriera in un pub e lì conobbe Pedro Almodóvar, conosciuto per i film Pepi, Luci, Bom...,Laberinto de pasiones... Nel 1986 lo stesso Almodóvar la scoprì e le propose una piccola parte  nel film La ley del deseo, in una scena divertente con Eusebio Poncela. La Chica di Almodóvar Da quel momento lavora col regista manchego a film come Donne sull'orlo di una crisi di nervi, insieme ad attori come Carmen Maura, Antonio Banderas  e María Barranco, in Legami!, che arricchiscono il suo curriculum di attrice mentre continua a cantare e posare come modella per fotografi  e disegnatori dal momento che il suo viso particolare attira i disegnatori della moda d'avanguardia  come Jean-Paul Gaultier che ha visto in lei una belleza cubista, come diceva appunto Pedro Almodóvar. Durante gli anni '90 diviene chica Almodóvar grazie  a film come La flor de mi secreto o Kika, che le procura la nomination al Premio Goya. Lavora quindi come protagonista col regista francese Karim Dridi e ottiene premi per pubblicità e serie televisive . Più del talento interpretativo Rossy de Palma diventa un personaggio popolare della cronaca rosa. Rossy de Palma senza Almodóvar Nonostante alcuni altri registi la guardassero con sospetto Rossy lavora a film come Los gusanos no llevan bufanda o Don Juan, mi querido fantasma, e collabora con registi  ugualmente famosi come Álex de la Iglesia. Legata a Victoria Abril lavora con lei nel film francese La mujer del cosmonauta. Dal 2000 prosegue la sua carriera trasferendosi in Francia, dove gira i film El embolao, La mule, Double zéro. Attualmente vive a Parigi con due figli nati dalla relazione col modello spagnolo Santiago Lajusticia, Rossy  si è allontanata negli ultimi anni dal cinema e dalla vita pubblica per dedicarsi a progetti musicali. E' tornata in Spagna per promuovere un progetto musicale che vede la sua collaborazione: Venti centimetri.                                                                       *    *     *    *     *     *     *      *     note sugli spettacoli de LA NOTTE DEI POETI TEATRO: "La guerra di Troia...un po' prima" è lo stralunato racconto di Senio GB Dattena sui miti che precedono la narrazione dell'Iliade, con l'irruzione di Tino Petilli nella parte di Zeus; lo spettacolo viene presentato mercoledì 18 sulla spiaggia di Nora tra i falò alle 21,30.  Nella mise en scène - con sobria scenografia ma senza rinunciare agli "effetti speciali" di una singolare macchina scenica - de  "La Guerra di Troia... un po' prima"       il racconto dell'Iliade nel teatro di narrazione diviene un’avventura, un’esperienza, un viaggio affascinante nella mitologia. Protagonista dell'incontro è un archeologo decisamente particolare che durante gli scavi perde i suoi compagni di lavoro e mette a rischio la propria salute fisica e mentale per portare alla luce reperti archeologici di fondamentale importanza. I risultati delle sue ricerche riguardano gli accadimenti che precedettero la guerra di Troia. Finalmente apparirà la verità sull'amore tra Teti e Peleo, sul pomo della Discordia e così via fino alla partenza per Troia. Una serie incredibile di ritrovamenti consentiranno di vedere con altri occhi e sentire con altre orecchie molto di quello che chiamiamo mitologia ed è oggi storia.     "Le Metamorfosi" del Teatro Barbaro, secondo Senio GB Dattena, attore, dramaturg e regista - in scena con Maria Loi (Racconti intorno al fuoco il 19 luglio alle 21.30 presso la Chiesa di Sant'Efisio): Il lavoro nasce da un’appassionata lettura delle Metamorfosi di Ovidio. Sono storie leggere e profonde a un tempo, piene di magia e crudeltà, delle quali non siamo mai sazi. Storie che aprono dentro di noi varchi insospettati. Ci trasformano, appunto. Ognuna di loro è un viaggio nella nostra anima, nel nostro mondo interiore e oscuro. Sempre  raccontano di noi, delle nostre metamorfosi, dei nostri sentimenti e delle battaglie del cuore. Si parla di un tempo in cui c’erano gli dei .. le ninfe .. i fauni .. e altre creature ancora ..! Un tempo in cui è naturale che una ninfa si trasformi in un frondoso albero di alloro, un meraviglioso giovinetto in un fiore o un assassino in upupa. Quello de le “metamorfosi”, è un viaggio di purificazione senza incensi e mantra, senza preghiere e rinunce, senza sensi di colpa e confessioni. Le Metamorfosi ci ricordano che siamo figli degli dei e che gli dei sono come noi.       ***********  FERMENTACIÓN Regia e Drammaturgia di Enrique Vargas con Nelson Jara Torres, Francesca Giaconi, Aurora Arenare, Francisco Javier Garcia e Davide Giacobbe e Marta Proietti Orzella e Corrado Licheri “Tanto, tanto tempo fa, solo alcuni uomini conoscevano il segreto e il rischio di risvegliare l’anima che abita nel vino....“ I viaggiatori ascoltano il racconto in una cornice unica, scoprono il minuscolo chicco d’uva che compare nella terra fertile. Sorgerà molto lentamente sotto una piccola montagnola di terra umida e verrà raccolto con attenzione estrema. Consegnato ai viaggiatori, il chicco e il suo futuro saranno collegati agli spettatori per tutto il viaggio. Pigeranno l’uva con le dita delle mani, e ormai convertiti in lavoratori di questo microcosmo della vendemmia, scopriranno che estrarre il succo dell’uva è come estrarre il succo della vita stessa. Dopo, il riposo, la fermentazione in uno spazio che, grazie al gioco drammaturgico, si sarà trasformato in un barile coperto durante il percorso, per proteggere e decantare il sapore, la polpa, il profumo. L’oscurità aumenta l’intensità del viaggio. Trasformandosi lentamente in vino, mentre, solo in apparenza, dorme, il succo dell’uva trasporta i viaggiatori nel suo passato di pianta e nel suo futuro di liquido depurato e prezioso; dalla foglia al ramo, dalla radice fino al pianta, fino nel profondo della terra, da dove già si anticipava come premonizione, come sogno e come certezza, la sua trasformazione in vino. I viaggiatori si svegliano da questo sogno con il suono che li guida verso la condivisione di un bicchiere di vino. Il profumo diventa memoria di tutto quello che il vino è stato, legno, mela, noce, erba. Il sapore ha la forma non solo di quello che il palato riconosce, ma anche il corpo intero e la sua anima. E alla fine, la celebrazione, la festa, la musica che accompagna la nascita del vino, la libertà, la follia; incontrare il proprio altro, svelare il segreto o meglio ancora, conservarlo, si, proteggerlo, come ogni segreto. Un viaggio intimo dentro di te. All'inizio era il grano, terra, crescita, radice. Il vino libertà dell'aria, fermentazione, trasgressione e fusione dei limiti tra ebberezza e sapienza, realtà e pazzia, identità e frammentazione, “solo la pazzia salva il mondo”. Così scrive Vargas nelle note di regia allo spettacolo la Memoria del vino, cui Fermentacion è certamente legato. E la critica gli fa eco “Il pubblico non assiste ma partecipa pienamente al rituale della preparazione del vino: si assaggia il chicco, si odora il mosto, si pesta il  vino e si beve l'istruttivo succo (zumo) che ti conquista all'allegria e al ballo carnevalesco” (Francesc Massip, Avui); “C'è sempre un segreto,. C'è sempre una storia. E lo spettatore/visitatore  ne diviene parte durante il suo stare? In questo spazio senza tempo, calmo, irreale” Santiago Fondevila, La Vanguardia, I progetti del Teatro de los sentidos  hanno la loro origine nella constatazione che, con sempre maggiore frequenza, il pubblico teatrale si converte in elemento passivo. Obiettivo primario del lavoro è potenziare la partecipazione creativa degli spettatori facendoli viaggiare dentro se stessi in un ambiente tale da risvegliare l’immaginario ancestrale. Le proposte del Teatro de los Sentidos sono esperienze intime. La drammaturgia fa sì che l’esperienza del pubblico sia individuale. Le esperienze e le emozioni che lo spettatore incontra nel percorso fanno sì che da un primo impatto di curiosità verso l’ambente in cui si trova, lo spettatore si converta non solo in viaggiatore, ma nel protagonista del suo labirinto interiore dove la memoria del corpo gioca un ruolo primordiale. La miglior forma di trovarsi è perdersi. Il Teatro de los Sentidos offre con Fermentación uno spettacolo che si nutre della memoria del vino e dell’immaginario ancestrale dionisiaco. Guidati da un gruppo di attori si crea un'installazione ludico-sensoriale che, nella forma del labirinto, al quale si accede in gruppi di 30 persone, si vincola alla memoria del corpo e alla poetica dei sensi. Lo spettacolo ha debuttato nel 2011 al Festival Internacional de Teatre de Tarragona. E' stato presentato nello stesso anno al Festival Benevento Città Spettacolo e alle Vie dei Festival di Roma Teatro de los Sentidos è una compagnia stabile di artisti-ricercatori provenienti da discipline differenti e da paesi diversi che collaborano da più di 20 anni con Enrique Vargas. Insieme, lavorano a una poetica delle emozioni e indagano la relazione tra linguaggio sensoriale e creazione teatrale. La compagnia sviluppa la propria ricerca verso un linguaggio basato sul non detto. Seguendo la huella? di tradizioni orali ancestrali mette in scena il Silenzio come condizione indispensabile per una comunicazione tra l'opera e il pubblico. Tra i numerosi riconoscimenti internazionali si ricordano: Premio della stampa per la Migliore Opera dell'anno 2008 (Pittsburgh. EEUU), Premio TZ Rosen del pubblico e della critica. Monaco (2008 y 2005), Premio de Honor del Festival Internacional de Teatro de Valladolid (2006) per il  nostro lavoro di ricerca e percorso artistico, Premio MAX per le nuove tendenze sceniche (2005), Premio Sebastià Gasch. Barcellona (2004). Enrique Vargas  Drammaturgo, regista e antropologo colombiano. In più di 30 anni ha sviluppato un linguaggio poetico che ha profondamente influenzato il teatro contemporaneo. Da piccolo inventa giochi e piccoli labirinti nell’intricato paesaggio delle coltivazioni di caffè, classiche del territorio andino in cui è cresciuto. Il suo lavoro di creazione si dedica alla ricerca dello stesso spirito dei suoi primi giochi e allo sviluppo di una poetica dei sensi che lo riempia di significato. Si forma nella Scuola Nazionale di Arte Drammatica di Bogotà e successivamente studia Antropologia Teatrale presso l’Università del Michigan, negli Stati Uniti. Dedica 15 anni alla ricerca sui rituali del gioco e sui miti dell‘Amazzonia Colombiana. Nel 1993 lascia l’insegnamento nell’Università Nacional di Bogotà e con la sua compagnia, il Teatro de los Sentidos, continua la ricerca e il lavoro di creazione di opere con grande impatto emotivo come “Il Filo di Arianna”, “Oracoli”, “La Memoria del Vino”, “El eco de la sombra”, il progetto “Habitantes” realizzato finora in 5 grandi capitali del mondo, “Piccoli esercizi per il buon morire” e “Fermentacion”. Attualmente, oltre ad essere il Direttore Artistico della Compagnia, dirige il corso dottorato universitario “Poetica dei sensi. Linguaggio sensoriale e poetica del gioco” per l’Università di Girona, e dirige i corsi avanzati della Scuola dei Sensi a Barcellona.   **************************  Nata dalla Luna         di Virginia Viviano MUSICAL DI TEATRO CIRCO  Liberamente ispirato a un racconto di Italo Calvino Nata dalla Luna è uno spettacolo per grandi e bambini. Tutti possono sentire, gustare il brivido e la magia del Corpo Acrobatico sul trapezio, o mentre gioca col fuoco o si arrampica su sino alla luna. Tutti possono vedere i pesci volanti, la Luna che si tuffa in mare...tutti possono sentire il sapore dolce del Latte Lunare Questi sono gli ingredienti di uno spettacolo prezioso come un gioiello, ideato e interpretato da Virginia Viviano: un'attrice, acrobata, giocoliera cantante e incantatrice che vi trasporterà in fantastici mondi lunari dove è possibile volare.   CINEMA "Faust" di Aleksandr Sokurov Dopo la trilogia dedicata ai grandi uomini politici del ’900, il regista russo Aleksandr Sokurov torna sul tema del rapporto dell’uomo con il potere, misurandosi con quello che è uno dei classici per eccellenza della letteratura mondiale. Recitati proprio nella lingua di Goethe e di Mann, i dialoghi fortemente letterari contribuiscono a spersonalizzare i protagonisti. La regia di Sokurov  insegue i personaggi con una ferocia che non concede tregua, andando a cogliere gli aspetti più sgradevoli dei loro gesti e dei desolanti luoghi che attraversano. Dall’incontro tra Faust e il suo compare/aguzzino fino alla fine non c’è un attimo di respiro, in una corsa continua al prossimo oggetto del desiderio, sia esso il denaro, la conoscenza, una donna. Una corsa che al tempo stesso è una fuga senza pace da qualcosa: un’accusa di omicidio, un pericolo incombente, ma soprattutto la noia di ciò che si è già ottenuto. Le interpretazioni teatrali dei protagonisti, la gravità del testo originale, la fotografia violentemente virata sul verde di Bruno Delbonnel, tutto viene orchestrato da Sokurov come in un concerto. L’atmosfera  è quella di un’angoscia lugubre che non lascia il minimo spazio all’ironia o al romanticismo. Il regista russo non si appiattisce comunque sulla trasposizione letteraria, ma anzi la disprezza, prendendosi delle libertà non indifferenti nella parte finale e nella scelta del significato più profondo di questa nuova opera.       BIGLIETTI Apertura botteghino un'ora prima dello spettacolo - Biglietteria online: www.vivaticket .it prevendita: CAGLIARI: Box Office- viale Regina Margherita 43 Tel. 070 657428 PULA: Infopoint Pula - Piazza del Comune orari mattina ore 9,30 – 12,30 - sera 18,00 – 21,00 Tel. 070/9209333         A cura de La Redazione di Teatro.Org
'Fermentación' e miti in scena nel XXX Festival 'La notte dei poeti'
XXX Festival "La notte dei poeti" 13-21 luglio 2012   Racconti e Cinema sotto le stelle Nora, area archeologica lunedì 16 luglio - ore 21.30: "La guerra di Troia... un po' prima" lunedì 16 luglio - ore 22.30: "Pina", regia di Wim Wenders   "Fermentación" / Teatro de Los Sentidos ex Cantina Sociale - Santa Margherita di Pula 17-20 luglio 2012 - ore 19.30, 21 e 22.30     En attendant il trittico tra parole e note del prossimo weekend con il recital di Rossy De Palma il 19 luglio, Claudio Santamaria e le "Memorie di un folle" di Flaubert (il 20) e infine la "Quarta Dimensione - Poesia delle pietre e della parola" esplorata dallo scultore Pinuccio Sciola  e l'attore errante Moni Ovadia sulle note del violino di Diego Deiana (il 21 luglio) al Teatro Romano di Nora, il XXX Festival "La Notte dei Poeti" 2012 approda (dal 17 al 20 luglio) nell'ex Cantina Sociale di Santa Margherita di Pula per "Fermentación"  del Teatro de Los Sentidos. La cittadina costiera di Pula sarà altresì cornice di spettacoli e laboratori (DanzarPoesia a cura di Enrica Spada e Trottola con Virginia Viviano, di scena giovedì 19 luglio in Piazza del Popolo con "Nata dalla Luna") e parole e visioni abiteranno l'area archeologica tra Racconti... e Cinema sotto le Stelle con "La storia di Troia... un po' prima" di e con Senio GB Dattena e uno straordinario Tino Petilli - lunedì 16 luglio alle 21.30 (in replica mercoledì 18 alle 21.30 sulla spiaggia davanti alla Chiesetta di Sant'Efisio, per il ciclo dei Racconti intorno al fuoco) - e "Le Metamorfosi" da Ovidio nella trasposizione di Senio G.B. Dattena, in scena con l'attrice Maria Loi (martedì 17 luglio alle 21.30 nell'area archeologica per i Racconti sotto le Stelle e giovedì 19 luglio sempre dalle 21.30 presso la chiesa di Sant'Efisio a suggellare i Racconti intorno al fuoco). La decima musa sarà protagonista nell'area archeologica lunedì 16 alle 22.30 con "Pina" di Wim Wenders, visionario omaggio all'arte di Pina Bausch; martedì 17 il cinema dei Taviani con "Cesare deve morire" e infine il 18 luglio, sempre alle 22.30 con il "Faust" di Aleksandr Sokurov.   **********************                                                                                                            “Carne es carne,                                                                                                              vino es sangre”                                                                                                                                                                                                                                                                     Enrique Vargas                                                                                                                                                  Teatro de Los Sentidos                                                                                 FERMENTACIÓN   Regia e Drammaturgia di Enrique Vargas con Nelson Jara Torres Francesca Giaconi Aurora Arenare Francisco Javier Garcia Davide Giacobbe e in Sardegna: Marta Proietti Orzella e Corrado Licheri “Tanto, tanto tempo fa, solo alcuni uomini conoscevano il segreto e il rischio di risvegliare l’anima che abita nel vino....“ I viaggiatori ascoltano il racconto in una cornice unica, scoprono il minuscolo chicco d’uva che compare nella terra fertile. Sorgerà molto lentamente sotto una piccola montagnola di terra umida e verrà raccolto con attenzione estrema. Consegnato ai viaggiatori, il chicco e il suo futuro saranno collegati agli spettatori per tutto il viaggio. Pigeranno l’uva con le dita delle mani, e ormai convertiti in lavoratori di questo microcosmo della vendemmia, scopriranno che estrarre il succo dell’uva è come estrarre il succo della vita stessa. Dopo, il riposo, la fermentazione in uno spazio che, grazie al gioco drammaturgico, si sarà trasformato in un barile coperto durante il percorso, per proteggere e decantare il sapore, la polpa, il profumo. L’oscurità aumenta l’intensità del viaggio. Trasformandosi lentamente in vino, mentre, solo in apparenza, dorme, il succo dell’uva trasporta i viaggiatori nel suo passato di pianta e nel suo futuro di liquido depurato e prezioso; dalla foglia al ramo, dalla radice fino al pianta, fino nel profondo della terra, da dove già si anticipava come premonizione, come sogno e come certezza, la sua trasformazione in vino. I viaggiatori si svegliano da questo sogno con il suono che li guida verso la condivisione di un bicchiere di vino. Il profumo diventa memoria di tutto quello che il vino è stato, legno, mela, noce, erba. Il sapore ha la forma non solo di quello che il palato riconosce, ma anche il corpo intero e la sua anima. E alla fine, la celebrazione, la festa, la musica che accompagna la nascita del vino, la libertà, la follia; incontrare il proprio altro, svelare il segreto o meglio ancora, conservarlo, si, proteggerlo, come ogni segreto. Un viaggio intimo dentro di te. All'inizio era il grano, terra, crescita, radice. Il vino libertà dell'aria, fermentazione, trasgressione e fusione dei limiti tra ebberezza e sapienza, realtà e pazzia, identità e frammentazione, “solo la pazzia salva il mondo”. Così scrive Vargas nelle note di regia allo spettacolo la Memoria del vino, cui Fermentacion è certamente legato. E la critica gli fa eco “Il pubblico non assiste ma partecipa pienamente al rituale della preparazione del vino: si assaggia il chicco, si odora il mosto, si pesta il  vino e si beve l'istruttivo succo (zumo) che ti conquista all'allegria e al ballo carnevalesco” (Francesc Massip, Avui); “C'è sempre un segreto,. C'è sempre una storia. E lo spettatore/visitatore  ne diviene parte durante il suo stare? In questo spazio senza tempo, calmo, irreale” Santiago Fondevila, La Vanguardia, I progetti del Teatro de los sentidos  hanno la loro origine nella constatazione che, con sempre maggiore frequenza, il pubblico teatrale si converte in elemento passivo. Obiettivo primario del lavoro è potenziare la partecipazione creativa degli spettatori facendoli viaggiare dentro se stessi in un ambiente tale da risvegliare l’immaginario ancestrale. Le proposte del Teatro de los Sentidos sono esperienze intime. La drammaturgia fa sì che l’esperienza del pubblico sia individuale. Le esperienze e le emozioni che lo spettatore incontra nel percorso fanno sì che da un primo impatto di curiosità verso l’ambente in cui si trova, lo spettatore si converta non solo in viaggiatore, ma nel protagonista del suo labirinto interiore dove la memoria del corpo gioca un ruolo primordiale. La miglior forma di trovarsi è perdersi. Il Teatro de los Sentidos offre con Fermentación uno spettacolo che si nutre della memoria del vino e dell’immaginario ancestrale dionisiaco. Guidati da un gruppo di attori si crea un'installazione ludico-sensoriale che, nella forma del labirinto, al quale si accede in gruppi di 30 persone, si vincola alla memoria del corpo e alla poetica dei sensi. Lo spettacolo ha debuttato nel 2011 al Festival Internacional de Teatre de Tarragona. E' stato presentato nello stesso anno al Festival Benevento Città Spettacolo e alle Vie dei Festival di Roma La Compagnia Teatro de los Sentidos è una compagnia stabile di artisti-ricercatori provenienti da discipline differenti e da paesi diversi che collaborano da più di 20 anni con Enrique Vargas. Insieme, lavorano a una poetica delle emozioni e indagano la relazione tra linguaggio sensoriale e creazione teatrale. La compagnia sviluppa la propria ricerca verso un linguaggio basato sul non detto. Seguendo la huella? di tradizioni orali ancestrali mette in scena il Silenzio come condizione indispensabile per una comunicazione tra l'opera e il pubblico. Tra i numerosi riconoscimenti internazionali si ricordano: Premio della stampa per la Migliore Opera dell'anno 2008 (Pittsburgh. EEUU), Premio TZ Rosen del pubblico e della critica. Monaco (2008 y 2005), Premio de Honor del Festival Internacional de Teatro de Valladolid (2006) per il  nostro lavoro di ricerca e percorso artistico, Premio MAX per le nuove tendenze sceniche (2005), Premio Sebastià Gasch. Barcellona (2004). Enrique Vargas  Drammaturgo, regista e antropologo colombiano. In più di 30 anni ha sviluppato un linguaggio poetico che ha profondamente influenzato il teatro contemporaneo. Da piccolo inventa giochi e piccoli labirinti nell’intricato paesaggio delle coltivazioni di caffè, classiche del territorio andino in cui è cresciuto. Il suo lavoro di creazione si dedica alla ricerca dello stesso spirito dei suoi primi giochi e allo sviluppo di una poetica dei sensi che lo riempia di significato. Si forma nella Scuola Nazionale di Arte Drammatica di Bogotà e successivamente studia Antropologia Teatrale presso l’Università del Michigan, negli Stati Uniti. Dedica 15 anni alla ricerca sui rituali del gioco e sui miti dell‘Amazzonia Colombiana. Nel 1993 lascia l’insegnamento nell’Università Nacional di Bogotà e con la sua compagnia, il Teatro de los Sentidos, continua la ricerca e il lavoro di creazione di opere con grande impatto emotivo come “Il Filo di Arianna”, “Oracoli”, “La Memoria del Vino”, “El eco de la sombra”, il progetto “Habitantes” realizzato finora in 5 grandi capitali del mondo, “Piccoli esercizi per il buon morire” e “Fermentacion”. Attualmente, oltre ad essere il Direttore Artistico della Compagnia, dirige il corso dottorato universitario “Poetica dei sensi. Linguaggio sensoriale e poetica del gioco”   Info e prenotazioni: Fermentación In calendario tre repliche al giorno rispettivamente alle 19,30, alle 21,00 e alle 22,30 per piccoli gruppi di 25 spettatori - indispensabile la prenotazione presso l'Infopoint di Pula in Piazza del Comune (070/9209333) oppure al 345 4894565 e infine all'indirizzo mail  biglietteria@cedacsardegna.it . Per arrivare alla Ex Cantina sociale c'è anche un bus messo a disposizione dalla Notte dei Poeti che parte dalla fermata dell'ARST ( in viale Segni, a Pula).     ************************************************                                                                                      Teatro Barbaro                                                                     LA GUERRA DI TROIA...UN PO’ PRIMA di e con Senio G.B. Dattena con la partecipazione straordinaria di Tino Petilli violino: Maurizio Serra scultura di Mariano Corda Il racconto dell'Iliade nel teatro di narrazione diviene un’avventura, un’esperienza, un viaggio affascinante nella mitologia. Protagonista dell'incontro è un archeologo decisamente particolare che durante gli scavi perde i suoi compagni di lavoro e mette a rischio la propria salute fisica e mentale per portare alla luce reperti archeologici di fondamentale importanza. I risultati delle sue ricerche riguardano gli accadimenti che precedettero la guerra di Troia. Finalmente apparirà la verità sull'amore tra Teti e Peleo, sul pomo della Discordia e così via fino alla partenza per Troia. Una serie incredibile di ritrovamenti consentiranno di vedere con altri occhi e sentire con altre orecchie molto di quello che chiamiamo mitologia ed è oggi storia. Particolari apparizioni potrebbero mettere in serio pericolo la salute mentale dei più sensibili tra gli spettatori  al punto da farli diventare simili al nostro archeologo poco ortodosso. Per certo non ve ne andrete come siete venuti. Siete avvisati. Il teatro di narrazione rende vera, viva e attuale una storia che data più di tremila anni perché tra narratore e spettatore si crea uno spazio intimo, frutto dell'ascolto. Nella nostra narrazione non c’è l'intento di attualizzare, anche se nella mitologia troviamo situazioni che ci riportano alla contemporaneità. Ma questa è la forza dei classici. Riescono a suggerirci quanto ci appartiene profondamente.                                                                                                         ***                                                                                         LE METAMORFOSI                                                                                 Dalle Metamorfosi di Ovidio adattamento e regia Senio G.B. Dattena con Maria Loi e Senio G.B. Dattena   Il lavoro nasce da un’appassionata lettura delle Metamorfosi di Ovidio. Sono storie leggere e profonde a un tempo, piene di magia e crudeltà, delle quali non siamo mai sazi. Storie che aprono dentro di noi varchi insospettati. Ci trasformano, appunto. Ognuna di loro è un viaggio nella nostra anima, nel nostro mondo interiore e oscuro. Sempre  raccontano di noi, delle nostre metamorfosi, dei nostri sentimenti e delle battaglie del cuore. Si parla di un tempo in cui c’erano gli dei .. le ninfe .. i fauni .. e altre creature ancora ..! Un tempo in cui è naturale che una ninfa si trasformi in un frondoso albero di alloro, un meraviglioso giovinetto in un fiore o un assassino in upupa. Quello de le “metamorfosi”, è un viaggio di purificazione senza incensi e mantra, senza preghiere e rinunce, senza sensi di colpa e confessioni. Le Metamorfosi ci ricordano che siamo figli degli dei e che gli dei sono come noi. Teatro Barbaro: nasce nel Dicembre del 2009, ma nonostante la giovane età del nuovo progetto, i suoi componenti si dedicano al teatro da parecchi lustri. Oltre un’intensa attività teatrale, la Compagnia dedica le sue energie alla lettura di fiabe e racconti per bambini e adulti. Tiene laboratori di recitazione, di dizione e di lettura ad alta voce. Lavora nei teatri, nelle piazze, nelle scuole e nelle biblioteche e ovunque ci sia qualcuno che voglia ascoltare.     BIGLIETTI Fermentaciòn      € 15 compreso servizio navetta (da Pula centro a  Santa Margherita A/R) prenotazione obbligatoria c/o Infopoint 3 repliche al giorno: Orari spettacoli: 19.30, 21, 22.30   Cinema       € 5 I Racconti     € 7 Racconto + Film      € 10 al giorno   Informazioni: biglietteria@cedacsardegna.it tel. 345 4894565 www.lanottedeipoeti.it www.cedacsardegna.it www.comune.pula.ca.it       A cura de La Redazione di Teatro.Org
Mi tolgo gli occhiali e guardo l'infinito.
La miopia sfuma i confini del mondo, è una cataratta che protegge il nostro buio, le nostre certezze. Lo sa bene O’ Spicchiato, abituato all’infinito azzurro del mare, lo sa Nicola che ha gli occhi spalancati ma non vede e se ne sta incantato su una sedia, come un mucchio di stracci vecchi. Miopi siamo anche noi spettatori, non lo sospettavamo, eppure certe storie ce le hanno dovute mettere sotto gli occhi perché non riuscivamo a vederle. Ognuno fa la sua parte. Emma Dante reinventa un teatro antico. C’è una tensione palpabile nelle cose, nelle storie, nei dettagli. Il suo è un teatro di antagonismo. Non vuole esserlo programmaticamente, ma finisce per diventarlo perché oggi raccontare il dolore corrisponde a “provocare”. La Trilogia si pone su questa falsariga, provoca nel senso più intimo del termine: “chiama avanti” nuove domande, “chiama fuori” stereotipi logori. Le smonta ad una ad una, queste nostre verità, bambole rotte nelle sue manine di bimba visionaria. Il suo teatro diventa necessità, rompe, lacera, ci riempie di gioia il cuore. Abbiamo a che fare con il corpo, con gli odori, i sapori , con la luce negli occhi degli attori. E noi non siamo più abituati a guardare. La Trilogia degli occhiali è un trittico, tre atti - Acquasanta, Il castello della Zisa e Ballerini - slegati eppure coniugati insieme. Un esempio felice in cui il valore complementare dell’unione supera di gran lunga la somma degli elementi dell’insieme, la sinergia di queste storie ha per risultato un’evidenza empirica: il nostro straniamento. Il lirismo dei dimenticati esercita un fascino particolare. Si sente la vita pulsare, si può ancora far poesia. La parola è scarnificata, impastata di dialetto e viscere, sbiascicata, sputata. Sul palco basta la fisicità espressiva dei corpi, la regia è un lavoro di sottrazione, sopravvivono il fiato, la saliva, il cuore, lo stomaco. Le tre storie sono tragiche e struggenti, ciascuna a suo modo. Fanno ridere e piangere insieme, sono un pugno nello stomaco, un cazzotto in faccia, una carezza. Ogni storia è un naufragio, una scheggia.  Gli attori si danno con generosità e slancio in uno sforzo estremo: sanno che l’anima passa attraverso il sudore, lo scricchiolio delle ossa. Ci sono sapori in questo spettacolo che lo rendono familiare per tutte le matrici adoperate. Il Teatro di Cascina propone i primi due capitoli della Trilogia degli occhiali. Acquasanta, il primo, è la storia di un “mezzomozzo” innamorato del mare. E’ imbarcato da quando aveva quindici anni, alla terraferma non ci crede più. Carmine Maringola ci regala un’interpretazione sublime. Amplifica il gesto che genera la parola, improvvisa come pochi sanno fare, sbava, sbraita, scalcia, balla, vola. Tira fuori l’anima, la stilla fra le gocce di sudore che gli imperlano la fronte. Il presente è l’unico tempo che il mezzomozzo abita. La sua vita, la sua storia durano il fiato dello sguardo al pubblico. Cuce insieme passato e futuro, ne fa frammenti di eternità e a questi affida la sua dichiarazione d’amore al mare. E’ uno sproloquio di passione quello dello Spicchiato ormai abbandonato dai compagni,  crocefisso al suolo della terraferma. Così si inventa la prua di una nave e rivive la sua vita a bordo, gli ultimi giorni prima dell’abbandono, la ciurma, il capitano. Fluttuante e molleggiato, nuota abbracciato al mare sotto una nuvoletta ticchettante di firmamento. Quando lo abbandoniamo al suo destino è ormai un derelitto pezzo di legno, una marionetta in balia di gomene e ancore. Ogni cosa è studiata nel dettaglio. Gli schizzi d’acqua, i flutti sulla faccia: solo questo e nulla più rimane al mezzomozzo. Ma noi abbiamo gli occhi pieni di sale. E’ il secondo capitolo, Il Castello della Zisa, a togliere il sonno. Nicola, il bravissimo Onofrio Zummo, ragazzo del quartiere popolare Zisa di Palermo, è un corpo rotto. Due suorine – Claudia Benassi e Stéphanie Taillandier - lo accudiscono in un luogo indefinito, convento asilo istituto manicomio. Le infermiere squittiscono in un grammelot francese a mezzavoce che strappa risate e applausi. Cercano di farlo giocare, lo puliscono, lo sistemano. Un giorno l’incanto si rompe e Nicola riparte. La memoria rimaneggia vecchi ingranaggi, rianima il drago del Castello di fronte al  quartiere della Zisa. Nicola bambino stava alla finestra a guardare i diavoli appollaiati sul tetto. C’erano le principesse da proteggere, c’era la zia Marisa che lo accudiva. Così l’anima ritorna a volare, fluttua leggera e svelta, scorrendo gli anni, i volti. E’ il corpo però quello che deve attraversare. Poi un tonfo, i muscoli rigidi impazziti e ingovernabili, i pugni a terra, le gambe a scalciare. Un urlo lacera, rimbomba a distanza di giorni nella testa. Nicola ci sveglia, ci rompe il cuore. La Trilogia assomiglia al trittico dei “Tre studi per una crocifissione” di Bacon, per quel grumo irrisolto di inquietudine che delle tre pieces è il filo d’Arianna, per quella croce che si portano dietro tutti i “cecati”. La sopravvivenza scandalosa del sacro e la sua commistione spuria con il profano è condensata nella simbologia blasfema di questo teatro senza pudori.  Alcuni critici hanno proposto una lettura dantesca contemporanea della Trilogia: la vecchiaia dei Ballerini come un paradiso profano, la povertà oppiacea di Acquasanta come purgatorio di commistione fra lacrime e risate, la malattia di Nicola ne Il Castello della Zisa come inferno implacabile. La trilogia degli occhiali è un disegno sulla sabbia, un omaggio neorealista e visionario. Chi può mettere in fila indiana le tre sofferenze, farne numeri ordinali come saliscendi o comprenderle per davvero come in un disegno compiuto? Neppure importa, in fondo. Importa solo riuscire a guardarlo in faccia il dolore, senza filtri né resistenze né diottrie di miopia.  Forse allora serve fuggire le visioni di insieme organiche, quelle che spiegano tutto. Che mettono punti fermi e fanno dormire sereni. Sono i disegni frammentati, discontinui, misteriosi quelli che si fanno ricordare. Ed è così che intendo la Trilogia. Forse perché sono miope anch’io, per davvero.
Alla Città del Teatro di Cascina (PI)" La trilogia degli occhiali "di Emma Dante
sabato 30 aprile La Città del Teatro di Cascina (pi) ore 18 Ridotto de La Città del Teatro "La trilogia degli occhiali" CONVERSAZIONE CON LA COMPAGNIA a cura di ANNA BARSOTTI (docente di Storia del teatro - Università di Pisa) intervengono Carmine Maringola, Claudia Benassi, Onofrio Zummo, Stéphanie Taillandier (incontro ad ingresso libero) ore 21.00 prima toscana de LA TRILOGIA DEGLI OCCHIALI di EMMA DANTE ACQUASANTA cap. I – IL CASTELLO DELLA ZISA cap. II Coproduzione Compagnia Sud Costa Occidentale - Teatro Stabile di Napoli - CRT Centro Ricerca per il Teatro testo e regia Emma Dante scene Emma Dante, Carmine Maringola costumi Emma Dante disegno Luci Cristina Fresia coproduzione Compagnia Sud Costa Occidentale - Teatro Stabile di Napoli - CRT Centro di Ricerca per il Teatro con il sostegno di Théâtre du Rond Point – Paris Coordinamento produzione/distribuzione Fanny Bouquerel/ Amunì La trilogia è composta di tre spettacoli autonomi ma indissolubilmente legati da temi di marginalità: povertà, vecchiaia e malattia. Tutti i personaggi della trilogia inforcano gli occhiali. Sono mezzi cecati. Malinconici e alienati. La Città del Teatro sabato 30 aprile proporrà due atti della trilogia in prima toscana: Acquasanta ed Il castello della Zisa. Acquasanta, capitolo I con Carmine Maringola  Un uomo si ancora sul palcoscenico, a prua di una nave immaginaria. Sta.  Esperto nel manovrare gli ingranaggi che muovono la simulazione della nave, ‘o Spicchiato si salva dalla finta burrasca che mette in scena per rievocare i ricordi della sua vita di mozzo. È imbarcato dall’età di 15 anni e da allora non scende dalla nave. Non crede alla terraferma, per lui è ‘n’illusione. Sopra la sua testa pende il tempo del ricordo: una trentina di contaminati ticchettìano inesorabili. Poi suonano e tutto tace. Il mare smette di respirare e ‘o Spicchiato rivive l’abbandono. Un giorno la nave salpa senza di lui, lasciandolo solo e povero sul molo di un paese straniero: la terraferma. Proprio lui che senza la nave si sente perso, lui che ha votato la sua vita alla navigazione, lui che giorno e notte ha bisogno di parlare con il suo unico grande amore: il mare. Le voci della ciurma, del capitano, gli rimbombano nella testa e ‘o Spicchiato, cantastorie, tira i fili dei suoi pupi. Ma nell’attesa del ritorno della nave, il mozzo, a prua, diventa di legno come polena di un vecchio galeone. Emma Dante Il castello della Zisa, capitolo II Con Claudia Benassi, Stéphanie Taillandier, Onofrio Zummo   Nicola ha gli occhi aperti ma non vede. Vive in un istituto assistito da due donne. La giovane e quella più anziana, tra una preghiera e l’altra lo puliscono, lo sfamano, lo rimproverano e lo stimolano con alcuni giocattoli, lanciandogli palle, palline e hula hoop. In uno stato catatonico, Nicola sta seduto su una piccola sedia, da quando, bambino, fu strappato alla zia nel quartiere popolare della Zisa dove viveva davanti a un favoloso castello... in quel castello è rinchiusa la sua infanzia, la sua spensieratezza… dalla mattina alla sera davanti alla finestra se ne stava a contare i diavoli appollaiati sul tetto e a difendere il castello che di notte diventava d’argento cu tutti ‘i stedduzzi che ci facevano da coroncina. Ma un giorno, Nicola, guardiano del castello con la maschera di drago e i guanti di artigli, viene spodestato. Allora s’incanta, per sempre. Siamo noi che gli vediamo alzare gli occhi al cielo, emettere un urlo, quell’urlo imprigionato nel suo corpo, siamo noi che lo sentiamo parlare, raccontare, accendersi di passione. Dura il tempo di un fiammifero questo nostro risveglio. Emma Dante Avvisiamo il pubblico che i biglietti per lo spettacolo sono stati esauriti in prevendita. L'incontro delle ore 18 sarà aperto e ad ingresso libero
La trilogia degli ultimi
Composto da tre atti unici molto diversi l’uno dall’altro sia per temi che per registro linguistico, La trilogia degli occhiali, ci racconta tre storie diverse, tre realtà differenti accomunate non solo dall’elemento-chiave  “gli occhiali” che contraddistingue  tutti i personaggi  in scena, ma anche e soprattutto dalla scelta di dar voce ancora una volta , com’è nello stile registico di Emma Dante, al mondo degli ultimi. In Acquasanta, primo dei tre atti, assistiamo al monologo straziante ma a tratti divertente, del mozzo Spicchiato (interpretato da un bravissimo Carmine Maringola) che in uno strettissimo napoletano  mette in scena il proprio dramma. Abbandonato dai compagni sulla terraferma perché ritenuto pazzo, Spicchiato immagina di stare sulla prua arrugginita di una nave, e in preda al suo delirio ricorda, immagina e racconta di salvataggi immaginari, di tempeste, di soprusi e prese in giro dando voce ora al capitano ora ai compagni aguzzini, relegato in un luogo sconosciuto, lontano dall’unica cosa che ha sempre amato nella sua vita, il mare. Ne Il castello della Zisa, secondo capitolo della trilogia, il mondo degli ultimi è raccontato attraverso i gesti scomposti e rallentati di Nicola (Onofrio Zummo), ragazzo ritardato, affidato alle cure di due suorine solerti (Claudia Benassi e Stephanie Taillandier), a tratti quasi irritanti, che cercano di stimolarlo e punzecchiarlo in ogni modo. Nicola è un personaggio cieco che attraverso quegli occhiali che inforca e toglie continuamente ad un  certo punto prova a ribellarsi alla sua condizione di passività immaginando e sognando mondi sconosciuti abitati da demoni contro i quali combattere e scagliarsi.  Se il primo capitolo era quasi un flusso inarrestabile di parole, questo secondo capitolo si caratterizza, al contrario dalla quasi totale assenza  di parola, una vocalità sussurrata, una serie quasi incomprensibile di suoni e parole spezzate, prese a prestito dal siciliano e dal francese, che fanno da filo conduttore all’intera vicenda. Il terzo episodio di questa trilogia, Ballarini, è un atto in cui la musica conta più della parola, in questo caso, totalmente assente; protagonista di quest’ultimo capitolo una coppia di anziani (Elena Borgogni e Sabino Civilleri) innamorati, vagamente beckettiani, che tra musiche e balli percorre a ritroso i ricordi di una vita insieme per poi ritornare tragicamente in un presente grigio  e senza speranza. La trilogia degli occhiali è senza dubbio uno spettacolo di forte impatto in cui le emozioni e le sensazioni ci arrivano in maniera diretta e senza filtri; uno spettacolo che ci appare come l’inizio di un nuovo percorso di ricerca espressiva, attraverso nuovi linguaggi e nuovi registri stilistici senza mai, tuttavia, allontanarsi troppo dallo stile inconfondibile che caratterizza il lavoro di Emma Dante. Un cast come sempre all’altezza per capacità espressiva e versatilità che dimostra ancora una volta la capacità e l’abilità della regista palermitana nel dirigere e plasmare i propri attori.  
Una marginalità che riguarda ognuno di noi
Quello di Emma Dante è un teatro sul campo, che prende forma e corpo sulla scena, dove ha una propria specificità semantica, al di là di quella che il teatro può avere sulla carta stampata, come parola per la scena. Se ne può fare una agevole verifica leggendo i tre studi che compongono la Trilogia degli occhiali, pubblicata per i tipi di Rizzoli, nel Gennaio di quest'anno, tre studi, si legge, sui personaggi e non sulla storia. Tre situazioni diverse, tre pièce autonome, accomunate dagli occhiali che portano tutti personaggi, occhiali che sono il segno esteriore di uno status di mancanza, una semicecità che si fa espressione di una marginalità liminare alla malattia, alla povertà, alla vecchiaia. Su ognuno di questi temi Dante ha scritto una pièce che ha una sua dignità letteraria, al di là del loro essere copione, un copione che nel diventare spettacolo sul palco cambia sostanzialmente. Così capita che nella seconda pièce, Il castello della Zisa, tutti i dialoghi tra i due personaggi femminili, due suore, pur se scritti, vengono sviluppati sul palco come bisbiglio incomprensibile rimanendo come sottotesto per le due interpreti, la giovane Claudia Benassi e la meno giovane (ma non vecchia come stabilito nel testo) Stéphanie Taillandier, che di quei dialoghi ce ne restituiscono intenzioni e significato coi gesti e la postura oltre che con la voce. Mentre nella prima pièce, Acquasanta, i due pezzi di lamiera, tre ancore appese al graticcio legate, alle  caviglie e alla cintola dell'attore non sono la traduzione scenica dello  stato d'animo o esistenziale del personaggio ma caratteristiche concrete dei deliri del  barbone ex marinaio protagonista della pièce in una sorprendente coincidenza tra storia evocata (dal personaggio e non dall'autore) e storia narrata. Il personaggio è un barbone che racconta, in  lingua napoletana, a suo modo, di quando faceva la vita da marinaio e l'ambiente nel quale agisce non è quello scenografico del teatro "che  rimanda ad altro" ma quello concreto della sua attuale esistenza. Emma Dante chiede moltissimo ai suoi attori addestrandoli ad una perfomatività che eccede quella del teatro di parola verso specifiche capacità fisiche che richiedono un lavoro di allenamento e pratica, grazie ai quali ottiene una precisione estrema, pulitissima priva di qualunque sbavatura. Così Carmine Maringola sa manovrare le tre ancore appese con maestria, non solo muovendosi senza che le tre corde si intreccino, ma fingendo addirittura di rimanere appeso per la corda (sfruttando invece solamente la propria forza muscolare) dimostrando un grande training fisico. Claudia Benassi, Stéphanie Taillandier e Onofrio Zummo (che recita in una splendida lingua siciliana) possiedono un training di coordinamento (la vestizione delle due suore, che avviene specularmente, mentre si muovono all'unisono raccogliendo i vestiti sparsi per terra ) e di agilità manuale (tutti e tre manovrano palle da giocoliere, cerchi e hula hoop). Elena Borgogni e Sabino Civilleri della terza pièce Ballarini dimostrano una grande abilità posturale interpretando dei personaggi vecchi che ringiovaniscono man mano che la pièce procede. Queste abilità fisiche non sono però fine a se stesse né vengono ostentate in chiave spettacolare, ma, al contrario, sono impiegate esclusivamente per la costruzione dei personaggi di cui ogni pièce rappresenta uno studio secondo precise coordinate. La povertà per l'ex marinaio barbone, la malattia per le due suore che accudiscono con grandi contraddizioni un giovane ragazzo catatonico, che in un guizzo di vita comincia a parlare direttamente al pubblico, per poi tornare nel suo stato di dipendenza. La vecchiaia come monumento vivente di una vita passata, trascorsa, consumata, che i due personaggi  rivivono nei corpi piegati dall'età, che viene elusa almeno momentaneamente dal ricordo emotivo che si impossessa dei loro corpi facendoli ringiovanire, ballando a ritroso la loro storia d'amore (qui sì in un contesto evocativo). Tre pièce complesse nella pur apparente semplicità da fruire separatamente oppure di seguito lo sguardo d'insieme dando loro maggiore respiro. Tre diverse varianti di una stessa marginalità che, in un modo o nell'altro, riguarda ognuno di noi.
La preziosa poesia dell'emarginazione
È difficile descrivere un’emozione forte. Difficile parlare di commozione. Sono sentimenti che si vivono in modo istantaneo. A volte improvviso. Non avvisano. Non seguono le regole, quelle che vogliamo rispettare per non mostarci vulnerabili. “Trilogia degli occhiali”, ultimo spettacolo realizzato da Emma Dante con la sua compagnia Sud Costa Occidentale, è un momento di poesia. Un momento di racconto composto da tre brevi spettacoli, che affrontano tre diversi temi. “Acquasanta” è il primo. La povertà. Come un tarocco, ‘o Spicchiato è un mezzo mozzo, da sempre in mare. Un’esistenza a navigare, a scrutare le onde. Un burattino della vita, un poveraccio con un solo grande amore, il mare. Unico destinatario delle sue condivisioni. E poi ‘o Spicchiato viene abbandonato. Viene lasciato a terra, un luogo che non conosce, che non lo fa sentire a casa, sicuro. Dimenticato. Legato a tre ancore in sospensione, come dei pupi, il marinaio sembra un burattino. L’eccezionale Carmine Maringola ci trascina in un turbine di personaggi: il secondo, il capitano, il mare stesso. Una prova d’attore incredibile e travolgente; precisa, perfetta, come i timer che, caricati all’inizio, esplodono uno dopo l’altro sul finale, quando ‘o Spicchiato sogna di diventare una polena, una statua di legno. Di nuovo in contatto con il mare. Come crocifisso. “Il castello della Zisa” è il secondo. La malattia. Intendiamo un istituto. Siamo in un luogo di silenzio. Due donne, due suore?, bisbigliando una cantilena mista di italiano e francese, sorta di sottofondo rapido e incalzante, si occupano di un malato. Un ragazzo immobile, nel suo pigiama azzurro, insensibile agli stimoli. Le donne, sempre confabulando, lo lavano, cercano di farlo giocare, gli lanciano palline, fanno partire carillon. Momenti di grande, anche se macabra, comicità. Nicola: niente. Finché, all’ennesima preghiera, Nicola si risveglia. Piano. Un pezzo alla volta. E dopo una scoperta lenta e dolorosa del proprio corpo, corre. Corre sempre più veloce. La parola, ciò che dice nella parte finale, non serve. Quasi rompe la poesia del momento. Si chiama Nicola, ci racconta la sua storia. Ci trasmette il suo entusiasmo, la grandezza del miracolo. Poi è un flash. Di nuovo la preghiera. Di nuovo Nicola immobile. È stato un sogno? Incredibili Claudia Benassi e Stéphanie Taillandier, in sincronia perfetta, due corpi per un unico personaggio, e Onofrio Zummo, emozionante passione di movimento. “Ballarini” è il terzo e ultimo. La vecchiaia. Puro. Semplice. Di una teatralità spoglia e chiara, oltre che incredibilmente competente. In scena una coppia. Fisici piegati dagli anni, tremolanti e barcollanti. Una coppia. Due compagni, due complici; insieme amici e amanti. Un reciproco aiuto nell’età in cui si torna ad avere bisogno di aiuto. Gesti abitudinari, la certezza di trovare l’altro, accanto. Un cielo di lampadine sopra la testa, firmamento elettrico. Una storia, la loro, a ritroso. Le schiene si drizzano, i capelli tornano castani, la camminata incerta diventa rock acrobatico. Sulle note di canzoni italiane che fanno sorridere e ricordare. La nascita di un amore, la gioia di diventare genitori. Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco ci accompagnano a ritroso. Una festa di amore e sentimento. Per poi tornare alla scena iniziale. Lei china su un baule di ricordi: il velo, una bottiglia di champagne. Da mettere via. È sola. Lui si è dissolto, mai tornato verso il presente dopo il tuffo nel passato. Una tristezza densa e contagiosa. Che resta appiccicata addosso. Senza parole, solo corpi e suoni, qualche grugnito, qualche verso. Una potenza fatta di gesti, di energia, di espressione. Un piccolo capolavoro. Una perla. “Trilogia degli occhiali” è forte. Prepotente. Preciso come una macchina. Attori eccezionali si muovono lungo una linea drammaturgica in questo caso soprattutto costruita sul corpo. Parole poche. Non necessarie. Un’emozione finale difficile da scrollare via. 
I "danteschi" occhiali della quarta dimensione
I personaggi, già in scena quando il pubblico approda in sala, inforcano occhiali per non vedere, per mettere a fuoco solo la propria verità, mentre il pubblico, catapultato fin dai primi attimi nel visionario ma palpabile mondo di Emma Dante, inforca i propri occhiali, un po’ come quelli che ci danno per vedere i film in 3d… Potremmo definirli occhiali 4d, ideali, impalpabili, lenti che correggono la miopia del quotidiano, proiettandoci in una verità affatto sconosciuta, ma tenuta, più o meno volontariamente, da parte; una realtà che viene esaltata, illuminata dallo sguardo emozionale, accorato, crudo e poetico della talentuosa autrice-regista. Protagonista dei tre atti unici è un’umanità al margine, un umanità che vive la propria solitudine nella cecità di chi non riesce o, ancor meglio, non vuole vederla, e che di riflesso crea una propria realtà visibile solo al proprio sguardo, lontana da occhi che la giudicano o la ignorano. La “Trilogia degli occhiali”, elaborata in un anno e mezzo ma figlia di un percorso di dieci anni è, come sostiene la stessa autrice-regista, incentrata su tre condizioni umane, “in ombra perché danno fastidio: la povertà, la malattia e la vecchiaia”; temi trattati con amorevole crudezza, come è  proprio del suo teatro, ma anche con un’ironia costante, sia essa dichiarata o solo sottesa. Tre pièce del tutto autonome con cui la Dante conferma il suo personale legame con il Teatro Stabile di Napoli, che produce lo spettacolo insieme con la Compagnia Sud Costa Occidentale di Palermo, il Crt di Milano ed il Théâtre du Rond-Poin di Parigi. In “Acquasanta” un mozzo scimunito, ancorato ai propri ricordi su una terra che è luogo più mentale che fisico, rivive le sue folli e affascinanti avventure marinaresche e, tra le angherie dei compagni di viaggio, canta il proprio spassionato amore per il mare. Un firmamento di timer ticchetta sulla sua testa scandendo il tempo di un ricordo tanto vivido da farsi tangibile e reale; il trillare dei timer riporta il marinaio nel silenzio del suo abbandono, lo fa ripiombare nella sua realtà di solitudine, confinato in quel luogo-non luogo in cui è stato lasciato… lui che, come il Novecento di Baricco, non era mai sceso dalla nave. A dar voce, corpo e… saliva (il marinaio ha talmente il mare dentro che sulla bocca gli compare costantemente un gocciolo di bava, la schiuma del mare, dice lui) al protagonista, uno strepitoso Carmine Maringola, che si muove a guisa di burattino, impersona ciurma e capitano, da spazio a vecchie canzoni in un’interpretazione affidata per buona parte alla parola, ma che fa della recitazione non verbale un elemento imprescindibile. E tanta parte ha la comunicazione non verbale ne “Il castello della Zisa”. In scena due donne, forse due suore, che tra una preghiera e l’altra accudiscono Nicola, giovane malato in stato catatonico. Lo puliscono, lo sfamano, lo rimproverano e lo stimolano, mentre lui continua immobile a rivivere la sua storia. In un’impennata di cui solo noi pubblico siamo testimoni, grazie agli occhiali 4d fornitici dalla Dante, ci racconta la spensieratezza di bambino, gli eccessi e i primi pruriginosi istinti, le incredibili avventure che ha vissuto quando, affidato alla zia nella casa davanti castello della Zisa, si astrae per divenire protagonista di un racconto incantato, lui guardiano del castello, con maschera di drago e guanti d’artigli, a proteggere le principesse dai diavoli. Poi l’allontanamento dalla zia… e Nicola s’incanta per sempre. Bravissimi i tre interpreti: Claudia Benassi e Stéphanie Taillandier, le due suore-assistenti che tessono comici ed eloquenti dialoghi di non-parole; Onofrio Zummo, misurato e toccante nell’insidioso ruolo del disturbato mentale. La nostalgica vicenda di “Ballarini” ci svela una donna anziana e ricurva che pesca ricordi in un vecchio baule… e i ricordi la rapiscono… la portano indietro nel tempo… le fanno rincontrare lo slanciato compagno... e poi indietro…  sempre più indietro…  in una sorta di vortice della memoria che fa rivivere ai due le tappe più importanti del loro amore: la gravidanza, il sesso, l’innamoramento… in un succedersi di momenti-movimenti scanditi da una colonna sonora che procede cronologicamente all’incontrario, da Jovanotti a De Sica. Elena Borgogni e Sabino Civilleri  sono gli appassionati ed impeccabili interpreti dei due anziani protagonisti che la verità del palcoscenico ringiovanisce, ancor più bravi se si considera che il loro eloquente raccontare è affidato unicamente a movimenti che utilizzano la canzone come una sorta di linguaggio parallelo a quello verbale. La Dante, che firma dello spettacolo anche i costumi e l'essenziale ma suggestivo impianto scenografico (realizzato a quattro mani con Carmine Maringola) vince anche questa scommessa, confermando il suo talento di affabulatrice e rinnovando al contempo il modo in cui mette in scena ogni volta il suo personalissimo e toccante sguardo sul mondo. E se anche qualche eccesso ci fa pensare ad un… compiacimento, come una sorta di erudito ermetismo d’artista, che concede  spazio a un non sempre necessario eccesso, non si può non allontanarsi dalla sala con la convinzione di aver visto qualcosa di unico, figlio della mente e dell’estro di un’artista capace di creare grandi suggestioni e di insinuare nello spettatore quel tarlo che continua a rodere anche quando ci si allontana dal teatro.
Il Teatro Vitaliano Brancati dà il via alla stagione teatrale 2010/2011
Il Teatro Vitaliano Brancati dà il via alla stagione teatrale 2010/2011, con un cartellone che sceglie come protagonista la drammaturgia contemporanea pur non dimenticando i grandi classici come Nicolaj Gogol, resi magistralmente sul palcoscenico da nomi d'eccellenza del teatro italiano: Tuccio Musumeci, Mariella Lo Giudice, Guia Jelo, Maurizio Micheli, Romano Bernardi, Gianfranco Jannuzzo, Nicola Pistoia, Nino Mangano solo per citarne qualcuno. Nuovi titoli per una formula di successo che si ripete: una direzione artistica d'eccezione , quella di Tuccio Musumeci , lo spessore artistico dei cast e le dimensioni di una sala non grandissima dove la distanza tra palcoscenico e sala si riduce e risuona maggiore il calore di un pubblico sempre più numeroso. Dopo “ Un Siciliano a Parigi” , in scena da mercoledì 27 ottobre alle ore 21 sino a domenica 14 novembre, la stagione teatrale propone i seguenti spettacoli .   dal 1 dicembre al 19 dicembre 2010 IL MATRIMONIO di Nicolaj Gogol regia di Nino Mangano con Mariella Lo Giudice e Miko Magistro dal 5 gennaio al 23 gennaio 2011 L'OSPITE di Angelo Longoni regia Romano Bernardi con Debora Bernardi e Filippo Brazzaventre dal 27 gennaio al 13 febbraio 2011 BEN HUR di Gianni Clementi regia Nicola Pistoia con Nicola Pistoia- Paolo Triestino- Elisabetta De Vito dal 23 febbraio al 13 marzo L'ALTALENA di Nino Martoglio regia di Giuseppe Romani con Tuccio Musumeci e Guia Jelo Teatro ABC dal 1 aprile al 10 aprile 2011 MI VOLEVA STREHLER di Umberto Simonetta e Maurizio Micheli regia di Luca Sandri con Maurizio Micheli dal 27 aprile al 15 maggio 2011 UOMINI SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI di Galli e Capone regia di Rosario Galli con Rosario Galli e Veronica Maccarrone SPETTACOLI FUORI ABBONAMENTO (IN OPZIONE) Teatro ABC 17 e 18 dicembre h 21 19 dicenbre h 17.30 L'INCIDENTE di Luigi Lunari regia di Giuseppe Romani con Tuccio Musumeci -Marcello Perraccchio -Concita Vasquez e Agostino Zumbo Teatro ABC 28 e 29 gennaio h 21 30 gennaio h 17.30 PICCOLO GRANDE VARIETA' di Marot's regia Mario Sangani con Tuccio Musumeci-Rosa Miranda – Cosetta Gigli Edoardo Guarnera Teatro ABC 18 e 19 febbraio 2011 h 21 e 20 febbraio h 17.30 GIRGENTI AMORE MIO di Gianfranco Jannuzzo ed Angelo Callipo regia Pino Quartullo con Gianfranco Jannuzzo   Teatro Brancati 15 e 16 aprile h 21 17 aprile h17.30 IL TIMBALLO DEL GATTOPARDO di Rosario Galli regia di Giancarlo Sammartano con Carlo Cartier e Carmelo Chiaramonte Per info abbonamenti Botteghino Teatro V.Brancati via Sabotino 4 Catania tel.095-530153 www.teatrodellacitta.it